Contro il modello Marchionne

In tanti oggi attraverseranno le strade e le piazze di Roma con la Cgil per chiedere un cambiamento radicale dello stato di cose. Non si accontentano di mandare a casa Berlusconi, vogliono poter costruire insieme un futuro diverso, più umano e meno mercificato e precario. La Cgil dovrà  farsi carico di questa domanda, con i mezzi e i ruoli che competono a un sindacato. Insomma, ci vorrebbe uno sciopero generale. Anche per quel che sta succedendo a Torino.

In tanti oggi attraverseranno le strade e le piazze di Roma con la Cgil per chiedere un cambiamento radicale dello stato di cose. Non si accontentano di mandare a casa Berlusconi, vogliono poter costruire insieme un futuro diverso, più umano e meno mercificato e precario. La Cgil dovrà  farsi carico di questa domanda, con i mezzi e i ruoli che competono a un sindacato. Insomma, ci vorrebbe uno sciopero generale. Anche per quel che sta succedendo a Torino.
C’era una volta Mirafiori, il gigante italiano delle automobili e c’era una volta la Fiat. C’era una volta il contratto nazionale di lavoro e c’era una volta il modello sociale europeo. Lo scenario nel XXI secolo d.c. (dopo Cristo) parla una lingua vicina all’inglese e prevede tante società per quante fabbriche ci saranno – se ci saranno. Il nome che apre la porta a un nuovo modello sociale è Newco: si chiude una società e se ne apre una nuova color giallo, alla (ri)assunzione ogni lavoratore dovrà firmare gli accordi sottoscritti da tutti, o solo da qualche sindacato amico. Siamo ai contratti individuali. La Fiat sognata da Marchionne, americana e defiommizzata, è uno spezzatino di aziende da mettere sul mercato, far fruttare per vendere automobili o vendere tout court al miglior offerente, spremendo oltre ogni limite fisiologico gli operai, senza vincoli, senza scioperi, senza giudici tra i piedi. Senza pietà. Turni di dieci ore al giorno più un po’ di straordinario se serve a saturare gli impianti, e i cocci di chi si rompe si restituiscono alla famiglia e alla fiscalità generale. Di ogni stabilimento si può discutere con i sindacati, ma uno alla volta: il piano generale è nella testa e nelle mani di Marchionne, chi mi ama mi segua. In Italia si deve “fare”, come in America, mica chiacchierare.
Poi, se vogliono dare una spruzzata di democrazia apparente e di partecipazione militarizzata, i sindacati trasformati in guardiani della rivoluzione di Marchionne possono sempre indire un referendum: siete pronti a baciare il rospo o rinunciate a lavorare? Ma che volete, a Mirafiori o come diavolo si chiamerà in inglese investiremo 1 miliardo e faremo costruire a tanti operai, più di quelli attuali e va da sé obbedienti, la carrozzeria di un magnifico Suv (te la do io la svolta ecologica) con un motore costruito oltre Atlantico in 250 mila unità. Mercato permettendo, e solo a partire dalla metà del 2012. Prima, ai residui operai vecchio modello sarà regalato qualche frammento di produzione declinante e tanta cassa integrazione. La Fiat non chiede soldi allo stato.
Marchionne propone un modello generale di relazioni all’Italia. Cerca di imporlo ai suoi dipendenti e siccome tutti i suoi colleghi vogliono fare come a Pomigliano, e il governo, per quanto moribondo, ha asfaltato la strada ai moderni padroni del vapore, anche in politica si vuole fare come a Pomigliano, a Melfi e a Mirafiori. Si parla più di Montezemolo che di Montecitorio. L’opposizione sembra (o finge di) non accorgersi che alla Fiat si sta giocando una partita generale, e aspetta di vedere come andrà a finire la guerra tra le due destre che hanno introiettato il modello Marchionne, limitandosi a tifare per una delle due. Peggio, l’opposizione cerca alleanze con Marchionne e Marcegaglia per mandare a casa Berlusconi. Dei sindacati guardiani della rivoluzione meglio tacere. Che ci resta, allora? Ci restano le centinaia di migliaia di persone che il 16 ottobre si sono strette intorno alla Fiom, ci restano gli studenti in rivolta in tutta Italia, ci restano i precari e tutti quelli che si battono in difesa dei beni comuni e del territorio.

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