I 14 ANNI DEL CENTRO SOCIALE
Un ritratto dell’Askatasuna di Torino. Dalle prime occupazioni (e sgomberi) alla sede definitiva a Corso Regina, con un giardino in condivisione con una scuola materna. La difesa dei migranti, l’attività nel quartiere, l’irruzione della polizia che sfascia tutto nel ’99, la partecipazione al movimento No Tav
I 14 ANNI DEL CENTRO SOCIALE
Un ritratto dell’Askatasuna di Torino. Dalle prime occupazioni (e sgomberi) alla sede definitiva a Corso Regina, con un giardino in condivisione con una scuola materna. La difesa dei migranti, l’attività nel quartiere, l’irruzione della polizia che sfascia tutto nel ’99, la partecipazione al movimento No Tav
TORINO. Askatasuna compie 14 anni. Un bel pezzo di storia quello passato dal centro sociale torinese, in realtà già attivo da prima del ’96, anno dell’occupazione dell’attuale sede, in corso Regina Margherita.
Quattordici anni di lavoro nel cuore di un quartiere popolare, Vanchiglia, che è vicino anche all’università e al centro della città. «Avevamo cercato di occupare lo stabile in cui si trova oggi Askatasuna – ricorda Ermelinda – già nel 1988. Ma siamo stati subito sgomberati. Il comune continuava a dire di avere dei progetti già decisi per quell’edificio. Che però continuava a rimanere vuoto». Continuando a tenere d’occhio i movimenti attorno alla palazzina di corso Regina, viene aperto il centro sociale Murazzi, sulla riva del Po. Un luogo simbolo, anche delle contraddizioni, della città della Mole. Qui si consumano tragedie che hanno per protagonisti/vittime i migranti. I Murazzi sono sempre in prima linea nella difesa dei diritti dei migranti. L’occhio rimane comunque su corso Regina. «Il nostro obiettivo – dice Andrea – era quello di occupare un posto in un quartiere popolare. Quando abbiamo constatato che l’attuale Aska rimaneva vuoto siamo passati all’azione». Il 16 novembre 1996 il collettivo dei Murazzi assieme a Cua (Collettivo Universitario Autonomo) e al Ksa (Kollettivo Studentesco Autorganizzato) occupa la palazzina di corso Regina. «Abbiamo immediatamente iniziato il percorso di collaborazione con il quartiere – dice Andrea – e lo abbiamo fatto ripulendo come prima cosa il giardino della palazzina che con una festa di inaugurazione è diventato spazio comune». E oggi quel giardino è in condivisione – «non una divisione dei giorni di utilizzo, una vera condivisione» ci tiene a sottolineare – con la vicina scuola materna che lo utilizza nei giorni infrasettimanali. Del resto la collaborazione con la scuola materna rientra nel più ampio lavoro comune fatto con il quartiere.
Da subito si è creato infatti un comitato di quartiere che con i giovani del centro ha messo in piedi strutture e iniziative importanti. Negli anni sono nati la LuPo (ludoteca popolare), la BiPop (biblioteca popolare), il Gap (gruppo di acquisto popolare) e la popolarissima (nel senso di frequentatissima) palestra popolare che ormai ha corsi tutti i giorni. Il comitato di quartiere organizza anche iniziative per i ragazzini, come i centri estivi autogestiti, nati grazie alla disponibilità dei genitori di prestare, a turno, il loro tempo per organizzare attività per i ragazzini.
Tra minacce di sgomberi e iniziative sempre più frequenti, Askatasuna diventa una realtà ben radicata nel quartiere. Il primo maggio del 1999 è una data importante per il centro sociale torinese. Askatasuna infatti partecipa alla manifestazione del primo maggio contestando la guerra voluta dall’allora premier di centro sinistra Massimo D’Alema in Kosovo. “Vergogna” c’è scritto nello striscione del centro sociale. Scatta la repressione, brutale, feroce. Una vendetta. Mentre i giovani stanno mangiando la grigliata al centro, dopo la manifestazione, la polizia fa irruzione nei locali. «I deportati in questura sono 114 – ricorda Ermelinda – la polizia distrugge tutto». Aggiunge Andrea che «si è trattato chiaramente di un’azione di ritorsione. Difficile dimenticare la violenza di quella giornata».
Una giornata che il regista Armando Ceste (scomparso prematuramente un anno e mezzo fa) fissa nel film “Rosso/Askatasuna (A proposito di un primo maggio di guerra)”. Armando raccontava così la sua determinazione nel realizzare questo film: «Mi ricordo che quel giorno non ero andato in piazza; ho dunque saputo degli incidenti e degli scontri dai giornali. Si capiva che fosse stata commessa una schifezza, ma non era chiaro cosa fosse accaduto. Passo spesso davanti all’Askatasuna; ultimamente mi ha colpito uno striscione enorme con la scritta “1-05-99 noi non scordiamo”. All’interno dell’Askatasuna ci sono molti spazi, fra questi uno è occupato da un gruppo teatrale. Uno dei ragazzi del gruppo mi parlò di quello che era successo e della loro intenzione di preparare uno spettacolo teatrale per raccogliere soldi per la ricostruzione del centro.
Ne parlai con Beppe Rosso, se aveva voglia di partecipare, e lui si dimostrò subito sensibile e pronto a fare uno spettacolo all’interno dell’Askatasuna. Abbiamo quindi organizzato a metà giugno questo spettacolo teatrale – Camminanti – dove si parla di intolleranza e di razzismo. Lo spettacolo andò bene, portandoci a contatto con una nuova realtà che, per ragioni sia storiche che anagrafiche, non conoscevamo. Prendendo a pretesto lo spettacolo, con Beppe, decidemmo di realizzare il film; non solo per raccontare la giornata del 1° maggio, ma anche per descrivere lo scontro tra due culture, dove il “diverso” (dall’immigrato allo squatter) viene come al solito criminalizzato, identificato col nemico».
Uno degli intervistati nel film di Ceste è Pasquale Cavaliere, consigliere regionale dei Verdi che si suicidò nel ’99 dopo altri due suicidi. Sole (Soledad Rosa) e Baleno (Edoardo Massari) erano due giovani anarchici che si opponevano alla costruzione del treno a alta velocità in Val Susa. Cavaliere fu l’ultima persona a parlare con Baleno. Una storia, quella della montatura giudiziaria contro i due giovani e il contesto in cui si muovevano, che rimane una delle pagine più nere per la città. «L’aggressione del primo maggio – dice Andrea – è stata per noi una sorta di prova di maturità. Abbiamo continuato con determinazione a crescere».
Alla cena di compleanno dell’Askatasuna, sabato scorso, c’era anche l’iniziativa di autofinanziamento dello sportello casa, un’altra realtà cresciuta nel centro sociale per combattere gli sfratti e dare sostegno legale a quanti hanno il problema della casa. Ci sono inoltre corsi di alfabetizzazione per migranti.
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