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La protesta pacifista nel mondo. Pochi ma ovunque

Tante, davvero. le manifestazioni di protesta dei pacifisti nel mondo. Poco numerose, ma diffuse dappertutto. Come a Belgrado, dove centinaia di attivisti sono in piazza contro “le bombe Nato sulla Libia»” a dodici anni esatti dalle “bombe umanitarie” Nato piovute sulle città  serbe. “Basta guerre per il petrolio” dicevano i cartelli del “popolo della Serbia contro l’imperialismo”.

Tante, davvero. le manifestazioni di protesta dei pacifisti nel mondo. Poco numerose, ma diffuse dappertutto. Come a Belgrado, dove centinaia di attivisti sono in piazza contro “le bombe Nato sulla Libia»” a dodici anni esatti dalle “bombe umanitarie” Nato piovute sulle città  serbe. “Basta guerre per il petrolio” dicevano i cartelli del “popolo della Serbia contro l’imperialismo”.

Giovani del Partito comunista greco hanno marciato ieri ad Atene di fronte al parlamento e hanno bruciato bandiere americane e francesi.
Negli Stati Uniti si svolgono da sabato diverse proteste contro la guerra (“che non è per la libertà ma per il profitto”), a New York, Chicago, Washington Dc, San Francisco e altre città. E’ anche l’ottavo anniversario della guerra e occupazione dell’Iraq (in effetti la piattaforma pacifista Unac programma da tempo due grandi eventi contro tutte le guerre Usa per il 9 aprile prossimo). Come al solito gli statunitensi pacifisti parlano chiaro: “Un massacro per via aerea non è la soluzione all’attuale crisi della Libia”; “Iraq, Afghanistan, Vietnam ci dimostrano che faremo più morti di civili di quanti civili salveremo”; “I regimi filoamericani di Arabia Saudita, Bahrein e Yemen massacrano chi protesta nelle strade. Gli Usa continuano ad armare il terrore di Israele e che bombarda Gaza e occupano Afghanistan e Iraq”. 
A Caracas, capitale del Venezuela (il cui governo aveva avanzato – invano – l’unica iniziativa di mediazione pacifica, sostenuta dai paesi dell’Alba e dai movimenti latinoamericani) un gruppo di giovani ha tenuto un sit-in davanti all’ambasciata francese “contro le azioni militari delle potenze mondiali per appropriarsi delle risorse di paesi sovrani”, sottolineando che l'”aggressione è contro il popolo libico, con attacchi a edifici civili, come fu in Iraq”. 
A Rio de Janeiro, in Brasile qualche centinaio di persone legate al movimento dei contadini sem terra, al sindacato brasiliano Cut, del sindacato petrolifero di Rio, e a gruppi pacifisti hanno marciato contro l’attacco militare alla Libia e la visita del presidente Obama, premio Nobel per la pace che dal suolo brasiliano ha dato l’autorizzazione alla guerra. “Imperialismo no; Obama rivattene a casa”. 
A Manila (Filippine) un gruppo di studenti hanno bruciato ieri la bandiera statunitense per condannare “Odissey Dawn”. 
Il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon è stato accerchiato al Cairo da una cinquantina di manifestanti costringendolo a ritirarsi nella sede della Lega Araba. 
In Tunisia e Algeria si schierano duramente contro i bombardamenti aerei “per il petrolio”, che “minacciano la regione” (Essabah) e “dimenticano gli altri principi, monarchi, emiri, reucci e presidenti a vita che umiliano i loro popoli” (El Watan). 
Domenica in Belgio, mentre dalla Libia arrivavano le notizie dei primi morti per bombe e missili, la Alliance for Freedom and Dignity ha indetto un sit-in contro…Gheddafi, con lo slogan “Europa, il tuo silenzio uccide”.

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