Esce un'antologia degli storici "giornalini" del Movimento grazie agli archivi di Dario Fiori .   Si chiamavano "A/Traverso", "Zut", "Cospir/azione", "Nuvola rossa": venivano realizzati grazie al sistema a stampa dell'offset  ">

Totò, mao e fotomontaggi la rivolta grafica del ’77

Esce un’antologia degli storici “giornalini” del Movimento grazie agli archivi di Dario Fiori .   Si chiamavano “A/Traverso”, “Zut”, “Cospir/azione”, “Nuvola rossa”: venivano realizzati grazie al sistema a stampa dell’offset 

Esce un’antologia degli storici “giornalini” del Movimento grazie agli archivi di Dario Fiori .   Si chiamavano “A/Traverso”, “Zut”, “Cospir/azione”, “Nuvola rossa”: venivano realizzati grazie al sistema a stampa dell’offset 

Cosa desideravano i giornalini “desideranti” del ´77? «Noi volevamo soprattutto creare un oggetto grafico», dice oggi con sorprendente modestia Franco “Bifo” Berardi del suo A/Traverso, che fu il più famoso di tutti. Un po´ poco? Negli anni della rivolta giovanile si sognavano ben altre palingenesi. Ma prova a risfogliarle ora, tutte assieme, quelle fanzine beffarde, folli e spudorate, in questo foglione-antologia che un po´ gli somiglia (La rivoluzione della creatività, Cigra editore, in edicola a 5,5 euro), messo assieme da Bifo stesso e dalla libraia milanese Emanuela Biliotti con il prezioso archivio lasciato da Dario Fiori, architetto e grafico milanese scomparso due anni or sono, originale spirito anarchico e assieme collezionista scrupoloso di quella pubblicistica incontrollabile di cui lui stesso era stato animatore, e che sola, oggi, ci restituisce il calore di un periodo che dissipò ogni eredità. Bene, t´accorgi che una rivoluzione c´era davvero, su quelle pagine, una delle tante rivoluzioni geniali di allora, abortite, anzi soffocate dalla micidiale tenaglia droga-proiettili degli “anni di piombo”.
Ironia: era proprio il piombo che i giornali “trasversali” del Movimento sfidavano e sbertucciavano. Il severo piombo tipografico con cui si confezionavano ancora i quotidiani dell´epoca. L´autonominato proletariato giovanile aveva invece scoperto l´offset e la sua inedita leggerezza. Arrivato in Italia da pochi anni, nipote della litografia, ideale per piccole tirature commerciali, l´offset era un sistema di stampa favolosamente versatile: qualsiasi cosa tu potessi scrivere, dattilografare, incollare, disegnare su un foglio di carta potevi anche vederla stampata in poche ore, grazie al trasporto fotografico su una matrice di alluminio. «A/Traverso lo facevamo a casa mia, in dieci o quindici attorno a un tavolo, con le forbici e la colla». Una libertà creativa mai vista prima. Ne approfittarono a man bassa, a Torino, Milano, Roma, Bologna ma anche a Varano Brianza o Castrovillari, scoperta elettrizzante, giornali senza direttore e senza copyright, effimeri per vocazione, quasi tutti numeri unici, titoli trasversali e sghignazzanti, Bi/lot, Cospir/azione, Wam, Wow, Zut, La pera è matura, Harpo´s Bulletin, Nuvola rossa…
C´era stato, certo, il ciclostile, medium principe del ´68. Quanto ad accessibilità, altrettanto democratico. Ma prigioniero della sua gabbia gutenberghiana. Niente immagini, solo parola scritta. Lettura sequenziale, gerarchica. Con l´offset, salta prima di tutto questo schema. Vogliamo tutto? Sulla pagina lo possiamo avere. Ritagli, di giornale, fotomontaggi, lettering audace, i caratteri letterpress che infrangono l´allineamento militare delle righe, la riscossa della calligrafia che intanto invadeva i muri delle università. Su quelle pagine deliranti fra Totò e Mao, ecco il ritorno della follia dadaista, del fotomontaggio politico tedesco, tutto cospirava per rompere la “gabbia” tipografica e quella ideologica. Come tutti i media, l´offset fu il messaggio, non solo lo strumento.
Eppure non era ancora lo strumento perfetto. Funzionò in mancanza di meglio. Quell´editoria senza editori puntava in realtà a una cosa che non era ancora fattibile: l´identità fra autori e lettori, l´interattività assoluta. Il ciclostile era stato la perfetta incarnazione dell´ideologia sessantottina: un´avanguardia parla alle masse, il flusso è pedagogico e unidirezionale. I fogli del ´77 invece prefiguravano la circolarità dei blog. Il Movimento scriveva, il Movimento leggeva, il Movimento commentava. Per il feedback, però, in attesa di Internet, bisognava ricorrere a un diverso medium: la radio. La radio libera, più la telefonata in diretta: schema Radio Alice. Il militante con il foglio in tasca chiamava dalla cabina durante il corteo, e il cerchio si chiudeva.
Imbevuti del primo Baudrillard, i figli del ´77 volevano sovvertire la realtà rompendo il suo specchio tipografico autoritario. Generosamente ingenui, dopo la morte del Movimento videro le loro invenzioni scippate e normalizzate dalla grafica dei magazine di moda e della pubblicità. E qualcuno dei creativi di allora, in questa nemesi d´inchiostro, ci si sporcò volentieri le dita. Non Fiori, che morì senza smentirsi, lasciandoci un tesoro di contro-cultura della pagina.

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