La finanziaria «grazia» i giornali Ma solo per un anno

Per una volta Tremonti depone le forbici e «salva» i giornali. Ma solo per il 2011 e a certe condizioni. Dopo giorni di trattativa durissima, la commissione Bilancio della camera ha approvato ieri a larga maggioranza un emendamento firmato da Fli e Pdl (identico a un altro del Pd) che sostanzialmente ripristina il fondo editoria per l’anno prossimo. 
Ancora una volta il parlamento ha vinto sulle scelte del governo. Un segnale che è impossibile sottovalutare politicamente.

Per una volta Tremonti depone le forbici e «salva» i giornali. Ma solo per il 2011 e a certe condizioni. Dopo giorni di trattativa durissima, la commissione Bilancio della camera ha approvato ieri a larga maggioranza un emendamento firmato da Fli e Pdl (identico a un altro del Pd) che sostanzialmente ripristina il fondo editoria per l’anno prossimo. 
Ancora una volta il parlamento ha vinto sulle scelte del governo. Un segnale che è impossibile sottovalutare politicamente. Tremonti e il suo relatore, Marco Milanese, hanno alla fine accettato l’aumento dei fondi per l’editori (ma non il diritto soggettivo, come vedremo dopo). Non è stato facile e questo risultato – che concede qualche speranza a decine di testate in cooperativa, no profit e di partito (tra cui il manifesto) – è ancora da consolidare prima in aula e poi nel passaggio al senato. 
La discussione in commissione non è stata di certo indolore. All’inizio di una giornata lunghissima il governo aveva concesso solo 30 milioni, destinandoli peraltro come incentivi all’acquisto di carta. Nel frattempo in una riunione presso la sede della Fnsi, il Comitato per la libertà di informazione (Fnsi, Cgil, Articolo 21, Mediacoop e cdr delle testate interessate) faceva una rapida ricognizione del disastro imminente. Una situazione generale già drammatica l’anno scorso stavolta è critica non solo per il pluralismo ma anche per l’occupazione: solo tra i giornalisti (senza contare poligrafici e indotto) ci sono già adesso 384 cassintegrati, 450 persone in contratto di solidarietà e 1.370 in disoccupazione (dati Inpgi). Non colmare i fondi sarebbe stato contraddittorio anche dal punto di vista finanziario: senza i 40 milioni mancanti, decine di giornali e riviste avrebbero chiuso, aggravando i conti di Inps e Inpgi per finanziare Cig e solidarietà. Senza contare la perdita secca dei contributi, delle tasse e dell’Iva. 
Nel pomeriggio la pressione del Pd e quella dei finiani hanno portato il confronto al punto cruciale. Oltre ai 60 milioni messi giovedì da Tremonti ne servivano altri 40. Il clima diventa incandescente, volano parole grosse tra finiani e pidiellini ex An. Pietra dello scandalo il Secolo d’Italia. Al momento del voto il Pdl si è spaccato. Tre deputati ex An (Corsaro, Laboccetta e Marinello) hanno votato contro tutti, relatore, governo, maggioranza e opposizione pur di regolare vecchi conti affossando decine di altri giornali. Con loro hanno votato no anche Borghesi e Cambursano dell’Idv che (visto che non erano determinanti) hanno fatto il «bel» gesto contro un finanziamento pubblico che poco prima erano disposti a sostenere. L’emendamento alla fine è passato a stragrande maggioranza. La commissione ha stanziato in tutto cento milioni per i giornali (che si aggiungono ai 60-80 già in bilancio), più 45 per le radio e tv locali, più 5 per i giornali italiani all’estero. 
Sbloccato il problema delle risorse, il viceministro Vegas ha poi dato un’altra notizia attesa da tempo. Il regolamento Bonaiuti sulla nuova ripartizione dei contributi andrà in consiglio dei ministri la prossima settimana (forse martedì). In modo da iniziare, finalmente, a fare un po’ di pulizia.
Se questo risultato sarà confermato nei vari passaggi successivi, come va valutato?La settimana prossima illustreremo il regolamento provando a fare chiarezza contro falsi miti e vecchie furbizie. 
Già da ora però si possono dire due cose.La prima. I problemi del manifesto come delle altre testate in crisi purtroppo rimangono. Perché, com’è noto almeno ai nostri lettori, lo stato rimborserà effettivamente quei soldi alla fine del 2011. Senza il diritto soggettivo non si possono chiedere anticipi alle banche e le difficoltà a far quadrare cassa e bilanci restano intatte. E’ opportuno perciò che governo e parlamento intervengano prorogando di un anno il diritto ai rimborsi. La seconda si intreccia alla prima. Se questa brutta storia avrà un lieto fine sarà comunque un trito déjàvu. Non si può mantenere un settore così delicato, con migliaia di addetti, a bagnomaria per mesi e poi affrontare la questione sul filo di lana come se fosse un’emergenza imprevista. Si facciano le regole, si faccia pulizia: le proposte non mancano. Alla fine però si dia certezza, in modo che tutti possano programmare sviluppo e risorse. Anche all’editoria insomma servirebbe un governo. Noi ci auguriamo che sarà un altro a farlo.

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