Ciao Luca, ragazzo del lungo ’68 italiano

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L’addio a Luca Cafiero. Il movimento studentesco, la cultura antifascista della Resistenza, le lotte operaie. In questo formidabile mix ragionava, agiva e sognava la sinistra che vogliamo ricordare

Parlare di Luca Cafiero, con gli occhi velati dalla commozione, significa affondare le mani in un periodo storico con cui ancora nessuno, a distanza di tanto tempo, può dire di avere fatto i conti in modo compiuto. Mi riferisco al lungo ’68 italiano, che durò almeno fino alla prima metà degli anni Settanta in ragione di una singolarità che lo distinse da tutte le altre esperienze di un movimento che ebbe dimensione mondiale. Un movimento antisistemico paragonabile, per estensione geografica, concentrazione temporale e impatto socioculturale solo con quello del 1848, secondo studiosi come Arrighi, Hopkins e Wallerstein.

La singolare durata del ’68 italiano fu dovuta all’incontro tra due figure sociali: lo studente della nuova scuola di massa, partorita dalle lotte espansive del welfare state condotte dal movimento operaio e democratico e l’operaio della catena di montaggio, scaturito dalle innovazioni tecnologiche e dai giganteschi processi migratori Sud-Nord. Ma la vita di Luca Cafiero non è solo il ’68. C’è un prima e un dopo, che aiuta a capire quella singolarità e l’evoluzione di una generazione e di quella cultura comunista che seppe innovarsi grazie all’incontro con i movimenti.

Cafiero, nato a Napoli, approda a Milano dopo un’infanzia a Torino e studia al liceo Berchet. Qui dà vita a una cellula della Federazione giovanile comunista italiana, fatto eccezionale in quegli anni, quando il Partito comunista non riusciva a raggiungere il mondo della scuola. Da quel momento Luca inizia un percorso politico e intellettuale che lo porta a incrociare la migliore coscienza critica della sinistra comunista milanese. Sviluppa, assieme ad altri, un disagio nei confronti dell’ortodossia, che si acuisce con l’invasione dei carri armati sovietici in Ungheria. Ebbe occasione in quel periodo, e fu l’unica, di incontrare, assieme ad altri studenti, Palmiro Togliatti, che però liquidò sbrigativamente le perplessità di quei giovani sui fatti d’Ungheria.

Quel disagio irrisolto lavorò nella mente di Luca aprendola alla nuova avventura che maturò con il movimento studentesco, del quale divenne animatore e dirigente fin dai suoi prodromi, abbandonando il Pci. Il movimento studentesco milanese non nacque su un terreno vergine di culture ed esperienze politiche. A differenza di altri percorsi formativi – come quello di Mario Capanna che segnarono il suo ruolo fondamentale nella nascita del movimento – la storia personale e politica di Luca Cafiero e di Turi Toscano muoveva criticamente dall’interno di quella del movimento operaio politico italiano, dalle sue principali anime. Senza restarne prigionieri.

Fu questo background culturale che permise al movimento studentesco milanese di legarsi alla cultura resistenziale, all’obbiettivo della «democrazia progressiva», all’antifascismo come una costante ben viva per la sinistra; di stabilire un rapporto critico ma mai contrappositivo nei confronti del movimento sindacale italiano; di cogliere appieno la grande novità dei consigli di fabbrica, con cui per la prima volta la democrazia varcava i muri dei luoghi di lavoro, e più tardi di respingere ogni compiacenza verso la lotta armata e persino di intuire le potenzialità di una unione federale europea. Lo stesso «stalinismo» – un cliché cui fummo condannati più per certe esteriorità, che non per effettive convinzioni – venne rivisitato come parte della complessa storia del movimento comunista internazionale, nella quale privilegiavamo la svolta contro le teorie del socialfascismo, sancita dalla relazione di Dimitrov al congresso del Comintern del ’35, che aprì la strada ai Fronti Popolari e a una funzione di guida nella lotta al nazifascismo. La splendida «Stalingrado» degli StormySix fu uno dei frutti, sul piano artistico, di quelle discussioni.

La unificazione con il Pdup da parte del Movimento Lavoratori per il Socialismo, che nacque nel 1976, fu opera della direzione di Luca Cafiero divenutone segretario dopo la prematura scomparsa di Toscano. Non avvenne senza contrasti e divisioni, ma neppure fu una conversione improvvisa. Si fondava su quella continuità di pensiero e azione. Partì da una convergenza elettorale e poi si trasformò in unità vera e profonda, senza rivendicazioni di primarie. Qualcosa potrebbe insegnare ancora adesso.

Seguì la successiva confluenza nel Pci, che con l’ultimo Berlinguer pareva potere assumere ruolo e politiche ben diversi, traditi dalla svolta della Bolognina, cui rispose la nascita di Rifondazione Comunista. A quel punto Luca Cafiero preferì, senza interrompere mai un sodalizio intellettuale e politico con Lucio Magri, tornare a dedicarsi prevalentemente all’insegnamento e agli studi filosofici. Continuando a ripensare in modo antiretorico e realistico al significato di quella straordinaria esperienza che insieme abbiamo vissuto.

«Se siamo riusciti a realizzare qualcosa – ci ha detto nell’ultimo appunto lasciatoci – non lo dobbiamo solo né tanto al fatto che eravamo allora ragazze e ragazzi di buoni sentimenti e di buona volontà, ma perché abbiamo, nonostante ingenuità ed errori, praticato una buona politica, di valori, di progettualità alte e ambiziose, e soprattutto di analisi critiche riteneva lo studio e il sapere una componente essenziale per ogni progetto di cambiamento». E tu Luca, ci hai condotto per mano lungo questa strada.

La commemorazione funebre di Luca Cafiero verrà tenuta martedì 15 marzo alle 11 nel piazzale antistante la Camera del Lavoro di Milano in corso di Porta Vittoria 43

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