Scaffale. «Capitale e disuguaglianza. Cronache dal mondo», gli articoli sui giornali di Thomas Piketty, per Bompiani
Thomas Piketty ha avuto un successo planetario nel 2013 quando ha pubblicato il ponderoso volume Il Capitale nel XXI secolo, esito di anni di ricerche condotte insieme a Emmanuel Saez sulla distribuzione del reddito e sulla sua crescente diseguaglianza. Come spesso succede in questi casi, una volta diventati intellettuali di riferimento, si è invitati dalle redazioni dei quotidiani nazionali a commentare la situazione socio-economica.
A QUESTO DESTINO non è sfuggito lo stesso Thomas Piketty e nel corso del periodo 2013-2016 ha pubblicato diversi articoli su Le Monde e Libération. Questi testi sono stati pubblicati in francese nel libro Aux urnes citoyens! (ed. Les LIens qui Libérent) in vista della passate elezioni presidenziali. Ora, grazie alla traduzione di Alberto Cristofori, sono disponibili al pubblico italiano nel libro Capitale e disuguaglianza. Cronache dal mondo (Bompiani, pp. 240, euro 14), raccolti in quattro parole chiave per comprendere il mondo di oggi: capitale, disuguaglianza, sicurezza ed Europa.
NELLA PRIMA PARTE, «il capitale», Piketty affronta, partendo dai paesi Brics (Cina, India, Brasile, Sud Africa), come i processi di finanziarizzazione, non differentemente da ciò che avviene in Usa e in Europa, incidano e abbiano inciso sui pattern di crescita economica e sulla diseguaglianza nella distribuzione del reddito. Da una lettura congiunta di questi testi (scritti in periodi diversi), anche se non esplicitamente affermato, si evince che i mercati finanziari favoriscono un processo di convergenza e di omogeneizzazione di diverse realtà territoriali, stretto tra la ridefinizione delle stesse gerarchie finanziarie e il loro crescente potere autoritario.
La seconda parte ha come referente il tema della disuguaglianza, che è stato al centro dell’attività di ricerca di Piketty. Le tesi sono note: nel corso degli ultimi 4 decenni abbiamo assistito a una polarizzazione di redditi così elevata da divenire il principale fattore di instabilità del capitalismo contemporaneo.
GLI ARTICOLI TRATTANO la questione a livello globale, dagli Usa (situazione caratterizzata dal sorgere di potenti oligarchie economiche), all’Europa (stretta negli effetti perversi delle politiche di austerity), alla Cina (dove la crescente diseguaglianza interna è anche l’esito di una potente spinta tecnologica) e infine alla Francia, nel momento del dibattito politico elettorale. Piketty è stato consigliere economico del candidato socialista Hammond, sostenitore della necessità di introdurre una misura di reddito di base, pur se condizionata e in funzione anti-povertà.
Anche il tema della sicurezza, trait d’union degli articoli che compongono la terza parte del volume, era (ed è) in Francia un argomento assai rilevante della campagna elettorale. Piketty afferma che la sicurezza sociale ed economica è il miglior antidoto contro le pulsione islamofobe e razziste che stanno caratterizzante l’attuale fase. Lo sguardo è anche rivolto ai paesi del medio oriente, dove maggiormente si sono sviluppate quelle derive estremiste e jihadiste che hanno colpito più volte l’Europa e la stessa Francia. Come in Europa, in questi paesi (il case-study è l’Egitto) è la mancanza di una rete di sicurezza sociale a causare un’iniqua distribuzione del reddito e ad alimentare il terrorismo islamico. Di conseguenza, è solo con la sicurezza economica che è possibile garantire quella territoriale.
IL TEMA SICURITARIO rimanda alle frontiere europee, chiave di lettura sempre più rilevante per analizzare la miopia delle politiche d’austerity ancora oggi vigenti in Europa. La critica di Piketty, fervente europeista, è rivolta essenzialmente alla leadership europea e alla sua governance politica. Le politiche d’austerity, invece di favorire il superamento di una crisi finanziaria importata da oltre oceano, l’hanno aggravata in un circolo vizioso che, se non ha dato il colpo di grazie all’Unione europea, è stato in parte risolto dalla gestione della Bce da parte di Draghi. Ma ciò non può essere sufficiente se il QE non è accompagnato dalla «costituzione di una camera parlamentare della zona euro, che potrebbe anche votare un’imposta comune sulle imprese e un bilancio della zona che permetta di investire in infrastrutture e nelle università». In altre parole, accompagnare la politica monetaria unica con una politica fiscale unica, a partire a uno zoccolo di paesi guida (Francia, Germania, Spagna, Italia).
C’è un aspetto che Piketty, tuttavia, prende poco in considerazione, ovvero i cambiamenti strutturali che hanno investito il processo di valorizzazione e di accumulazione dopo la crisi del fordismo, cambiamenti che hanno inciso profondamente sulla stessa nozione di capitale e sui fondamenti della stessa distribuzione del reddito.
FONTE: Andrea Fumagalli, IL MANIFESTO
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