Si chiama Bertell Ollman, professore marxista. Inventò “Lotta di classe”, un monopoli socialista per educare le masse operaie. Ancora oggi lui e i compagni si riuniscono a due passi da Wall Street per giocarci, fare militanza e parlare di politica. E per prepararsi alla rivoluzione
Si chiama Bertell Ollman, professore marxista. Inventò “Lotta di classe”, un monopoli socialista per educare le masse operaie. Ancora oggi lui e i compagni si riuniscono a due passi da Wall Street per giocarci, fare militanza e parlare di politica. E per prepararsi alla rivoluzione
NEW YORK. Bandiera rossa la trionferà: sull´Empire State Building? «Io sono convinto che questa sia una crisi terminale: le cose non vanno per niente meglio. Lo so: Marx non credeva alle crisi terminali. Ma solo perché scriveva centocinquant´anni fa. E questa, davvero, è una situazione che non avrebbe mai potuto prevedere». E no che non poteva: chi se lo poteva immaginare che gli ultimi comunisti si arroccassero proprio qui, nel cuore del cuore del capitale, a due passi da Wall Street? Manhattan, interno notte, stanza 221 della New York University, secondo piano del civico 19 West, Quarta strada. Il professor Bertell Ollman, classe 1936, l´inventore di Lotta di classe, il primo “monopoli socialista” della storia, il gioco con cui trent´anni fa cercò di educare al comunismo nel paese dello Zio Sam, parla di Marx & Obama, Sarah Palin e Friedrich Engels, trade union e robot. E c´è solo un argomento che lo distoglie dalla rivoluzione imminente: «Ma come funziona davvero questo Bunga Bunga?».
Due blocchi più in là, al 42 di Washington Square, giusto cent´anni fa svernava John Reed, l´eroe che l´America conosce più che altro per Reds, il film di Warren Beatty, e che prima di raccontare dalla Russia dei Soviet I dieci giorni che sconvolsero il mondo spendeva le notti scrivendo qui A Day in Bohemia: poemetto mediocre sulla vita d´artista nel Village. Dall´altra parte della piazza cantata da Henry James – dove «con un´aria spaziosa e confidente, che già lasciava presagire i suoi alti destini» inizia la Quinta Avenue – ecco tra Bank e Between Street, proprio lì di fronte all´Hudson, le sale del Brecht Forum. L´altra sera c´era Peter Marcuse, che a ottantadue anni tutti continuano a chiamare ancora «il figlio di Herbert», e da vero comunista ha dedicato una vita alla pianificazione, anche se solo a quella urbana. «Approcci alternativi alla questione della casa: socialismo, socialdemocrazia e capitalismo» era il titolo della lezione, quarto seminario della New York Marxist School, per il modico prezzo di 45, 55 o 65 dollari, «scegli a seconda delle tue possibilità: e grazie del supporto». Un po´ più a nord, dove il Village s´è già stemperato in Chelsea, il quartiere dei pittori e delle gallerie, il New York Communist Party attende i simpatizzanti al 205 West della 23esima strada: tra un negozio di articoli per la pittura e quel Chelsea Sewing Center col suo esercito di cinesini sempre chini sui rammendi. Ma siamo a Manhattan o sulla Piazza Rossa? E quella è Wall Street o il vecchio Cremlino?
