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Per i profughi notte al gelo nel campo da calcio poi il centro di accoglienza riapre

La prima chiamata ai parenti: “Qui ci trattano bene, non ci rimanderanno indietro”Solo mille brandine a disposizione: “Sempre meglio che dormire all’aperto”

La prima chiamata ai parenti: “Qui ci trattano bene, non ci rimanderanno indietro”Solo mille brandine a disposizione: “Sempre meglio che dormire all’aperto”

 «Viva l´Italia, viva l´Italia, finalmente siamo liberi, non ci porteranno indietro, resteremo in Europa», gridano in coro gli oltre duemila immigrati quando, alle 15.30 di ieri, apprendono che non saranno trasferiti. Per ora saranno ospitati nel Centro di accoglienza, dopo due giorni trascorsi sotto il sole e al freddo della notte di Lampedusa, nel campo di calcio dove erano stati radunati dopo essere sbarcati in questi giorni nell´isola. «Non ci portano in Tunisia, ci portano al Centro» dicono contenti, sicuri che l´Italia, questa volta, non li rispedirà indietro. Così cominciano a camminare veloci dalle strade di Lampedusa verso la struttura appena riaperta dove i più fortunati potranno finalmente avere un letto dove dormire, un bagno e forse del cibo caldo.
È un lungo serpentone di uomini che imbocca contrada Imbriacola, la strada che porta al Centro di accoglienza chiuso dal marzo del 2009 e riaperto ieri perché l´isola era letteralmente invasa da oltre tremila disperati sbarcati negli ultimi giorni. Sono sorvegliati a distanza da pochi poliziotti e carabinieri che, in questi giorni, hanno dovuto fare tutto da soli. Soltanto ieri sera sono arrivati i primi rinforzi, ma per fortuna gli extracomunitari non hanno creato problemi. Dopo l´ok alla riapertura del ministro dell´Interno, Roberto Maroni e del prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, a gruppi di dieci alla volta hanno fatto il loro ingresso nel centro di accoglienza.
Appena dentro, vengono distribuite sigarette e schede telefoniche. «Sto bene – dice al telefono un giovane che chiama i suoi in Tunisa – gli italiani ci hanno trattato bene e ci hanno promesso che non ci manderanno indietro». È questa la paura di molti clandestini, il ripensamento da parte delle autorità italiane, la possibile decisione di rimpatriarli. Molti non hanno documenti, all´ingresso dicono i loro nomi e cognomi e il paese da dove provengono. Veri, falsi? «Ci vorrà del tempo per identificarli tutti – dice un operatore del centro di accoglienza – e sarà un lavoro difficile e complicato perché nessuno ha documenti con sé e spesso, com´è accaduto in passato, dichiarano false generalità. Alcuni di loro hanno problemi nel loro paese e magari hanno compiuto qualche reato». È un problema in più da affrontare: secondo fonti investigative italiane in contatto con quelle tunisine, tra gli oltre cinquemila extracomunitari sbarcati a Lampedusa ce ne sarebbero alcuni evasi dalle carceri durante la rivolta che ha provocato la fuga del presidente Ben Ali.
L´arrivo al centro si conclude solo a tarda sera. «Ne abbiamo contati oltre 1.300 – dice il responsabile della struttura, Cono Galipò – Abbiamo a disposizione poco meno di un migliaio di brandine ma in qualche modo ci arrangeremo. È sempre meglio che stare all´addiaccio e senza servizi igienici. La gente di Lampedusa ha anche tirato un sospiro di sollievo».
«Si sono comportati bene, non hanno provocato incidenti o problemi – spiega Giusy Nicolini di Legambiente – ma potrebbe accadere qualcosa se continueranno ad arrivare a migliaia come in questi giorni» Angela Maraventano, vice sindaco dell´isola ma eletta senatrice in un collegio del nord Italia, fino all´altro ieri diceva che il centro non sarebbe stato mai riaperto («Dovranno passare prima sul mio cadavere»). Oggi, invece, parla di «collaborazione». Ma spara a zero sui nordafricani sbarcati nella sua isola. «Perché non sono rimasti a casa loro? Cosa sono venuti a fare in Italia? Dicono che hanno fatto la rivoluzione nel loro Paese e che hanno cacciato il loro presidente, e allora, perché fuggono dalla Tunisia se hanno vinto loro? Devono tornare a casa, qui non possono rimanere».

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