Storie così vicine

Palermo e Sidi Bouzid, una scena sembra il calco dell’altra. Palermo, 11 febbraio, Adnane Noureddine, marocchino, 27 anni, una bambina di due, vende giocattoli e sciarpette sul marciapiede

Palermo e Sidi Bouzid, una scena sembra il calco dell’altra. Palermo, 11 febbraio, Adnane Noureddine, marocchino, 27 anni, una bambina di due, vende giocattoli e sciarpette sul marciapiede

Ha la licenza ma non può fermarsi a lungo sulla stessa strada. I vigili lo fermano (per la quinta volta in una settimana, pare), gli sequestrano la merce. Lui li implora di lasciargliela, e al loro rifiuto si cosparge di benzina e si dà fuoco, è in condizioni disperate. A Sidi Bouzid, una cittadina rurale nel centro della Tunisia, lo scorso 17 dicembre Mohamed Tarek Bouazizi, 26 anni, primo di cinque fratelli, diplomato, vendeva verdure e frutta: gli sequestrano un´ennesima volta bilancia e merce, protesta, lo malmenano. Scrive un messaggio su Facebook e una lettera a sua madre, le chiede perdono con una frase solenne e bella: «Rivolgi i tuoi rimproveri alla nostra epoca, non a me». Poi va davanti al palazzo del governo, si cosparge di benzina e si dà fuoco. Muore il 5 gennaio in un ospedale di Tunisi. Là, dove agonizzava avvolto nelle bende come una mummia, è venuto a fargli visita il padrone del paese, Ben Ali, che di lì a poco fuggirà dal paese con la sua tribù famigliare e col suo oro, cacciato dalla ribellione di cui il rogo di Mohamed è stato la scintilla. Dal gesto umiliato di Mohamed è scaturita una rivoluzione popolare che ha già abbattuto le dinastie tunisina ed egiziana. Gli storici concorderanno che appunto di una scintilla si sarà trattato, e se non fosse stata quella sarebbe stata un´altra, e solo una mente ingenua e romanzesca si compiace di immaginare che gesti solitari e oscuri cambino il corso del mondo, come se davvero la Prima Guerra Mondiale fosse scoppiata dal revolver di un piccolo maestro nazionalista serbo sul Ponte Latino di Sarajevo e dai suoi adolescenti compagni di cospirazione. (Finirono per crederci anche loro, e dissero ai loro interroganti: «Ma io non pensavo, non volevo…»). Mohamed B. non pensava certo, però avrebbe voluto. Oggi il mondo sa chi era, e lo proclama iniziatore di un sommovimento che è ancora all´inizio, e fa tremare Tripoli e Algeri e Riyad, e induce perfino Pechino a togliere dalla rete il nome “Egypt”. Di Adnane Noureddine, marocchino di Palermo, la storia non serberà memoria, e la cronaca gli accorderà un trafiletto, e anche per questo ne scrivo, che abbia almeno un posto nella pagina nazionale. Ma bisognerebbe stare più attenti alla lezione di coincidenze come questa. Abbiamo assistito, in un rapido volgere di anni, dapprima increduli e sbigottiti, poi rassegnati e assuefatti, a una mutazione umana orrenda come quella degli assassini-suicidi che chiamiamo kamikaze.
Uomini (e donne) che sacrificano con entusiasmo vite altrui, di innocenti tramutati in nemici o in ostaggi, per guadagnare il premio del paradiso: altra storia da quella antica degli umani disposti a sacrificare la propria vita per una causa sentita superiore. Contro umani votati alla morte può poco la premessa di ogni educazione e prevenzione e repressione, che è l´amore e comunque l´attaccamento alla vita. Il suicidio di Mohamed B. e dei suoi emuli, come già quelli di Jan Palach o dei bonzi di Saigon, è spoglio di compiacimenti estatici, e rifiuta di fare della propria morte un´arma estrema per colpire fisicamente un nemico, come quel personaggio di Dostoevskij che presta con disprezzo il proprio suicidio solitario ai militanti del terrore, per i quali è una moneta da spendere. (Noi qui ce l´abbiamo, un nostro investimento azionario del suicidio-omicidio, negli uomini che ammazzano le donne).
Amaro e insopportabile com´è, il suicidio inerme è una protesta di dignità e contraddice la vita spregiata dai “kamikaze”. Che attraversi oggi in particolare il mediterraneo islamico e vi si mostri imprevedibilmente efficace fa pensare, ma è un fenomeno più vasto. Ha riguardato, nei nostri anni, a migliaia, i contadini indiani indebitati. Ha scosso l´anno scorso il cuore della produzione cinese, nella più colossale e avanzata linea di montaggio del mondo, dove 13 suicidi ravvicinati di operai hanno costretto a concedere aumenti fino al raddoppio dei salari (derisori) e a escogitare misure grottesche, come l´impegno a non suicidarsi sottoscritto per contratto! (Ora si sostiene che l´epidemia di suicidi sia stata arginata dalle reti installate sotto le finestre della città-fabbrica da cui si buttavano giù…). Nell´agosto 2010, il tredicesimo suicida della Foxconn, un diplomato diciannovenne, assunto da 42 giorni, lasciò una lettera in cui descriveva l´abisso fra le aspettative di chi comincia un´attività di lavoro e la realtà. In gennaio, il primo, un altro diciannovenne, Ma Xiangqian, si era buttato giù dal tetto del dormitorio: lavorava sette notti a settimana, undici ore filate, a montare componenti elettronici, prima di essere spostato a pulire i cessi. Nemmeno in Europa i lavoratori che si suicidano sono una notizia rara, purtroppo. In Francia hanno fatto scalpore i suicidi di dipendenti, in gran parte manager, della Telecom: 24 in 19 mesi. In Italia, dove non è raro che le cronache registrino (o ignorino) il suicidio di lavoratori disperati che hanno perduto il posto di lavoro, si è fatta allarmante la sequela di suicidi di piccoli imprenditori messi nell´impossibilità di tirare avanti, con le proprie aziende, le famiglie proprie e dei propri stretti collaboratori. Il suicidio non può essere ritenuto una risorsa della non violenza –caso mai una conseguenza non cercata. Ma sta di fatto che sulla sponda sud del Mediterraneo, luogo proverbiale di violenza o di apatia, sono avvenute due, finora, rivoluzioni popolari e non violente. (Lo fu anche quella iraniana, ma niente è detto una volta per tutte). Quelli sono paesi di giovani e non per giovani. Il nostro non è per giovani né di giovani, benché rinsanguato dai nuovi arrivi. Anche se la disgrazia di Palermo resta per ora nella cronaca locale dei fatti vari, l´intera storia ci riguarda da molto vicino.

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