Dalla scuola per sub al servizio nei parà , le frequentazioni del gruppo di fuoco ricostruite dai Ros  ">

Omicidio Verbano, si stringe il cerchio la prova del Dna contro uno dei killer

La madre dello studente ucciso dai neofascisti: “Ricordo un biondino, potrei riconoscerlo” . Dalla scuola per sub al servizio nei parà , le frequentazioni del gruppo di fuoco ricostruite dai Ros 

La madre dello studente ucciso dai neofascisti: “Ricordo un biondino, potrei riconoscerlo” . Dalla scuola per sub al servizio nei parà , le frequentazioni del gruppo di fuoco ricostruite dai Ros 

ROMA – Alla fine di un nulla durato 31 anni, ora il tempo di Carla Zappelli, 87 anni, la madre di Valerio Verbano, si è messo a correre. All´indietro. Alla mattina del 22 febbraio 1980. Al volto di almeno uno degli assassini. «Quello più alto, biondo, a viso scoperto». Carla è appena rientrata dal cimitero del Verano, dove ha passato un po´ di tempo da sola con suo figlio. Il telefono squilla senza sosta. Le dicono che «forse, questa è la volta buona». Che deve credere in questa riapertura indagini della procura di Roma. Nella pista che porta ai due indiziati (uno ancora in Italia, l´altro riparato in Brasile) su cui si è stretto il lavoro del Ros dei carabinieri. Lei ringrazia commossa. E torna a quella mattina: «È come un flash. Ricordo che aprii la porta agli assassini. E lo vidi in volto, quello lì. Aveva i capelli ricci e biondi. Rimase nella stanza a sorvegliare me e mio marito dopo che ci avevano legati, aspettando Valerio. Ogni tanto entrava nella stanza quell´altro, più bassino, che lo chiamava “fratello”. Il biondino stringeva la pistola nella mano, che gli tremava in continuazione. Ricordo le unghie delle sue dita. Un po´ bombate e fortemente arrossate. Se mi mostrassero una sua foto dell´epoca, potrei riconoscerlo».

È possibile che a Carla Zappelli (già sentita lunedì dal pm Erminio Amelio) verrà presto mostrato l´identikit aggiornato del «biondino». E magari una foto del tempo. Anche perché di lui e di almeno un altro degli assassini, l´indagine ha messo insieme dettagli cruciali. Il Ros ha maturato la convinzione che i due appartenessero allo stesso gruppo di fuoco “nero” che gambizzò il 30 marzo 1979 Umberto Ugolini. Un agguato per il quale ha pagato con il carcere Roberto Nistri, militante di spicco di Terza posizione, accusato per altro nella stagione dei pentiti “neri” di aver posseduto la pistola 7.65 con silenziatore artigianale che verrà lasciata dagli assassini di Verbano durante la fuga (Nistri verrà scagionato dal sospetto di aver partecipato all´omicidio perché in quel periodo era detenuto). «Quel Nistri – dice oggi Carla Zappelli – che a suo tempo ho voluto incontrare in questa casa. Che ha detto di non avere informazioni, ma che, ne sono convinta, conosce i nomi degli assassini di Valerio».
Il Ros ha anche individuato uno dei luoghi in cui, tra il ´79 e l´80, quel gruppo cementò la propria “fratellanza”. La scuola professionale per sommozzatori “Marco Polo”, sulla via Salaria. Ai piedi del triangolo di quartieri Montesacro-Talenti-Trieste, dove il “gruppo” si era formato. Dal lavoro sugli archivi della “Marco Polo”, l´indagine ha infatti recuperato l´elenco degli iscritti ai corsi dell´80. E acciuffato i ricordi di almeno uno di loro (il cui nome venne per altro ritrovato annotato negli appunti sequestrati in un covo dei Nar di Torino). «Ricordo – ha riferito il testimone – due ragazzi che frequentavano la “Marco Polo”: portavano una catenina al collo con un fregio simile a una svastica. E ricordo il nome di uno di loro». Uno degli indiziati dell´omicidio Verbano, appunto. Partito, a un certo punto di quel 1980, per il servizio di leva nei paracadutisti della Brigata Folgore, a Livorno.
Non è tutto. In questi due anni, da un polveroso anfratto dell´ufficio corpi di reato del Tribunale di Roma è riemerso il silenziatore artigianale avvolto nel nastro adesivo che armava la 7.65 ritrovata sulla scena del crimine di via Monte Bianco. Nei prossimi giorni, nei laboratori del Ris, sulla parte adesiva interna di quel nastro, quella entrata in contatto con i polpastrelli di chi lo maneggiò, la scienza forense, farà quello che 31 anni fa era impossibile fare. Verrà estratta la traccia biologica di chi preparò quel silenziatore. E almeno uno degli assassini di Verbano, oltre a un nome e a un identikit, avrà anche un profilo del dna.

 

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