Un nuovo movimento politico adatto al nuovo scenario poltiico, in cui la sinistra basca cerca con tenacia la soluzione pacifica del conflitto
Sono più di trecento e stanno, semplicemente, seduti. Perché la fotografia che li ritrae ha un valore più reale che simbolico. Mettono la faccia su un nuovo progetto politico. Quasi tutti ex militanti di Batasuna, movimento dichiarato illegale dai giudici e dalla politica spagnola. Alle loro spalle c’è una elaborazione grafica che mostra linee rosse su un campo bianco a formare la sagoma del Paese basco e la scritta Gora Ezker abertzalea, “avanti la sinistra basca”.
Un nuovo movimento politico adatto al nuovo scenario poltiico, in cui la sinistra basca cerca con tenacia la soluzione pacifica del conflitto
Sono più di trecento e stanno, semplicemente, seduti. Perché la fotografia che li ritrae ha un valore più reale che simbolico. Mettono la faccia su un nuovo progetto politico. Quasi tutti ex militanti di Batasuna, movimento dichiarato illegale dai giudici e dalla politica spagnola. Alle loro spalle c’è una elaborazione grafica che mostra linee rosse su un campo bianco a formare la sagoma del Paese basco e la scritta Gora Ezker abertzalea, “avanti la sinistra basca”.
Il nuovo progetto è il futuro di Batasuna. Un nuovo movimento, un nuovo nome per un movimento che non sconfessa le sue radici politiche di oltre trent’anni di storia. Semplicemente aderisce a quella che è stata la proposta di una nuova fase di dialogo, di pace e di cammino tutto politico.
Ezker abertzalea, quello che fu Batasuna, vuole essere presente alle prossime e in tutte le elezioni che verranno, perché lo spazio di un movimento politico, quindi sociale, è la società stessa, quidi anche il luogo in cui la delega indica chi sia deputato a rappresentare le istanze della Politica. Lo statuto del nuovo movimento, quello su cui gli oltre trecento ci hanno messo la faccia, è tutto dentro quattro pagine fitte fitte. In realtà è il frutto di una sedimentazione e stratificazione di progetti, dibattiti, votazioni e condivisione di obiettivi che sta percorrendo le strade e i paesini di Euskal Herria da più di due anni. Il titolo del documento: “Verso un nuovo progetto politico e organizzativo”. Un cappello introduttivo sulle relazioni di mercato che reggono il mondo, su “un neoliberalismo che di fatto instaura una dittatura del mercato contro la volontà popolare dei popoli, nazioni e anche degli Stati”.
In un breve excursus storico si ricordano i passaggi chiave che hanno portato alla gabbia di statuti e leggi restrittive rispetto agli afflati di indipendenza, o meglio al diritto a decidere. Il documento è particolarmente chiaro, nelle parole e nella sintassi: di fronte a un nuovo scenario di soluzione del conflitto la sinistra basca rivendica i pilastri del nuovo movimento: indipendenza, la euskaldunizacion plena, (euskaldun è chi parla il basco, quindi lo sviluppo della propria lingua), il socialismo, giustizia e liberta per uno scenario di pace, il femminsimo, la solidarità internazionalista e antimperialista. L’ultimo punto, particolarmente importante e ricco di sottoparagrafi, riguarda la democrazia partecipativa letta come il “dare potere alla società rispetto al progressivo deterioramento della credibilità democratica delle istituzioni”.
Il finale utilizza ben tre paragrafi per ribadire in maniera differente lo stesso concetto, quello di una attività politica da esercitare “per vie sclusivamente pacifiche e democratiche, con il rifiuto della violenza e della minaccia come metodi per il raggiungimento di obiettivi politici”.
La Ley de partidos politicos licenziata dal parlamento spagnolo nel giugno del 2002, prevede la messa al bando di Batasuna secondo norme cucite in maniera sartoriale su quello specifico caso. E nessuna lista in cui vi fossero ex militanti, o che nascesse direttamente da quella esperienza doveva essere dichiarata legale. Un apartheid politico, come l’ha ribattezzato la sinistra basca, che non è riuscito a fermare la capacità di proporre e di svolgere politica, nonostante gli arresti e la difficoltà dell’agire politico in clandestinità. Oggi c’è una nuova proposta, che rivendica il proprio agire politico in uno scenario di assenza di violenza o coazione. Alla classe politica spagnola, al governo Zapatero, non basta. “Prima, comunque, i militanti della sinistra basca dovranno dire che rompono con Eta”, è stata l’immediata reazione. Dovranno, insomma, rinnegare Eta.
Parole che suonano come un pericoloso ritorno all’abiura, ai tempi delle confessioni estorte con la tortura, dove il condannato, martoriato dai boia della santa inquisizione, finiva comunque con l’eliminazione del presunto eretico. Il nuovo movimento si proporrà per la competizione elettorale. A otto anni dall’introduzione di una legge che ha discriminato oltre centocinquantamila elettori, la speranza che è questa volta il ‘nero su bianco’ del documento sia sufficiente per i censori di Madrid. Sempre consapevoli che i diritti si esigono, e mai si appendono – nei Paesi democratici – alle speranze.
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