Daria Bonfietti
Superate le trentamila firme. Parla il presidente dell’associazioni dei familiari delle vittime di Ustica: “La politica controlli di più il funzionamento della nostra democrazia”
Daria Bonfietti
Superate le trentamila firme. Parla il presidente dell’associazioni dei familiari delle vittime di Ustica: “La politica controlli di più il funzionamento della nostra democrazia”
ROMA -“Apriamo gli archivi, ma allo stesso tempo la politica controlli di più il funzionamento della nostra democrazia”. Daria Bonfietti, presiede l’associazione dei familiari delle vittime della strage di Ustica. C’è anche lei, insieme a migliaia di altre persone (oltre trentamila), tra i firmatari dell’appello per far cadere ogni tipo di segreto sui documenti riguardanti le stragi ed aprire gli archivi. Tanta gente si sta muovendo per chiedere al governo di dire no all’ipotesi, avanzata dalla commissione Granata, di reiterare il segreto di Stato dopo trent’anni. Tutti insieme per chiedere all’esecutivo di mettere mano ad una vicenda che tocca nervi scoperti del nostro Paese.
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LO SPECIALE
Ma qualcosa si muove. Venerdì Il presidente del Copasir Massimo D’Alema ha risposto all’appello chiedendo “che si faccia luce sui sospetti di eventuali deviazioni”. Altre firme si sono aggiunte anche in queste ore. “Finalmente non si muovono solo le associazioni dei familiari ma anche tanti cittadini comuni che reclamano un diritto inalienabile: la verità” dice Bonfietti.
L’eventuale apertura degli archivi riguarderebbe alcune vicende “collaterali” ai grandi misteri italiani. Lei si aspetta grandi novità?
“Si tratta di luoghi mai raggiunti e quello che è contenuto potrebbe essere messo a disposizione dei magistrati, degli storici e anche dei singoli cittadini. Non penso salteranno fuori cose clamorose, ma, a volte, anche da certe assenze o da certe distruzioni di documenti si possono capire le cose”.
A maggior ragione dopo la sentenza su piazza della Loggia.
“Non c’è dubbio che quella è stata una scossa decisiva”
Cosa chiedete nell’appello?
“Vogliamo che venga data piena attuazione alla legge che regola il segreto di Stato. La legge prevede che, passati al massimo trent’anni dalla data in cui è stato apposto il segreto sull’evento e sui relativi documenti o dalla data in cui sia stato opposto al magistrato che indagava, tutti i documenti che si riferiscono all’evento siano resi pubblici e consultabili. Ad oggi, però, mancano i decreti attuativi”.
Chiedete archivi aperti e più trasparenti. Si potrebbe replicare che la ragion di Stato deve essere tutelata.
“Mi pare una visione limitata e di poco spessore. Sapere le cose serve a conoscere meglio la storia del nostro Paese. Riguardo agli archivi, però, non è solo un problema di aprirli, ma anche di tenerli nella giusta maniera. Mi sono accorta che quello che deve essere nascosto “veramente” è archiviato “meno bene”. Paradossalmente per tenere occultato un segreto si violano le norme che lo dovrebbero proteggere. E non credo sia un caso…Per questo chiedo che la politica prenda in carico la questione di chi gestisce, manovra e si occupa di questi archivi. In quei luoghi ci devono stare persone che hanno a cuore lo Stato”.
Altro punto dell’appello è la richiesta alle istituzioni di attivarsi per il buon esito delle rogatorie internazionali.
“Esatto, perché una volta che il magistrato chiede una rogatoria, se trova resistanza da parte del Paese estero, tutto si ferma. Ed è per questo che le nostre istituzioni dovrebbero scendere in campo e far sentire tutto il loro peso”.
Il governo vi ha risposto?
“No, forse ha altre cose più importanti da fare.”
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