Il congresso del Pc cubano è stato convocato per l'aprile prossimo, a più di tredici anni dal precedente. Il documento che l'accompagna fissa i principali cambiamenti di politica economica e sociale necessari per la «attualizzazione» (la sopravvivenza?) di un «modello socialista» che non regge più. Ma le incognite e i rischi sono molti

L'AVANA
Dopo una lunga attesa e diversi rinvii, il Partito comunista cubano, che sta al governo e regge la politica dell'isola caraibica, ha convocato il suo sesto congresso, fissato per l'aprile 2011. Quello precedente ebbe luogo nel 1997, più di tredici anni fa. ">

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Il congresso del Pc cubano è stato convocato per l’aprile prossimo, a più di tredici anni dal precedente. Il documento che l’accompagna fissa i principali cambiamenti di politica economica e sociale necessari per la «attualizzazione» (la sopravvivenza?) di un «modello socialista» che non regge più. Ma le incognite e i rischi sono molti

L’AVANA
Dopo una lunga attesa e diversi rinvii, il Partito comunista cubano, che sta al governo e regge la politica dell’isola caraibica, ha convocato il suo sesto congresso, fissato per l’aprile 2011. Quello precedente ebbe luogo nel 1997, più di tredici anni fa.

Il congresso del Pc cubano è stato convocato per l’aprile prossimo, a più di tredici anni dal precedente. Il documento che l’accompagna fissa i principali cambiamenti di politica economica e sociale necessari per la «attualizzazione» (la sopravvivenza?) di un «modello socialista» che non regge più. Ma le incognite e i rischi sono molti

L’AVANA
Dopo una lunga attesa e diversi rinvii, il Partito comunista cubano, che sta al governo e regge la politica dell’isola caraibica, ha convocato il suo sesto congresso, fissato per l’aprile 2011. Quello precedente ebbe luogo nel 1997, più di tredici anni fa. Contemporaneamente all’annuncio del conclave, dato dal secondo segretario del partito (il primo è ancora Fidel) e presidente della repubblica Raúl Castro, è stato reso pubblico e messo in circolazione, in migliaia di copie, un quadernetto di trentadue pagine intitolato Progetto di lineamenti della politica economica e sociale, un documento che, con un’introduzione e 291 proposte, comincia a definire un nuovo modello di politica economica, produttiva, commerciale e sociale del paese, che, si spera, consentirà di superare la crisi del modello attuale. L’impegno annunciato si fonda sul principio secondo cui «il sistema di pianificazione socialista continuerà a essere lo strumento principale per la guida dell’economia nazionale» e sulla prospettiva che l’isola si incammini verso l’efficienza produttiva, promuova l’eliminazione delle più diverse forme di paternalismo generate e sostenute dallo stesso Stato cubano e ottenga la necessaria credibilità da parte degli antichi e dei nuovi investitori stranieri.
L’obiettivo della massiccia distribuzione del Progetto di lineamenti è di farne un testo di dibattito nelle diverse istanze del partito e fra la cittadinanza, alla ricerca di accordi, disaccordi e modifiche sulle sue posizioni concrete, tattiche e strategiche. Tuttavia la formulazione categorica di molti dei suoi punti, la specializzazione necessaria (in materia economica, finanziaria, commerciale) per la comprensione di molti dei suoi paragrafi e il fatto di abbracciare i più diversi aspetti della realtà economica cubana (dalla bilancia internazionale dei pagamenti fino alla produzione artigianale e al recupero degli pneumatici) avvertono che la sua realizzazione ultima è parte di una politica ancora in via di definizione che si materializza e materializzerà in quello che è stato chiamato il «perfezionamento del modello economico cubano» promosso dal governo di fronte alle difficoltà, incongruenze e incapacità dello schema finora messo in pratica che per molti aspetti è dovuto alle necessità imposte dalla profonda crisi attraversata da Cuba nella decade degli anni ’90 che, fra gli altri mali, portò anche l’introduzione di una doppia moneta.
Molti sono gli aspetti di quel documento che richiamano l’attenzione, ma senza dubbio fra i più notevoli c’è la decentralizzazione dell’economia mediante l’autonomia imprenditoriale e l’introduzione di meccanismi economici e finanziari in un processo in cui invece le decisioni si era soliti prenderle in via politica e amministrativa, molte volte anti-economiche come la realtà del paese ha dimostrato. Per questo, con un linguaggio molto preciso, il Progetto avverte che l’esistenza di quasi tutte le imprese dipenderà, d’ora in avanti, dalla loro capacità di generare surplus, altrimenti si procederà alla loro «liquidazione», mentre le entità che riceveranno finanziamenti statali saranno ridotte al minimo. Si afferma anche che nei progetti di solidarietà con altri paesi (parte essenziale della politica internazionale cubana) si terrà in conto l’elemento economico, finora pressoché ignorato in questo ambito.
Nello stesso senso vanno gli abbondanti annunci sulla soppressione dei sussidi (che arriveranno fino alla scomparsa della tessera di razionamento che offre una piccola quantità di prodotti di base a basso prezzo, indispensabili tuttavia per l’alimentazione di una grossa percentuale di famiglie cubane); sulla eliminazione di posti di lavoro nelle imprese e negli organismi statali (un processo già in marcia che contempla il licenziamento di mezzo milione di lavoratori pubblici nei prossimi sei mesi) e sullo stimolo verso forme non-statali di produzione, servizi e possesso delle terre con il previsto incremento della mano d’opera nei settori delle cooperative e delle attività per conto proprio. Un indirizzo che si accompagnerà con l’avvio di una nuova politica fiscale che prevede una forte imposizione per i guadagni più alti.
Il cambio economico che è cominciato a Cuba è, in tutta evidenza, profondo e radicale, senza però che per questo si prevedano sulla carta grandi modifiche del sistema politico a partito unico e della struttura del governo. Tuttavia gli effetti sociali dei cambiamenti avviati e futuri, rappresentano senza dubbio una sfida per quello stesso modello politico, basato finora su uno statalismo assoluto, sul controllo centralizzato e sulla totale dipendenza dei cittadini dalle strutture lavorative, distributive ed economiche dello Stato.
Per quel che concerne la popolazione, i cambi più problematici saranno quelli relativi, appunto, alla nuova politica sul lavoro e alla soppressione dei sussidi – che arriverà a toccare i sacri settori dell’istruzione e della sanità. La possibilità che una certa percentuale di coloro che nei prossimi mesi si ritroveranno senza più lavoro si riciclino sugli impieghi por cuenta propria e che molti che già li fanno legalizzino la loro posizione, sembra una delle soluzioni più complesse, vista la critica situazione economica del paese (mancanza di approvvigionamenti, di materiali, ecc.), la politica fiscale che prevede livelli di tassazione molto pesanti e la carestia, di recente ripresentasi con forza, di fattori basici per certe produzioni e servizi quali l’elettricità e il combustibile.
E’ chiaro che i necessari cambi «strutturali e concettuali» del modello cubano annunciati tre anni fa dall’allora presidenta ad interim Raúl Castro, cominciano a prendere forma e a calarsi nella realtà sociale ed economica cubana. Ora è da vedersi come la loro attuazione pratica toccherà la vita di milioni di cubani ormai prossimi a ritrovarsi a vivere in un paese in cui la concorrenza economica e il lavoro prenderanno il posto del paternalismo statale, in cui l’efficienza occuperà lo spazio del sussidio e in cui si genereranno inevitabilmente diseguaglianze economiche e sociali dopo i decenni di un egualitarismo ufficialmente creato e promosso.

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