Stare mesi e mesi fuori dalla fabbrica, lontano dal tuo posto di lavoro e dai tuoi compagni, quelli che ti hanno eletto delegato, è molto dura. Fa male dentro. Sei costretto a rubare informazioni fuori dai cancelli o nella sede sindacale ma ti manca il rapporto umano con le persone. E le tue mani vorrebbero muoversi, mettere insieme componenti, assemblare il mobiletto della Punto Evo, quello sotto la plancia che va da un sedile all’altro. È questo il mio lavoro, anzi lo era prima del licenziamento.
Stare mesi e mesi fuori dalla fabbrica, lontano dal tuo posto di lavoro e dai tuoi compagni, quelli che ti hanno eletto delegato, è molto dura. Fa male dentro. Sei costretto a rubare informazioni fuori dai cancelli o nella sede sindacale ma ti manca il rapporto umano con le persone. E le tue mani vorrebbero muoversi, mettere insieme componenti, assemblare il mobiletto della Punto Evo, quello sotto la plancia che va da un sedile all’altro. È questo il mio lavoro, anzi lo era prima del licenziamento. Direte che ho anche vinto il processo mentre la Fiat è stata costretta dal giudice a riassumermi perché si era comportata in modo antisindacale. È vero.
Ma resta il fatto che l’azienda impedisce a me, all’altro delegato Fiom Antonio La Morte e a Marco Pignatelli di riprendere il normale lavoro, pensando di risolvere tutto pagandoci lo stipendio.Noi però, non siamo persone abituate a farsi pagare senza lavorare, ne va della nostra dignità. A Melfi si sta svolgendo il processo d’appello che è stato aggiornato al 18 gennaio, vedremo come andrà ma io sono fiducioso.
C’è una cosa che la Fiat non può impedirci: lo svolgimento dell’attività sindacale. Così ieri sera ci siamo presentati in fabbrica, io e Antonio con il permesso sindacale siamo andati a discutere con gli operai e le operaie sulle linee di montaggio, mentre Marco che non è delegato è rimasto segregato per 7 ore e mezza in una saletta, non potendo girare nei reparti. Credetemi, è stata un’emozione grandissima varcare di nuovo i cancelli, tornare sulla mia linea e ritrovarmi con tutti i lavoratori del turno di notte, gli stessi che avevano partecipato allo sciopero unitario contro l’aumento dei ritmi da cui è scaturito il licenziamento, con l’accusa rivolta a noi tre di «sabotare» la produzione avendo fermato un carrello. Era un’accusa falsa, come avevano scritto tanti lavoratori ricostruendo la dinamica dei fatti e come ha confermato il giudice di primo grado. Abbiamo deciso di tornare in fabbrica anche perché la Sata ha appena comunicato la sua decisione di disdettare i contratti del ’93 e del 2008, e dovevamo spiegare agli operai e alle operaie che conseguenze avrà questa decisione.
Tanta emozione, dicevo, e non solo mia: si è trattato di un reincontro commovente tra i lavoratori e il loro delegato. Volevano sapere se era vero che dei delegati delle altre organizzazioni avevano testimoniato in appello contro di noi, e persino è successo che qualcuno che aveva firmato il documento in cui sosteneva l’opposto, improvvisamente si è rimangiato tutto e ha cambiato la versione. Poi mi hanno raccontato di tutti i problemi che ci sono e peggiorano al montaggio, dove la fatica e la ripetitività sono insopportabili e provocano problemi fisici gravi. I carichi di lavoro continuano ad aumentare, crescono tendiniti e altre malattie professionali e di giorno in giorno si moltiplicano i riconoscimenti medici di casi di rcl, ridotte capacità lavorative. Siccome oltre che Rsu sono anche Rls (rappresentate dei lavoratori per la sicurezza), una volta girati tutti i montaggi dove lavorano in 900 a turno mi sono potuto recare anche negli altri settori della fabbrica, dalla lastraura alla verniciatura. In tutto lo stabilimento Sata lavorano 1.700 persone a turno.
È inutile negare che oltre all’emozione e all’affetto degli operai e delle operaie, che da tempo ci chiedevano di tornare in fabbrica utilizzando i permessi sindacali, nelle linee ho percepito un clima di paura: la politica di contrapposizione scelta dalla Fiat scava, fa male a chi lavora. Del resto, i nostri licenziamenti cosa volevano essere, se non un avvertimento a tutti? Anche le divisioni sindacali pesano, e pesa il fatto che ha dell’incredibile di delegati sindacali che si schierano e testimoniano a sostegno della Fiat contro altri lavoratori e contro un altro sindacato, il mio, la Fiom. Per fortuna ho ancora a disposizione molte ore di permesso sindacale, come Rsu e come Rls. Per questo nei prossimi giorni rientrerò in fabbrica, già questa sera (ieri sera, ndr) andrò in un reparto insieme ad Antonio perché degli operai ci hanno segnalato l’esistenza di problemi seri. Aspettando la conclusione del processo d’appello, Marchionne deve sapere che non riuscirà facilmente a liberarsi di noi.
Delegato Fiom di Melfi, licenziato e reintegrato
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