Nel bunker

Dall’osceno baciamano al metaforico calcio nel sedere. Ora che il leader libico è braccato nel suo paese e abbandonato dagli organismi internazionali, lo statista Berlusconi passa dall’omaggio servile all’opportunismo politico. L’uomo è fatto così, e non servono i dispacci di Wikileaks per rivelare l’abituale ginnastica del leader: inginocchiarsi davanti al dittatore di turno, pronto a rialzarsi quando arriva, da oltreoceano, il contrordine.

Dall’osceno baciamano al metaforico calcio nel sedere. Ora che il leader libico è braccato nel suo paese e abbandonato dagli organismi internazionali, lo statista Berlusconi passa dall’omaggio servile all’opportunismo politico. L’uomo è fatto così, e non servono i dispacci di Wikileaks per rivelare l’abituale ginnastica del leader: inginocchiarsi davanti al dittatore di turno, pronto a rialzarsi quando arriva, da oltreoceano, il contrordine.

La cialtroneria di un personaggio irriso nelle cancellerie del mondo non è una novità, né stupisce che da un presidente del consiglio rinviato a giudizio per prostituzione minorile, giunga l’invito a fronteggiare la crisi dei regimi nordafricani con un richiamo al senso dello stato, come ha fatto ieri parlando a una di quelle platee del sabato, sempre prodighe di applausi. 
Ma la debolezza politica che ne caratterizza il declino sviluppa la schiuma della propaganda berlusconiana, alimenta la bocca di fuoco della manipolazione, ogni giorno sventagliando su giornali e tv i titoli con cui liftare l’immagine sfregiata. Minimizzando, banalizzando («venite tutti al bunga bunga»), e replicando ossessivamente gli slogan del ventennio (l’ultimo).
Nel tentativo di compensare il calo costante di popolarità registrato dai sondaggi, l’apparato di regime rinforza la casamatta televisiva con gli Sgarbi e i Ferrara, come fossimo in un eterno ’94. Così come, appeso ai professionisti delle transumanze, il grande clan promette nuovi sottosegretari ai cespugli del votificio parlamentare («faremo una rivisitazione della squadra di governo»). Inseguito dai reati, il raìs italiano insiste nell’ossessione giudiziaria (la sua) stringendo bavagli, preparando una primavera di provvedimenti che, affondando la Costituzione, lo salvino dai processi.
Il presidente del consiglio ieri è tornato a straparlare contro il pericolo di «comunisti» e «professori», assassini i primi, corruttori dei giovani i secondi, perché «gli insegnanti della scuola pubblica inculcano agli studenti valori diversi rispetto a quelli delle famiglie». E lo dice proprio quando il governatore Draghi ripete la drammatica diagnosi sui «una gioventù sprecata», senza lavoro o con salari umilianti, costretta a vivere in un paese ultimo nelle politiche di sostegno alla famiglia. Naturalmente con l’eccezione della famiglia reale, sempre più ricca grazie agli ultimi, faraonici dividendi.
L’attacco alla scuola pubblica e la lezione di morale familiare (anche contro i gay, naturalmente) provano a velare quel che emerge dalle carte processuali milanesi: un fiume di denaro versato dall’anziano miliardario al caravanserraglio di donne e uomini addetti alle fatiche del sultanato. Berlusconi che si scaglia contro «le forze dell’odio, del malaffare e del clientelismo» somiglia a Ferrara che si avventura e si aggroviglia nelle citazioni shakesperiane nel tentativo di tirare la coperta culturale per mimetizzare il conflitto di interessi che sommerge il giornalismo embedded.
Il nostro paese è sceso in piazza con manifestazioni grandi, fuori dai partiti, dentro nuovi contenuti. E tornerà a farlo per difendere diritti sociali e democrazia politica. Con lo sciopero generale proclamato (ma non ancora fissato) dalla Cgil, con la manifestazione in difesa della Costituzione (il 12 marzo) promossa da uno schieramento bipartisan. Per contrapporre all’asfissia del bunker il respiro dell’opposizione.

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