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Il rischio e l’utopia

Uscire da un “mondo ex” . Le speranze e le illusioni rischiano di diventare delusioni. Com’è accaduto in passato può succedere anche adesso. Vent’anni fa nei Paesi dell’est è finita un’era, ma non è stato facile per loro ritrovarsi a essere un “mondo ex”. L’esperienza del crollo dell’Unione Sovietica

Uscire da un “mondo ex” . Le speranze e le illusioni rischiano di diventare delusioni. Com’è accaduto in passato può succedere anche adesso. Vent’anni fa nei Paesi dell’est è finita un’era, ma non è stato facile per loro ritrovarsi a essere un “mondo ex”. L’esperienza del crollo dell’Unione Sovietica

Ci chiediamo se gli eventi che in questo momento si susseguono nel mondo arabo e intorno ad esso possono essere comparati con quelli che hanno marchiato il crollo dell´Unione Sovietica e dei suoi satelliti? Alcune comparazioni sembrano, malgrado tutto, lecite e pertinenti. Ma alcune differenze rimangono tuttora presenti ed evidenti. Non abbiamo visto in Maghreb o in Mashrek un Gorbaciov salire sulla scena politica, né una “Primavera di Praga” con un “dissidente” come Václav Havel, neppure un Lech Wálesa ossia, fra i fedeli, un Karol Wojtyla. Esistono comunque numerosi giovani studiosi e intellettuali che hanno avuto incontri stretti e positivi con le acquisizioni della cultura occidentale, non solo scientifica o tecnologica, contatti con una specie di laicità alla quale la storia dei loro paesi non permetteva un accesso diretto e personale per tutti.

Quello che è senza dubbio simile e comparabile in ambedue le situazioni, quella dell´Est europeo e quell´altra del mondo arabo, è un terremoto internazionale e globale che si è prodotto – un sisma che si iscrive nella storia contemporanea e moderna. Sappiamo bene che occorre essere cauti usando alcune analogie troppo particolari. È forse più utile ricordare alcune messe in guardia provenienti dalle esperienze della cosiddetta “Altra Europa” di un po´ più di due decenni fa. Ci eravamo trovati in un ambito che perdeva la sua dimensione e richiedeva un altro statuto: ci eravamo trovati in un “un mondo ex”, così l´abbiamo definito allora. Un ex-impero, un´ex-ideologia, alcuni tipi di ex-socialismo, quello dal “volto umano” oppure quello privo di volto. E di fronte alla tragedia della ex-Jugoslavia. Era legittimo chiedersi che cosa significasse, in quella situazione, essere “ex”. Come uscire da quell´indefinibile e fatale stato di cose.
Alcune esperienze, viste e vissute durante o dopo lo sfacelo di questo “mondo ex”, con le sue speranze e le sue delusioni, potrebbero riprodursi nel periodo che seguirà le rivolte o le insurrezioni attuali che si svolgono dal Marocco all´Egitto e oltre lo spazio mediterraneo. Ho dovuto evocarle tante volte dopo il crollo della ex-Jugoslavia, durante vari viaggi che avevo fatto sulle sponde arabe. Erano in qualche modo le confessioni fatte dinanzi agli alleati e amici: abbiamo creduto di conquistare il presente, e non potevamo controllare il passato; abbiamo visto nascere delle libertà e non sapevamo che farne o rischiavamo di abusarne; abbiamo difeso un retaggio nazionale, e poi dovevamo difenderci da esso; abbiamo denunciato la storia, e continuavamo ad essere invasi da essa; si imponevano le spartizioni e, infine, rimaneva ben poco da spartire; abbiamo voluto salvaguardare la memoria, e dopo tutti quei nuovi eventi la memoria sembrava punirci…
Così diventavamo in qualche modo eredi senza eredità, di fronte alle riedizioni del passato e del presente. Viene presto, forse troppo presto, il momento in cui le utopie e i messianismi trovano il loro unico posto tra gli accessori di un percorso incompiuto, irrecuperabile o almeno in parte – ahimè – inutile. Nel frattempo la lotta continua. Doveva esser così. La presa di coscienza non poteva e non doveva disarmarci. Non è scopo di queste righe spiegarlo di nuovo, ma informare quelli che non l´hanno vissuto e soprattutto quelli che lottano in questo momento. Sarebbe utile ai paesi oggi risorti nelle piazze pubbliche trovare e definire quanto prima un progetto positivo e comune, suscettibile di sviluppo e portatore di democrazia.

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