Tullia Zevi e il lungo sogno di una italiana ebrea

Diceva sempre che la comunitaÌ€ ebraica romana era la piuÌ€ antica fuori dalla Palestina. E ci teneva a ricordare il contributo dei fratelli Rosselli, di Foa, Terracini, Sereni alla liberazione dell’Italia

Diceva sempre che la comunitaÌ€ ebraica romana era la piuÌ€ antica fuori dalla Palestina. E ci teneva a ricordare il contributo dei fratelli Rosselli, di Foa, Terracini, Sereni alla liberazione dell’Italia

A veva    da    poco    firmato    l’intesa con l’Italia dopo il nuovo Concordato. Parlavamo delle sei catacombe ebraiche di Roma. «Lo sai che ci verranno finalmente restituite?». Mi mostrai sorpreso: «A chi erano affidate?». Sorrise con l’aria acuta e ironica che le era propria. «Non ci crederai… al Vaticano». Scossi il capo. Butto? li? con classe: «Forse perche? temevano che le nostre catacombe risultassero piu? antiche di quelle cristiane…». E cosi? e? stato: gli studi dell’Universita? di Utrecht hanno documentato che sono di almeno cento anni prima. Fu molto felice quando, nel ’93, ambientammo col bravo Fernando Ferrigno, un’intervista tv per Bellitalia nelle poco esplorate, affrescate catacombe dei primi ebrei, sotto la Nomentana. Tullia Zevi, scomparsa un mese fa, teneva molto a sottolineare che la comunita? ebraica romana era la piu? antica fuori dalla Palestina, presente qui ben prima della Dia?spora. Non per costrizione quindi, ma per scelta, con tanti mercanti ebrei lungo il porto lineare sul Tevere, principalmente in Trastevere dove sorge, in Vicolo dell’Atleta, il resto di una Sinagoga in uso fino a tutto il Medio Evo. Come teneva molto a rimarcare le profonde radici degli ebrei in Italia. «Piu? che altrove. Io infatti parlo sempre di italiani ebrei e non di ebrei italiani». Del resto, Tullia veniva da una cultura quella laica, liberalsocialista di Giustizia e Liberta? tesa a valorizzare il contributo che gli italiani ebrei avevano dato alla costruzione dell’Unita? d’Italia da quando le Repubbliche del 1849, a Roma in specie, li avevano liberati dai ghetti, dando loro la possibilita? di votare e di essere eletti: 2 deputati alla Costituente romana (uno era il bisnonno dello storico Paolo Alatri, Samuele) e 3 consiglieri comunali. Alla costruzione dello Stato unitario e poi all’antifascismo, alla Resistenza: i fratelli Rosselli assassinati in Francia, Umberto Terracini, Vittorio Foa, Emilio Sereni, tutti per anni segregati, e poi eroi quali Leone Ginzburg, Eugenio Colorni, uno dei padri del federalismo europeo, Eugenio Curiel.
Come primo presidente donna dell’Unione delle Comunita? Israelitiche, dal 1983 al 1998, Tullia Calabi Zevi ha il merito di aver continuamente promosso questo essere “italiani ebrei” valorizzando la storia delle tante comunita? locali. Ricordo quanto l’avessero gratificata i festeggiamenti che la piccola citta? di Bertinoro (Forli?) aveva dedicato nel 1988 al quinto centenario della partenza da quelle colline del ventenne Ovadia?h Yare, per Gerusalemme dove sarebbe diventato rabbino capo e il commentatore della Mishnah. Tullia era, per parte di madre, ferrarese. Amica di Giorgio Bassani, di poco piu? anziano di lei, sentiva molto quelle radici. Purtroppo le comunita? minori sparse per il Centro-Nord (nel Sud la cancellazione era avvenuta da secoli) si stavano spegnendo e lei volle parlare dell’archivio centrale che, a Roma, salvasse quelle memorie. Si impegno? molto e ci riusci?.
Seppi da una mia brava cronista del Messaggero, Claudia Terracina, che la bella Sinagoga di Pesaro (la sola, credo, con un affresco di paesaggio sulla Citta? Ideale), era danneggiata. Quando trovammo un primo sponsor per il tetto, Tullia fece subito da tramite. Allora le esposi l’idea di intervenire anche sul cimitero ebraico sepolto fra i rovi nel punto piu? bello della collina pesarese. Mi mise sull’avviso: «Senti Ancona: le comunita? sono molto gelose in materia». Era sempre acuta e problematica, nella massima chiarezza.
Era infatti profondamente laica e non ne faceva mistero. Una volta che mi dilungai nell’elogio di un rabbino importante, vidi che le affiorava sul bel viso un sorriso ironico. «Si?, hai ragione, pero? guarda che, alla fine, e? sempre un prete…». Ne sorridemmo.
Con lei si poteva parlare di tutto, sempre con eleganza, buon gusto, civilta?. Certo, una delle sere piu? belle della sua (e anche della nostra) vita fu quella in cui una gran folla stava festeggiando al ghetto l’accordo Rabin-Arafat. Quante volte era stata accusata in Israele di essere filo-palestinese. Purtroppo il sogno duro? poco. Ma lei riprese a lavorare in quella direzione.

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