Il doppio legame tra monopoli e social network

La Rete come regno della libertà . È questo il mantra su Internet che ha accomunato per tanti, molti anni due attitudine tra loro conflittuali. Da una parte imprenditori, opinion makers che, in nome dell’individuo, sostenevano che lo stato non doveva intervenire in nessun modo nello sviluppo della Rete.

La Rete come regno della libertà . È questo il mantra su Internet che ha accomunato per tanti, molti anni due attitudine tra loro conflittuali. Da una parte imprenditori, opinion makers che, in nome dell’individuo, sostenevano che lo stato non doveva intervenire in nessun modo nello sviluppo della Rete. Tutt’al più poteva investire, assieme ai privati, nello sviluppo della infrastruttura fisica – fibre ottiche, modernizzazione del sistema di telecomunicazioni -, ma alla luce di una astensione su tutti gli altri aspetti del Web, a partire dalla leggi sulla proprietà intellettuale, ritenute dispositivi che inibivano la libera concorrenza e propedeutiche alla formazione di oligopoli. Ma accanto a questa visione anarco-capitalista, vi sono stati mediattivisti, movimenti sociali e gruppi in difesa dei diritti civili che chiedevano allo stato di non intervenire nella Rete. In questo caso, l’accento era posto sulla difesa della privacy e di una libertà di espressione al riparo delle funzioni di controllo esercitate dalle agenzie di sicurezza nazionale e dell’uso.
Una convivenza durata a lungo, ma terminata quando la Rete non era solo un innocuo strumento per chiacchierare di cose più o meno importante, ma un sistema di macchine dello sviluppo capitalistico. Da qui le strategie imprenditoriali per farci affari e per usarla come «veicolo di trasporto» delle informazione che avevano un valore economico. Strategie che hanno portato alla formazione di oligopoli che hanno nomi e cognomi. Google, Microsoft, Cisco, Intel, Yahoo, Mozilla Foundation, Baidu, Facebook, Twitter, YouTube non sono nomi di fortunate carriere imprenditoriali, ma elementi fondamentali per comprendere appieno le mappe politiche e economiche della Rete. Ma ciò che ha cambiato davvero la Rete è il suo uso pervasivo per comunicare. È la comunicazione on-line che è diventato l’oggetto del desiderio di questi monopoli. Chi li controlla, acquisisce potere economico e politico in Rete. Soltanto che i social network tendono a sfuggire a forme classiche del controllo. Se non fosse irriverente, bisognerebbe rileggere le pagine che Gilles Deleuze e Guy Debord dedicate al controllo per comprendere le strategie delle imprese su come sfruttare e dunque eterodirigere la comunicazione on-line.
Dunque, la rete vede sia monopoli che social network che tendono a sottrarsi al controllo che essi provano ad esercitare. Del regno della libertà tanto bramato agli inizi della diffusione della Rete non c’è davvero più traccia. Semmai, quello che emerge sono pratiche di affermazione della libertà e tentativo di «sussumere», meglio di «catturarle» e farle diventare merci o dispositivo per innovare prodotti e processi lavorativi, senza nessun investimento. Perché è il «potere della folla» che produce innovazione: alle imprese basta appropriarsene, piegandole alle proprie strategie imprenditoriali.
In altri termini, il lato oscuro dei social network sono i monopoli. Come sviluppare strategie di riappropriazione della comunicazione on-line è il nodo da sciogliere e lasciare alla loro solitudine e miseria intellettuale le sirene del libero mercato e dell’individuo proprietario.

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SCAFFALE
Dalla società in Rete agli estremisti del copyright
Attorno all’immateriale vanno sicuramente i volumi: «Capitalismo cognitivo. Conoscenza e finanza nell’epoca postfordista» (a cura di Carlo Vercellone, Manifestolibri), «Il sapere come bene comune. Accesso alla conoscenza e logica di mercato» di Rodotà, Stefano (Notizie Editrice), «Comune» di Antonio Negri e Michael Hardt (Rizzoli), «Cultura Libera. Un equilibrio fra anarchia e controllo, contro l’estremismo della proprietà intellettuale» di Lawrence Lessig (Apogeo) «Il futuro delle idee» di Lawrence Lessig (Feltrinelli), «I padroni di Internet. L’illusione di un mondo senza confini» di Jack Goldsmith e Tim Wu (Rgb Media) «La nascita della società in Rete» (Università Bocconi editore) e «Galassia Internet» (Feltrinelli) dello studioso di origine catalana Manuel Castells.

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