GENOVA. In corteo medi e universitari occupano i binari della stazione

In preparazione assemblee e cortei fino a martedì prossimo, quando il decreto Gelmini torna alla Camera

In preparazione assemblee e cortei fino a martedì prossimo, quando il decreto Gelmini torna alla Camera

GENOVA. Hanno occupato il nodo ferroviario della stazione di Principe, gli studenti degli istituti medi superiori, gli universitari e ricercatori precari che ieri hanno manifestato con un corteo contro la riforma Gelmini. Scandendo «se ci toccano il futuro noi blocchiamo la città», un migliaio di manifestanti ha occupato i binari riuscendo a bloccare tutti i treni.
La giornata di mobilitazione è cominciata con un corteo di studenti medi, il quarto in due mesi dopo che da alcune settimane hanno lanciato l’autogestione a staffetta (al momento sono 6 le autogestite). Con lo striscione che da tempo portano in giro in testa «nell’ignoranza la sottomissione nella conoscenza la ribellione», da piazza Caricamento hanno puntato sulla Stazione marittima dove nel pomeriggio era atteso il ministro Alfano (e infatti non mancavano le forze di polizia a distoglierli da ogni tentazione). Il corteo è così proseguito verso via Balbi per unirsi agli universitari, protagonisti l’altro ieri con i ricercatori precari di un’occupazione del rettorato con movimentato incontro col prorettore vicario. Tutti insieme hanno fatto inversione a U (loro e le camionette dei carabinieri) e sono tornati verso la stazione ferroviaria di Principe.
Dopo un diversivo in piazza Acquaverde dove davanti a lavori in corso e spiegamento di poliziotti in tenuta antisommossa a presidio della biglietteria risultava difficile sfondare, hanno tirato dritto. Tenendosi a braccetto in prima fila si sono all’improvviso buttati contro il cancello da dove passano mezzi e ferrovieri dall’entrata secondaria di via Andrea Doria. E via, quelli corrono già sul binario morto, raggiungono il primo binario e son sulle massicciate. In pochi minuti ogni binario ha uno striscione e un grumo di facce: «Non si gioca al ribasso col nostro futuro»; «La scuola è morta», scrivono i ragazzi del liceo artistico Paul Klee. «Sciopero generale subito, uniti contro la crisi», un altro striscione. Per l’entusiasmo ci sono anche pezzi di associazionismo, qualcuno dei centri sociali, medici che curano gli immigrati.
Dopo mezz’ora tutti fuori e via, finiscono nuovamente in via Balbi dove occupano per un po’ il rettorato. Al megafono si sente «non ci rappresenta nessuno» e «né ministri, né governi ci fermeranno». «Vogliamo un futuro che ci appartenga – grida il portavoce dell’Udi, l’unione degli studenti – non vogliamo morire precari, qui ci levano tutto, persino l’acqua potabile». Poi via di nuovo, il corteo riprende corpo, e decide di andare in prefettura in segno di solidarietà con la ventina di ragazzi romani denunciati per aver tentato di entrare al Senato.
Il serpentone finisce all’università di architettura all’una. Una nuova assemblea termina con l’impegno di fare altre azioni lunedì mattina, un altro corteo lunedì pomeriggio in vista di martedì quando la riforma Gelmini torna in discussione alla camera.

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