Amministrative Roma. Raggi e Giachetti rispondono a Fassina su Huffington Post, metallica lei, piacione lui, ma tutti alla ricerca di un tesoretto utile alla vittoria. Alta tensione in Sinistra italiana. Giordano: la scheda bianca è un tragico errore
ROMA Metallica lei, piacione lui. Entrambi hanno sfoderato tutto il vocabolario caro alla sinistra-sinistra, facendo mostra di padroneggiarlo con disinvoltura. Virginia Raggi e Roberto Giachetti rispondono alle domande rivolte da Stefano Fassina, a mezzo Huffington Post, ai due candidati del ballottaggio per il Campidoglio. Lei con tono formale – del resto perfettamente adatto al richiedente che si nomina come «il sottoscritto» – lui invece con lo stile friendly, pardon amicone, che è tutto suo ma che ricorda così tanto quello del primo Rutelli. Parte il «sinistrometro».
Al candidato di Sinistra per Roma, per lo più snobbato dai due in campagna elettorale (ma no, giura Giachetti, «ho chiesto più volte di confrontarmi con te in passato») stavolta i due rispondono solleciti: non è andato bene, e però oggi quel tesoretto di quasi sessantamila voti (il 4,45 per cento) può essere determinante per l’una e per l’altro. Fassina lo sa, e adesso consuma con calma la sua scelte. In realtà quasi da subito ha parlato di scheda bianca o scheda nulla, facendo saltare i nervi a parecchi compagni della sua Sinistra italiana.Nel nuovo abbozzo di partito la scelta «scheda bianca», peraltro quasi un debutto nella sinistra politica, viene considerata da alcuni «un tragico errore». Lo ha scritto Franco Giordano, ex segretario di Rifondazione, ieri sull’Unità giornale ovviamente a caccia di voti per i candidati Pd, da Roma a Torino a Milano. Il giorno prima sulle stesse colonne Ciccio Ferrara, deputato di Si, metteva in guardia dall’abbandonare la sfida di un centrosinistra «modello Zedda», il sindaco di Sel vittorioso a Cagliari, in coalizione con il Pd. Giordano spiega che «quando c’è la destra bisogna votare contro la destra»: e però parla dei 5 stelle. Non è un mistero che molti, vicini a Fassina, tirano per i 5 stelle. E lo stesso Fassina ha sempre usato toni durissimi su Giachetti, avversario interno anche ai tempi del Pd. La rottura in Si è solo rinviata.
Intanto Fassina, dopo aver issato la scheda bianca, ha capito che invece poteva far fruttare meglio il suo piccolo ma utile capitale di voti, e quindi ha rivolto cinque domande ai due: rinegoziazione del debito, referendum per le Olimpiadi 2024, zero consumo di suolo, no alle privatizzazioni di Ama, Atac, Acea, Farmacap e Assicurazioni di Roma (e piena attuazione al referendum sull’acqua) e infine riscrittura della delibera 140 per «dedicare il patrimonio immobiliare del Comune di Roma a fini sociali».
I due ce l’hanno messa tutta per corteggiare il lettore ’de sinistra’. Chi ha vinto? Fassina per ora si è limitato a un laconico ringraziamento su twitter. Sul debito Raggi segna il primo punto promettendo la rinegoziazione del mutuo che serve a pagarlo (Fassina la pensa uguale) ma anche attaccando la «Troika all’interno del governo del Pd che ha messo le mani sulla Capitale e che tutt’oggi, con Giachetti-Renzi-Verdini ha intenzione di svenderla al miglior offerente». Naturalmente i risparmi andranno agli asili pubblici e alle scuole comunali e alle insegnanti «fin qui completamente abbandonate». Ma anche Bobo Giachetti risponde sì: rinegoziazione del mutuo e risorse liberate «in via prioritaria alla spesa sociale».
Sulle Olimpiadi, si sa, Giachetti parte con handicap. Lui è per far svolgere a Roma il grande evento, ed ha incassato l’endorsement (indiretto ma efficace) del capitano Totti. Qui il candidato Pd spiega all’ex competitor che i soldi che sarebbero destinati alla città per le Olimpiadi diversamente non arriverebbero nelle casse comunali. E sulla consultazione non è d’accordo «andava fatto prima», dice spargendo sale sulle ferite aperte e ricordando che Sel votò sì ai tempi di Ignazio Marino «ad ogni modo, se saranno raccolte firme sufficienti il referendum si terrà». Ma qui non fa punto neanche Raggi, che vuole i voti di sinistra ma di più quelli dei romanisti. Quindi pattina sull’argomento: «La posizione di M5S sulle Olimpiadi non è pregiudizialmente sfavorevole, ma la Capitale ha la necessità di occuparsi prima dell’ordinario e poi dello straordinario».
Segna un punto invece sul consumo di suolo: non solo per la risposta durissima che scrive, lei o chi per lei, ma anche per una cosa che nel post non c’è ma si sa: ha chiesto all’urbanista Paolo Berdini di fare l’assessore, un uomo impegnatissimo a sinistra e intransigente detrattore del «Modello Roma» di Rutelli e Veltroni. Musica per le orecchie di Fassina. Sulle privatizzazioni promette la difesa «strenua» del 51 per cento di Acea e l’attuazione del referendum del 2011, ma quanto al management «si faranno le opportune valutazioni». E cioè usa una grande cautela dopo le affermazioni che le avevano fatto piovere critiche pesantissime (avevano accusata di aver fatto perdere l’Acea in borsa). Sì al controllo pubblico delle aziende dei servizi. Qui Giachetti, da deputato del partito che ha maciullato il risultato del referendum in aula, invece ha bisogno di molte parole per spiegarsi: «Non abbiamo in programma di intervenire sull’assetto proprietario di natura pubblica di Acea, Ama e Atac», ma su Assicurazioni di Roma e Farmacap «valuteremo». Giachetti con onestà non vuole fare una parte del contrario pregiudiziale alle privatizzazioni, che non è sua: «È impensabile», scrive, «che aziende non strategiche con le loro perdite consumino risorse che potremmo utilizzare meglio altrove».
Così come la delibera sul patrimonio pubblico: Giachetti non fa finta di non capire e dice che è pronto a riesaminarla, ma niente buonismo: «Si debbono trovare meccanismi per equilibrare la prima esigenza – quella economica – con un’altra, altrettanto importante, di carattere sociale». Qui Raggi affonda: rivendica di essersi confrontata «con le realtà sociali al Nuovo Cinema Palazzo» (c’era anche Fassina, ma non Giachetti, e lo sottolinea), e improvvisa una grande attenzione per «tutti quei cittadini che si attivano e si mobilitano per fini sociali fungendo da aggregatori culturali nei quartieri». Né mette meccanicamente al primo posto «il rispetto della legalità», come aveva fatto incautamente in un’intervista al manifesto prima del voto. Deve averla fatta riflettere anche la contestazione ricevuta al Parco Schuster, durante un comizio, da parte dei militanti dei movimenti della casa, Action in prima fila, che avevano denunciato pubblicamente che la signora non aveva neanche voluto riceverli. Ora si è fatta più furba, e al tema stavolta arriva più morbida: serve un bando, «ciononostante è evidente che chi negli ultimi anni ha dimostrato concretamente di essere parte socialmente attiva debba ricevere adeguata considerazione». Una mezza – non più di mezza – promessa di messa a valore delle occupazioni a scopo sociale in atto.
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