UNIVERSITà€ Londra chiama Roma risponde
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Il giorno della sfiducia al governo Berlusconi non sarà l’Armageddon e il Presidente della Camera Gianfranco Fini non sarà il salvatore della patria. Anche perché l’esito della sfiducia che andrà in onda in parlamento tra lunedì e martedì non è scontato e può sempre spuntare l’ipotesi di un governo del terzo tipo a peggiorare l’austerity di Tremonti. Mancano poche ore all’ora X, ma tra i movimenti studenteschi e quelli sociali che si sono «uniti contro la crisi» insieme alla Fiom dilaga più che il disgusto, l’indifferenza al calciomercato dei parlamentari. Martedì assedieranno il Senato per «sfiduciare dal basso il governo», ma oggi continuano ad esercitare l’arte della prudenza e quella della strategia.
Ad aprire la giornata sarà il corteo che parte alle 10 dalla Sapienza, raggiungerà gli studenti medi in Piazza della Repubblica e quelli che partiranno da Porta San Paolo, mentre lo spezzone di «Uniti contro la crisi» si incontrerà a mezzogiorno al Colosseo. Negli stessi minuti i licei romani partiranno dalle loro sedi con apputamenti variabili nelle strade della Capitale. Le facoltà della Sapienza saranno occupate per ospitare migliaia di studenti provenienti da tutta Italia. Da Pisa, ad esempio, saranno in mille (record storico per una città che è stata in prima fila nelle lotte contro la riforma universitaria). Da Torino se ne annunciano altrettanti, come dal Veneto o da Bologna. Dopo il blocco della tangenziale, e la manifestazione prevista oggi a Terzigno (pensando a quella contemporanea in Val di Susa), anche da Napoli arriveranno a Roma. Il giorno in cui gli studenti dimostreranno di non essere sfiduciati non sarà tuttavia romanocentrico. I sindacati e le associazioni occuperanno «simbolicamente» i rettorati degli atenei. Crescono nel frattempo le adesioni. Ieri è stato il turno dell’Arci «indipendentemente da quel che succederà in parlamento – si legge in un comunicato – martedì saranno i cittadini a sfiduciare il governo». Questa nuova generazione ha ancora negli occhi le mobilitazioni del 30 novembre scorso quando un intero paese si è fermato per rigettare l’esito della votazione sul Disegno di legge Gelmini alla Camera. Da piazza Arbarello a Torino partirà una manifestazione degli studenti medi, mentre nel pomeriggio in piazza Carignano è prevista un’assemblea dove universitari e insegnanti leggeranno un elenco ispirato al tema della «fiducia»: «Mi fido di un paese che preserva i beni comuni, non mi fido di un paese che privatizza l’acqua» e così via, proseguendo il tormentone che è ormai entrato nell’immaginario collettivo.
Un piccolo tour telefonico della Penisola è utile per capire le aspettative, e i progetti, di un movimento universitario che riconosce i limiti della propria autosufficienza e intende consolidare le relazioni con il mondo del lavoro. Il desiderio è quello di ricomporre temi, e soggetti, che difficilmente negli ultimi anni sono riusciti a mantenere il passo dell’opposizione sociale contro le politiche dell’austerità, la liquidazione del welfare e la privatizzazione dei beni comuni. «La sfiducia al governo Berlusconi non è secondaria – spiega Andrea Aimar da Torino – ma dal 15 dicembre la nostra battaglia sarà quella di leggere i conflitti nel campo della conoscenza con le lenti di quello del lavoro. È necessario per contrastare Marchionne dietro il quale c’è l’idea insostenibile di un sistema fondato sull’aumento dei consumi e sulla cancellazione dei diritti del lavoro». «Sono mesi che ci opponiamo al Ddl Gelmini e alla sua idea di società – afferma Alberto Campailla da Pisa – martedì vogliamo dimostrare che esiste un’alleanza tra i soggetti che vivono la crisi, ma hanno un’altra idea di società».
Quella che gli studenti auspicano non è dunque un’alleanza marginale tra lotte residuali, ma uno spazio creativo e un immaginario a dir poco opposto da quello che gronda dalle perversioni del palazzo. Ritorna costantemente nei loro discorsi un’idea alta, ma proprio per questo per nulla frequentata dai più accorsati commentatori. Dal berlusconismo si esce solo a condizione di superare l’austerity europea. «Le lotte degli studenti inglesi – sostiene Francesco Brancaccio da Roma – parlano lo stesso linguaggio di quelle italiane, rifiutando l’innalzamento delle tasse e il debito studentesco prefigurano un modello alternativo di welfare e reddito di cittadinanza». È forte la convinzione che il movimento non dovrà esaurirsi nella battaglia contro il Ddl Gelmini. Con, o senza riforma, resterà il governo feudale dei baroni e la precarietà di 60 mila persone. «Non cederemo né alla retorica della sconfitta – ricorda Gigi Roggero, ricercatore precario a Bologna – né a chi dice che la fine del Ddl sarà il ritorno a ieri. La nostra partita si gioca a livello europeo».
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