Sinistre. Tutto esaurito e file fuori dal teatro Brancaccio al lancio dell’Alleanza popolare dei ‘civici’ Falcone e Montanari. “A settembre un’assemblea per decidere il programma”. E ora Mdp è a un bivio
ROMA. “Non siamo qui per rifare una lista arcobaleno, ma qualcosa di nuovo e più grande. Una vasta unione che sorga fuori dai partiti tradizionali. Una grande coalizione civica di sinistra per l’attuazione della Costituzione”. Toni da evento storico ieri mattina al Teatro Brancaccio di Roma, al lancio della Alleanza popolare per la democrazia e uguaglianza, la nuova ‘cosa’ civica di sinistra che si propone ‘un risultato a due cifre’ alle prossime elezioni. Ad aprirla i due ‘garanti’ – così si definiscono – dell’esperienza, l’avvocata Anna Falcone e il professore Tomaso Montanari, che avevano lanciato l’iniziativa con un appello pubblicato in contemporanea sul Fatto e sul manifesto due settimane fa. Dentro, la sala e la galleria traboccano, con grande preoccupazione dei volontari dell’organizzazione, ci sono mille e trecento persone. Fuori, pigiate sul marciapiede di Via Merulana dove a un certo punto passa anche la processione del Corpus Domini, ne rimangono altre trecento; tanto che i parlamentari di Sinistra italiana devono fare la spola per parlare anche con quelli che non sono riusciti a entrare.
“Il nostro obiettivo finale rimane la costruzione di una sola lista a sinistra- spiega Montanari nell’intervento di avvio-. Oggi siamo piccoli, ma Davide può rovesciare Golia, come è successo il 4 dicembre. Di fronte a un leader senza popolo, noi siamo un popolo che non cerca leader”. Montanari, gran mattatore della giornata, giura che non si candiderà. Obiettivo: una sola lista, ma rigorosamente alternativa al Pd: “Pensiamo che il Pd sia ormai un pezzo della destra. Una destra non sempre moderata con cui nessuna alleanza è possibile”. Boato e applausi liberatori dalla sala. Nessuna tenerezza verso M5S, “prigioniero di una oligarchia imperscrutabile, sempre più spostato a destra con tratti netti di xenofobia e intolleranza”. Montanari tiene i partiti a distanza, almeno a parole, spiega che a questo giro (i precedenti non ,mancano) la società impegnata non farà la sagoma di cartone dietro il quale si nasconde la politica di mestiere: “Possibile e Sinistra italiana hanno risposto subito al nostro appello. Ma anche Rifondazione, Altra Europa per Tsipras, Art. 1…”. Ma il suo primo grande applauso lo ottiene quando apre le danze contro il grande assente Giuliano Pisapia. Quando rivela: “Abbiamo invitato Pisapia, che ci ha risposto ‘non ci sono le condizioni perché io venga’. Non ci è sembrato un buon inizio”. Infatti assomiglia più a una fine della storia. Viene giù il teatro quando poi esclude non solo l’alleanza con il Pd ma anche una qualsiasi riedizione del centrosinistra, quello “ a cui dobbiamo la legge Turco-Napolitano, le privatizzazioni, la precarizzazione del lavoro, la guerra illegittima”. Il fatto è che tutte queste iniziative portano un nome e un cognome di ex ministri: per lo più oggi in Art.1.
La ‘Ditta’ Bersani&Pisapia è il principale oggetto di polemica della giornata: li si accusa di poca chiarezza e di tollerare le manovre di riavvicinamento al Pd dell’ex sindaco. In sala ci sono il capogruppo alla Camera Francesco Laforgia, Arturo Scotto, Alfredo D’Attorre ed Enrico Rossi, fa un passaggio anche Roberto Speranza. Per loro dal palco parla il senatore Miguel Gotor. Intervento sofferto e combattuto. Che inizia con una prima contestazione: un sindacalista triestino parte dal fondo della sala per chiedere conto del mancato voto contrario sui voucher (il gruppo di Mdp al senato è uscito dall’aula per non votare contro la fiducia al governo Gentiloni, di cui fa parte). Poche altre parole, qualche fischio, qualche applauso di incoraggiamento e parte un’altra contestazione: stavolta è una ragazza del centro sociale napoletano ex OPG Occupato – Je so’ pazzo che riesce a salire sul palco fino alla tribuna dell’oratore: più che Gotor in realtà contesta gli organizzatori perché non hanno voluto farla parlare. Invano “Anna e Tomaso” (per tutta la mattinata restano solo loro due in scena) tentano di riportare la calma, la ragazza arringa la folla contro la prima fila della platea.