La storia sembra contrarsi come un buco nero proprio qui, nel centro del mondo, nel primo decennio del nuovo millennio. E in questo dedalo di contraddizioni ti confonde ancora di più scoprire che il leader dei comunisti di New York è un giornalista quarantenne che si chiama, manco a dirlo, Libero, che di cognome fa Della Piana ed è un afro-italo-americano che sogna di importare negli States il «Socialismo del ventunesimo secolo» teorizzato da Hugo Chávez: e però intanto fa campagna per Barack Obama. «Che peccato che proprio in Italia, il paese di Togliatti e Gramsci, i comunisti non siano più quelli di una volta». Conosce la situazione? «So che la sinistra non è riuscita a restare unita dopo il crollo del vecchio Pci. Oh, i miei venivano dall´Abruzzo: tanti democristiani, ma c´è pure un cugino consigliere di Rifondazione». Anche la storia del professor Ollman sfiora quella d´Italia. Il suo gioco, Class Struggle, fu tradotto nel 1979 da Mondadori («Davvero oggi anche questa è di Silvio Berlusconi?»). E anzi l´Italia «con il più forte partito d´occidente» fu il paese nel quale il monopoli socialista vendette di più. «Solo che il lancio del gioco coincise con l´arresto di Toni Negri: e io avevo firmato una petizione in suo favore. Mondadori era terrorizzata dall´associare il mio nome a quel caso». Il professore è ancora oggi uno dei più grandi teorici del marxismo ma la sua curiosità l´ha portato a contaminare il vecchio Karl con le discipline più diverse. I suoi libri si chiamano Alienazione ma anche Rivoluzione sociale & sessuale. E la sua fama è legata appunto a quel monopoli socialista che in America nessuno voleva pubblicare. Dovette improvvisarsi, proprio lui, piccolo imprenditore: e autoprodurlo. Un´avventura che ha poi raccontato nel libro Confessione di un businessman marxista: vi stupisce che la sua nomina a preside dell´università del Maryland fu stoppata da un certo Samuel Hoover, fratello del più noto J. Edgar, mitico direttore-padrone dell´Fbi?
Essì: sempre stata dura la vita dei Reds in America. Eppure al Brecht Forum, che Ollman ha contribuito naturalmente a fondare, oggi c´è la fila come ai saldi di Gap o Banana Republic. E il Partito Comunista di New York proprio quest´anno – sbandiera con orgoglio il compagno Libero – ha ricevuto la bellezza di settecento domande di iscrizione. Ma come si fa a coniugare Obama e l´Internazionale? «Questo è il nostro novantunesimo anno di vita e quindi è chiaro che la nostra fondazione è ispirata alla Rivoluzione russa: primo esempio di successo del governo “della” e “per la” classe operaia…». Via, Libero, non ce lo venga a raccontare proprio a noi, lei da New York. «Ma la tradizione sovietica si è anche macchiata di tanti errori e tanti crimini. Commessi contro il suo stesso popolo. In nome del socialismo». Ah, ecco. E che cosa vuol dire, allora, essere comunisti, oggi, a Manhattan, anno del Signore 2010? «Nessuno oggi sa più bene che cosa vuol dire essere comunisti: io so solo quello che nel nostro piccolo cerchiamo di fare qui a New York. Stare nei movimenti. Combattere nei quartieri. Sui posti di lavoro. Nelle università. Impegnarsi sulla questione della casa. Dell´educazione pubblica. Dell´ambiente. La battaglia contro il razzismo. Il sessismo. La xenofobia. Il lavoro comune con i sindacati. Con le chiese…»
Con le chiese? Ollman vede un alleato insperato perfino nei Tea Party. «La loro rabbia verso le banche è motivata. Certo è appena il primo stadio: le banche, si sa, sono solo un´espressione del potere capitalista. Però finalmente gli americani si rendono conto: si parte da qui». E per dove? «Per la rivoluzione». Scusi: con la rivolta del proletariato e tutto quel che segue? «Macché: con il voto. Io da marxista americano credo in una società socialista ma democratica. Certo: negli ultimi anni ci stanno rubando anche quello. Non solo Bush contro Gore: sa quanti casi ci sono stati alle elezioni di midterm? E vedrà con la diffusione del voto elettronico». Eccolo là, un classico della sinistra: complottismo & rifiuto del nuovo. O no? Il professore che per educare le masse inventò il monopoli socialista ora sorride malizioso. Oddio, ha un´altra idea: «Ma se provassimo a lanciare in Italia il gioco del Bunga Bunga?».
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