Trattativa mafia-Stato, l’ex guardasigilli interrogato dai pm di Palermo. Messineo e i suoi sostituti avevano molti documenti acquisiti al Dap al Viminale. L’incontro alla Dia a Roma. I pm: non furono 140 ma 300 i mafiosi ai quali fu annullato il 41 bis
Trattativa mafia-Stato, l’ex guardasigilli interrogato dai pm di Palermo. Messineo e i suoi sostituti avevano molti documenti acquisiti al Dap al Viminale. L’incontro alla Dia a Roma. I pm: non furono 140 ma 300 i mafiosi ai quali fu annullato il 41 bis
ROMA – «Nel 1993 non c´è stato neppure il barlume di una possibile trattativa». L´ex ministro della Giustizia Giovanni Conso lo ripete più volte nelle tre ore e mezza di audizione davanti ai magistrati della Procura di Palermo, nella sede centrale della Direzione investigativa antimafia. «La scelta di non rinnovare il 41 bis a 140 mafiosi reclusi all´Ucciardone, nel novembre 1993, fu il frutto di una mia decisione solitaria, per fermare la minaccia di altre stragi»: il Guardasigilli dell´epoca ribadisce quanto detto nei giorni scorsi alla commissione parlamentare antimafia. E tiene a precisare: «È trascorso molto tempo, i miei ricordi sono vaghi».
I pm di Palermo hanno mostrato a Conso alcuni documenti acquisiti in questi giorni al dipartimento dell´amministrazione penitenziaria. Non furono 140, ma circa 300 i mafiosi che si videro revocare il carcere duro. Erano detenuti a Palermo, ma anche in altri penitenziari italiani. L´ex ministro ha preso atto della documentazione mostrata dai magistrati e ha ribadito: «Fu una scelta personale, non la comunicai a nessuno. La decisione non era un´offerta di tregua o per aprire una trattativa. Cercavo solo di fermare altre stragi».
Davanti a Conso ci sono il procuratore Francesco Messineo, l´aggiunto Antonio Ingroia, i sostituti Nino Di Matteo e Paolo Guido. All´audizione dell´ex ministro della Giustizia i pm sono arrivati con molti documenti, quelli acquisiti nei giorni scorsi anche al Viminale, dopo l´audizione dell´ex direttore generale del Dap Nicolò Amato, che ha parlato di un comitato nazionale per l´ordine e la sicurezza, convocato il 12 febbraio 1993, per discutere pure del carcere duro. Amato scriveva di quella riunione anche in una nota inviata al capo di gabinetto del ministro Conso, il 6 marzo 1993: «Da parte del capo della polizia sono state espresse riserve sulla eccessiva durezza di siffatto regime penitenziario. Ed anche recentemente da parte del ministero dell´Interno sono venute pressanti insistenze per la revoca dei decreti applicati agli istituti di Poggioreale e di Secondigliano». I magistrati di Palermo hanno inviato la Dia al Viminale, per acquisire gli atti del comitato. Ed è sorto subito un giallo dopo la lettura del verbale di quel 12 febbraio: non c´è alcun cenno al carcere duro. I pm cercano adesso la relazione del capo della polizia Vincenzo Parisi. E presto potrebbero tornare a convocare l´allora ministro dell´Interno Nicola Mancino, che nella sua audizione a Palermo non ha fatto alcun riferimento al dibattito di quei mesi sulla revoca del carcere duro. Questo è diventato il vero giallo dell´indagine sulla trattativa Stato-mafia: all´inizio del ´93, pochi mesi dopo le stragi Falcone e Borsellino, la posizione ufficiale del governo era la linea dura contro i boss: invece, in alcuni autorevoli consessi si sarebbe discusso di smantellare il 41 bis. Erano i mesi in cui il boss Bernardo Provenzano diceva ai suoi che presto il carcere duro sarebbe stato spazzato via. Come faceva a saperlo? Chi l´aveva rassicurato?
Questa mattina, in commissione antimafia, il senatore del Pd Giuseppe Lumia chiederà di acquisire tutte le relazioni dei comitati nazionali per l´ordine e la sicurezza convocati al Viminale fra il ´92 e il ´93.
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