Bocchino: "Silvio non si abbarbichi dentro Palazzo Chigi come Saddam Hussein"

Berlusconi non si fa più illusioni, «la legislatura è arrivata alla fine». Ma per temperamento il Cavaliere non è affatto disposto a cedere il campo senza combattere.
«Non mi dimetto certo perché me lo chiede Fini, andiamo avanti per la nostra strada», ordina da Arcore il premier dopo aver ascoltato il discorso del rivale. È quella «stabilità  del paracarro», su cui Fini ha ironizzato? ">

Il Cavaliere pronto alle barricate “Mi sfiduci e si torna subito al voto”

I finiani danno 48 ore al premier per prendere una decisione   

Il presidente del Consiglio: “Mai più un esecutivo con Gianfranco. No alla riforma elettorale”
Bocchino: “Silvio non si abbarbichi dentro Palazzo Chigi come Saddam Hussein”

Berlusconi non si fa più illusioni, «la legislatura è arrivata alla fine». Ma per temperamento il Cavaliere non è affatto disposto a cedere il campo senza combattere.
«Non mi dimetto certo perché me lo chiede Fini, andiamo avanti per la nostra strada», ordina da Arcore il premier dopo aver ascoltato il discorso del rivale. È quella «stabilità  del paracarro», su cui Fini ha ironizzato?

I finiani danno 48 ore al premier per prendere una decisione   

Il presidente del Consiglio: “Mai più un esecutivo con Gianfranco. No alla riforma elettorale”
Bocchino: “Silvio non si abbarbichi dentro Palazzo Chigi come Saddam Hussein”

Berlusconi non si fa più illusioni, «la legislatura è arrivata alla fine». Ma per temperamento il Cavaliere non è affatto disposto a cedere il campo senza combattere.
«Non mi dimetto certo perché me lo chiede Fini, andiamo avanti per la nostra strada», ordina da Arcore il premier dopo aver ascoltato il discorso del rivale. È quella «stabilità  del paracarro», su cui Fini ha ironizzato? Berlusconi non lo pensa affatto: «Noi proseguiamo con il nostro programma. Se vogliono possono votarci contro, ma a quel punto li voglio proprio vedere i finiani che fanno cadere il governo». Nel caso dovesse accadere, per il premier ci sarebbe solo la strada del voto anticipato, a marzo. «Andiamo a chiedere agli italiani chi deve essere il presidente del Consiglio. Sia chiaro che con lui non ci sarà mai più un´alleanza». 
Raccontano che, fino all´ultimo, Berlusconi abbia sperato in un discorso meno corrosivo da parte dell´ex alleato. Gianni Letta e Franco Frattini gli avevano riferito delle assicurazioni ricevute dal campo avversario. «I toni saranno duri, ma non ci sarà la richiesta di dimissioni». Così quegli ultimi cinque minuti di affondi di Fini ad Arcore hanno prodotto una reazione di stupore e sconcerto. «Berlusconi non se l´aspettava, c´è rimasto malissimo», confida un ministro. Oltretutto essere attaccato sulla questione morale e sulla legalità ha suscitato nel Cavaliere una reazione rabbiosa. «Non accetto lezioni – si è sfogato al telefono – da chi, dopo Montecarlo, dovrebbe andarsi a nascondere. Sembrava di ascoltare Di Pietro». 
Subito il premier si è messo in contatto con la prima linea del Pdl e con Umberto Bossi, riempiendo i sacchetti di sabbia per alzare le difese intorno al suo governo. Di andarsi a dimettere non se ne parla. «Se accettassi, la prima cosa che farebbero sarebbe una nuova legge elettorale contro di noi». Soprattutto la posizione del Carroccio, che oggi riunirà a via Bellerio lo stato maggiore, viene valutata con attenzione da Berlusconi. «L´unica possibilità che hanno di arrivare a un governo tecnico – ragiona infatti un ministro del Pdl – è se la Lega si sfila e decide di appoggiare come premier Giulio Tremonti. Altrimenti Napolitano non consentirà la formazione di un governo appeso al voto di 2 o 3 senatori». 
Intanto Gaetano Quagliariello e Osvaldo Napoli hanno iniziato ad attaccare il «doppio ruolo» del presidente della Camera e leader politico di Fli. «Uno sbrego istituzionale peggio della marcia su Roma», secondo Quagliariello. Dall´altra parte i toni non sono meno duri. «Berlusconi – sostiene Italo Bocchino – può pure decidere di abbarbicarsi come Saddam Hussein dentro Palazzo Chigi». Mussolini contro Saddam Hussein. Se i paragoni sono questi, pensare di contrattate un nuovo patto di legislatura è una illusione a cui nessuno crede più. Gianfranco Fini con i suoi si è mostrato scettico: «Vedrete, alla crisi di governo comunque ci si arriverà». Intanto martedì sera verrà ritirata la delegazione di governo. Poi si vedrà, in base alle risposte che arriveranno dal premier nelle prossime 48 ore. E tuttavia il leader di Fli è convinto che la strada sia segnata: «Non vale la pena di far soffrire il Paese». Non ci saranno comunque voti che potrebbero mettere a repentaglio la stabilità finanziaria del paese. Corre voce di una telefonata di assicurazioni intercorsa ieri tra Fini e Tremonti proprio per evitare sorprese. E, del resto, domani ci sarà una riunione dei capigruppo della maggioranza per discutere le richieste di Fli sulla Finanziaria. In molti ieri hanno chiamato Fini per capire come andare avanti, quali saranno le prossime mosse. Compresi due leghisti di primissimo piano, che hanno «apprezzato» quel passaggio sul federalismo e sulla Camera delle autonomie.

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