Dove siede un D’Alema impassibile, dalle 9 e mezza della mattina fino alle 14 e 30, ma anche Nichi Vendola, Luciana Castellina, Stefano Fassina, Antonio Ingroia, Cesare Salvi. Alla fine Gotor riesce a concludere il suo intervento, ma scivolando su quella che la platea prende come una provocazione: annuncia la sua presenza a piazza Santi Apostoli il primo luglio con Giuliano Pisapia: a questo punto è mezza sala a fischiare. “L’unità è importante, ma al primo posto c’è la credibilità” ammette poi Nicola Fratoianni, segretario di Si”, “Tanto per dirla in italiano: nessuno può pensare il giorno dopo le elezioni di allearsi con chi dal proprio punto di vista rivendica il JobAct, lo sbloccaItalia, la Buona Scuola. C’è bisogno oggi in questo Paese di una sinistra e di una sua proposta politica che riparta dai contenuti, che abbia il coraggio di osare il cambiamento, che abbia il coraggio della chiarezza e della nettezza, e che abbia anche il coraggio della coerenza tra le parole e i fatti. Oggi partiamo”. Infiamma i presenti Maurizio Acerbo, segretario del Prc, altro avversario di Pisapia e delle alleanze con il Pd, che avverte la platea: “La sinistra non è diventata minoranza perché è stata estremista ma perché è stata cinica e politicante. Non ci presteremo al restyling di quelli che hanno perso il congresso Pd” conclude duramente all’indirizzo del “compagno Gotor, spero che non si offenda ad essere chiamato compagno”. E finisce l’intervendo salutando a pugno chiuso la platea: se ne alzano molti, nella foga dell’applauso.
Fin qui gli interventi dei ‘politici’ che si rompono la testa su come costruire la nuova alleanza della sinistra con i civici senza ricadere negli inevitabili errori e dejà vu. Ma la mattinata vede avvicendarsi sul palco oltre trenta interventi della società impegnata, per lo più proveniente dalle file del comitato del No. E – i più belli ed emozionanti – quelli di chi davvero ‘fa’ politica, concretamente, nei territori. E’ il caso, fra gli altri, di Andrea Costa, uno degli attivisti romani del Centro Boaobab Experience, presidio di cittadini volontari di aiuto e assistenza ai migranti, “torniamo a una sinistra che sappia fare disobbedienza civile”, dice, “su questo fronte non ci sono sfumature, ci sono sindaci del Pd che impediscono di distribuire cibo ai migranti”. Arriva il saluto e l’incoraggiamento di Francesca Koch, presidente della Casa internazionale delle donne, la benedizione degli ex magistrati Livio Pepino e Paolo Maddalena, di Francesca Redavid della Fiom, Giuseppe De Marzo di Libera. Pian piano si ricompone il presepe disperso della sinistra. Altri si aggiungeranno, è l’auspicio, strada facendo.
Altri invece forse lasceranno la strada: la pattuglia di Mpd in tarda mattinata lascia il teatro con visibile amarezza: “Ciò che ci unisce è molto più di ciò che ci divide. Dobbiamo lavorare con coraggio e forza per l’unità proponendo un programma che affronti temi cruciali come il lavoro, la riduzione delle diseguaglianze, a favore della scuola pubblica”, dice Gotor. Ma le prossime ore per Mdp saranno quelle dei chiarimenti. Scomoda la posizione dei bersaniani: contrari all’alleanza con il Pd offerta da Pisapia a Renzi, ma anche al rischio di finire in un fronte della sinistra.
Chiude Anna Falcone: “Ripartiamo da qui per poter dire domani: il 18 giugno 2017 è iniziato un percorso in cui tutti abbiamo fatto un passo indietro per farne uno storico in avanti. La nostra è una cultura di responsabilità e di governo, ma il governo ha senso se serve a realizzare degli obiettivi coerenti con quello a cui le persone hanno diritto. Il nostro è un orizzonte luminoso e ognuno di noi è una luce di questo orizzonte. Ci vediamo nei territori”. L’appuntamento è per una grande assemblea dopo l’estate. Intanto assemblee territoriali e analisi delle schede in cui i partecipanti del Brancaccio hanno indicato le loro priorità per un programma di governo. Da questa sala nessuno, o quasi, andrà il primo luglio a Santi Apostoli nella piazza di Pisapia. Dopo la giornata di ieri l’ex sindaco di Milano è considerato lontanissimo, già finito nell’abbraccio mortale di Renzi. Per questo che all’uscita in molti dirigenti di Sinistra italiana confidano che ora la lista unica della sinistra è più vicina: “Chi non ci sta, finirà nelle liste del Pd”, è la certezza. O forse la scommessa.
0 comments