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El Baradei: “L’Egitto esploderà “

E piazza Tahrir si infiamma di rabbia In marcia verso il palazzo della tv. El Baradei: “L’Egitto esploderà , le Forze armate lo salvino ora”. Fosse stato in piazza, lo avrebbero sicuramente linciato. Ma per sua fortuna Mubarak era al sicuro nel bunker di Heliopolis.

E piazza Tahrir si infiamma di rabbia In marcia verso il palazzo della tv. El Baradei: “L’Egitto esploderà , le Forze armate lo salvino ora”. Fosse stato in piazza, lo avrebbero sicuramente linciato. Ma per sua fortuna Mubarak era al sicuro nel bunker di Heliopolis.

E allora la folla inferocita di Tahrir Square si è limitata a lanciare scarpe e ogni genere di oggetto verso lo schermo che proiettava la sua immagine. «Buffone, non hai capito che devi andartene?», «E allora ti butteremo giù con la forza». Precipita, dunque, la crisi egiziana. Mohammed El Baradei, l´ex capo dell´Aiea e Nobel per la pace teme addirittura che il paese «possa esplodere» ed esorta l´esercito «a salvare l´Egitto e a farlo adesso». Hosni Mubarak non molla. I militari gli hanno quasi sbattuto in faccia la porta, ma lui continua a sfidare la piazza. Delega i poteri al suo vice Omar Suleiman, ma resta presidente. Una provocazione bella e buona, che altro? E per giunta alla vigilia del “venerdì della svolta”. Il giorno della verità, quando presumibilmente a milioni sfileranno per le strade del Cairo,e non solo, al grido di “Vittoria o morte”. Sono le 23 e 2 minuti. Un quarto d´ora dopo che il raìs ha finito di parlare, di atteggiarsi a padre della patria, ma si è guardato bene dal pronunciare quella parola, “dimissioni”, l´unica che avrebbe disinnescato la collera della gente. La festa che molti sognavano di poter celebrare nella prima notte di libertà dal regime, si è subito trasformata in incubo. Walid, 27 anni, che è una delle menti più vivaci della protesta di questi tragici giorni, non ha più dubbi: «Non ci resta – dice – che marciare verso il palazzo presidenziale, costi quel che costi, che ci sparino pure addosso. L´Egitto non meritava di essere preso ancora una volta in giro». Piange come un bambino, Ahmed, che di anni ne ha più di sessanta. «Non riusciremo mai a liberarci di lui. Pur di non darcela vinta sarebbe capace di ammazzarci tutti. Ma non si accorge che il paese che dice di amare, di aver difeso per tutta la sua lunga vita, sta cadendo a pezzi? Che la gente non ce la fa più?». Mentre Suleiman che evidentemente finge di non aver capito la delusione di un intero paese, invita tutti a tornarsene a casa, i duri della rivolta ci mettono poco ad organizzare una prima risposta. Annunciano al megafono che sarà una lunga notte e che bisogna andare compatti verso il palazzo della televisione di Stato sul lungonilo, che dista poco più di un chilometro dal luogo simbolo della rivolta. Un edificio tra i più protetti della capitale davanti al quale oltre a decine di mezzi corazzati dell´esercito ci sono anche quelli della guardia presidenziale. Da pacifica la manifestazione sta entrando in una nuova fase che non promette nulla di buono. E dire che era stata una giornata iniziata all´insegna dell´ottimismo. Con migliaia di giovani che avevano trascorso la notte all´addiaccio, protetti da teloni di plastica, davanti ai palazzi del potere. Avevano avuto la soddisfazione di impedire a un Parlamento illegittimo di potersi riunire. Una piccola vittoria che aveva contribuito ad allargare il fronte della protesta. Ce la possiamo fare, sentivi ripetere ad ogni angolo di strada. E così si riempivano altre piazze, come avevano suggerito i ragazzi del movimento “sei aprile”, di medici, avvocati e perfino di gente dello spettacolo. Tutti con qualcosa da rivendicare, tutti risoluti a dare il loro contributo per far cadere il tiranno. Poi a pomeriggio inoltrato l´ottimismo diveniva addirittura contagioso. L´esercito usciva allo scoperto. Dava l´impressione di aver messo all´angolo sia Mubarak che il suo vice. Si parlava apertamente di dimissioni del presidente, qualcuno lo dava già in fuga alla volta di Dubai, qualche altro già partito per Sharm el Sheikh. E invece il raìs, come mostrava la tv di Stato, riceveva tranquillamente nel suo ufficio vicepresidente e primo ministro. La sensazione di essere a un passo dalla vittoria coinvolgeva anche Wael Ghonim, il blogger e il manager di Google, l´iniziatore della rivolta, arrestato e rilasciato dopo dodici giorni di prigionia che poteva su Twitter finalmente esultare: “Missione compiuta. Grazie a tutti i coraggiosi giovani egiziani”. Alle 22 e 45 Mubarak riportava tutti alla realtà. Non è finita, purtroppo.

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