Mostra di Pesaro 55. Tutto Grifi al centro Arti Visive – Pescheria, 40 ore di materiali video analogici
Ci sono almeno due cose che Alberto Grifi avrebbe voluto vedere realizzate da vivo, due tra milioni di altre, data la curiosità ed ecletticità del soggetto in questione, ma queste in particolare sono legate alla sua stessa sopravvivenza fisica ed artistica: la cura per l’epatite C, trovata qualche anno dopo la sua morte ed ora distribuita gratuitamente ai tanti che ne sono affetti, che gli avrebbe salvato la vita; e la realizzazione della macchina «lavanastri» che avrebbe salvato i suoi film e non solo i suoi.
Questa seconda «invenzione» fu la sua ossessione negli ultimi anni, ne aveva costruito un prototipo funzionante e poi dovette ricominciare tutto daccapo perché uno dei solventi essenziali per l’operazione fu messo fuorilegge. Poco prima di morire lavorò ad un secondo tentativo in un capannone industriale tra Torino e Milano sottoponendosi a chissà quali vapori chimici, che, secondo me, gli hanno ulteriormente accorciato l’esistenza. Pochi anni dopo la sua morte il suo metodo è stato adottato per restaurare i nastri dei primi videotape e funziona. Non posso fare a meno di pensare che se avesse resistito ancora un po’ adesso Alberto sarebbe qui a giocare con le immagini, formare nuovi gruppi di videoteppisti per rimontarle, concentrato e felice. Sono passati già 12 anni da quando se ne è andato e fortunatamente, grazie all’impegno congiunto dell’Associazione Culturale Alberto Grifi e del CSC-Cineteca Nazionale, il suo lavoro è stato resuscitato.
Adesso è visibile un archivio di circa 40 ore di nastri completamente digitalizzato nel 2017.
È la seconda volta che «Parco Lambro» va a Pesaro. La prima, in versione assai ridotta ma proiettata negli stessi luoghi di quest’anno, il Centro Arti Visive Pescheria, fu nel 2006. Ho sotto gli occhi un libricino piccolo ma molto ben fatto che fu stampato per l’occasione intitolato: «Parco Lambro 1976/2006 il festival del proletariato giovanile nelle immagini di Alberto Grifi», c’è lo stesso incipit di Lu Xun che rileggo nel programma di quest’anno che termina con queste parole: «…anche se non sarò io verrà un tempo in cui saranno ricordati, in cui si parlerà di loro.» In questo caso «loro» sono quei ribelli del movimento degli anni ’70.
Nel loop di immagini che verranno proiettate torneranno a vivere, parlare, discutere, cantare, suonare, danzare, fumare, spogliarsi, espropriare polli congelati e patatine, i giovani studenti, proletari e sottoproletari arrabbiati, anarchici, ladri, drogati visionari, compagni, femministe, omosessuali, musicisti, teatranti, filmakers, artisti, desideranti, di quarantatre anni fa; e chiunque potrà cogliere liberamente ciò che vuole nel flusso continuo delle proiezioni. Le immagini non sono tutte di Grifi ma girate in coregia con un nutrito gruppo di videoteppisti da lui formato, modalità che continuerà a praticare ogni volta che ne avrà occasione.
L’elenco è lungo: Flavio Vida, Luciana Meazza, Enza Jannuni, Carla Tiziana, Alberto Romero, Flavia Geronazzo, Fabio Leonardis, Annamaria D’Anna, Alberto Giunti, Sandro Vannucci, Vito Zagarrio, Giorgio Patrono, Elisabetta Cassio, Renzo Costantini, Klaus Rath, Angelo Marzullo, Pezzella Dimitrios Makris, Luciano Colombo. Oltre a Parco Lambro verranno proiettati altri documenti molto interessanti di quegli anni: L’occupazione degli autoriduttori del convegno sulla follia, 1976, coregia di Franco Barbero, Claudio Caligari; Contestazione al concerto di Antonello Venditti, 1976, coregia di Franco Barbero, Claudio Caligari; Festa del COM nella casa occupata di via Morigi a Milano, autunno 1976, coregia di Franco Barbero, Claudio Caligari; L’occupazione dell’Università La Sapienza, 1977, coregia di Renzo Costantini; Sconvegno svoltosi presso la Fabbrica di comunicazione e Macondo a Milano 24-26 novembre 1977 in contrapposizione al convegno sul tema «La violenza» organizzato dal collettivo semiotica e psicanalisi dello psicanalista Armando Verdiglione, 1977, coregia di Franco Barbero, Claudio Caligari.
A proposito del materiale girato a Parco Lambro da 4 troupe di videoteppisti e 3 di cinematografari che non lo vollero mai cedere alla RAI e che quindi non fu mai veramente montato Grifi scrive: «È considerato l’unica testimonianza registrata, «dal vero», minuto per minuto, dall’interno delle problematiche di quella generazione, nell’ottica dei disagi, dei tentativi di organizzazione politica e contemporaneamente ben al di là della politica; laddove nascevano nuovi desideri e bisogni, cambiamenti di comportamento lontani dalla lotta armata e fuori dai ruoli stabiliti dalla logica del vecchio potere, che precedettero gli anni di piombo».
Io di quella generazione ho fatto parte e mi rivedo tra quei ragazzi un po’ straccioni, selvaggi, sconclusionati e pieni di utopie, sogni e desideri, convinti di fare una rivoluzione, forse di averla esistenzialmente già fatta, di poter cambiare il mondo, ricostruirlo a propria immagine, fragili e forti , ironici e ideologici, sfrontati e ingenui nello stesso tempo, una gioventù troppo blasfema, insopportabile per l’ipocrisia moralista e reazionaria del tempo, una generazione che dopo pochi anni da quel festival ha conosciuto lutti e sconfitte, di cui la parte migliore, quella che non ha voluto cedere, quella che ha rifiutato di sottoporsi al trattamento della «normalina» (altro film di Grifi girato a Milano in quegli anni), come Alberto, fino alla fine non vuole mollare, cedere alla cupezza del presente. Spero che questo flusso di idee sia di stimolo per i giovani di adesso, che possano riconoscere in quei volti e in quei corpi il pressante, allegro, vitale, utopistico desiderio, che spero e auguro abbiano anche loro, di cambiare il mondo. Nell’ultima pagina del libricino del 2006 c’è un appello al comune di Roma del comitato UNA CASA
PER GRIFI firmato da tantissime persone, Alberto cercava uno spazio per il suo immenso archivio più che per sé stesso, ma non lo ebbe in vita, sono contenta e credo lo sarebbe anche lui moltissimo di questa megaproiezione.
* Fonte: IL MANIFESTO
foto: Festa del proletariato di Alberto Grifi
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