Al Festival di Locarno il documentario ” Ora e sempre” che il regista ha dedicato al decennio 1968-1978
LOCARNO. Il titolo Ora e sempre — riprendiamoci la vita non lascia dubbi: quello di Silvano Agosti, presentato fuori concorso a Locarno, è un film militante.
Come poteva non esserlo, del resto, conoscendone l’autore?
Classe 1938, Agosti ha partecipato agli eventi in prima persona, filmando i Cinegiornali del movimento studentesco, il documentario Brescia 74 strage di innocenti e tanto altro; compresa una fitta serie d’interviste a personaggi della politica e della cultura che, assieme a rari materiali d’epoca, contribuiscono a dar corpo al nuovo film. Diversamente dai programmi di storia per la tv, Agosti non si limita a elencare i fatti: dà loro una forma significante attraverso il montaggio (che a suo tempo studiò all’Istituto del cinema di Mosca), per sviluppare il discorso che gli sta a cuore.
«Dalle cronache ufficiali quel glorioso periodo di lotte è scomparso — argomenta l’autore — sepolto sotto il marchio di “anni di piombo”. Ci sono voluti cinquant’anni di governi selvaggi per cancellare tutte queste importanti vittorie.
Ma il fondamento non potrà mai essere cancellato: i movimenti di quel decennio, coinvolgendo gran parte della società, ha visto lentamente infrangersi il principio di autorità».
Il ’68 e il decennio successivo videro un fiorire di movimenti (studentesco, dei lavoratori, delle femministe, di occupazione delle case…) che non si è poi ripetuto, malgrado alcune avvisaglie e le speranze di molti. Perché proprio in quel momento? «L’origine prossima fu la guerra del Vietnam. Però io credo anche che il corpo sociale, malgrado il potere faccia di tutto per rinchiuderci in celle individuali, sia un tutto unico e che in certi momenti storici si verifichino delle connessioni tra tantissimi individui (i giovani, in particolare) su obiettivi comuni». Quindi, come afferma Franco Piperno in un brano del film, la protesta è un fiume carsico, che prima o poi riemergerà? Però Clara Sereni (in un altro spezzone d’intervista) si stupisce che le femministe di ieri non siano riuscite a insegnare nulla alle loro figlie. «Penso che la protesta tornerà, anche se in altre forme», prosegue Agosti, «quanto alle femministe, erano troppo impegnate nell’ergastolo di essere mogli; e quando si è all’ergastolo si pensa solo alla fuga». Non c’è il rischio che Ora e sempre, uscendo nel cinquantenario del ’68, sia sospettato di effetto-nostalgia, data anche la presenza nella colonna sonora della Canzone del maggio di De André e dell’Anno che verrà di Dalla?
«Direi di no. Avevo già realizzato due “decennali”: nel ’98 in tredici puntate per la Rai, che le trasmise alle quattro di mattina, e nel 2008; senza mai cadere nella celebrazione. Del resto il 68 fu solo la miccia: l’esplosione furono i nove anni seguenti».
Tra i tanti intervistati — Fo e Rame, Capanna, il filosofo Severino, Bernardo Bertolucci, Alberto Grifi… — appare anche, piuttosto inaspettato, l’archistar Massimiliano Fuksas.
«Sì, l’architetto miliardario. Ho voluto infrangere la barriera socio-economica perché Fuksas parla della liberazione dal lavoro, che equivale alla schiavitù. Ben da prima che si parlasse di reddito di cittadinanza, o come lo si voglia chiamare, ho sempre pensato che cibo e casa siano un diritto inalienabile per tutti».
* Fonte: ROBERTO NEPOTI, LA REPUBBLICA
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