BASTIA UMBRA - È fatta. Gianfranco Fini scioglie gli ultimi ormeggi, scandisce quel che la platea si aspetta e un pezzo d'Italia vuol sentire: «Berlusconi dimostri di avere coraggio politico, dimostri che ha a cuore il Paese, dia un colpo d'ala, prenda la decisione di rassegnare le dimissioni, salga al Colle, dichiari che la crisi è aperta di fatto...». ">

Fini dà  l’ultimatum a Berlusconi “Vada a dimettersi al Quirinale oppure usciamo dal governo”

La delegazione di Fli rimette il mandato   

“La pagina di Berlusconi e del Pdl per noi si è conclusa. Così non si va avanti”

BASTIA UMBRA – È fatta. Gianfranco Fini scioglie gli ultimi ormeggi, scandisce quel che la platea si aspetta e un pezzo d’Italia vuol sentire: «Berlusconi dimostri di avere coraggio politico, dimostri che ha a cuore il Paese, dia un colpo d’ala, prenda la decisione di rassegnare le dimissioni, salga al Colle, dichiari che la crisi è aperta di fatto…».

La delegazione di Fli rimette il mandato   

“La pagina di Berlusconi e del Pdl per noi si è conclusa. Così non si va avanti”

BASTIA UMBRA – È fatta. Gianfranco Fini scioglie gli ultimi ormeggi, scandisce quel che la platea si aspetta e un pezzo d’Italia vuol sentire: «Berlusconi dimostri di avere coraggio politico, dimostri che ha a cuore il Paese, dia un colpo d’ala, prenda la decisione di rassegnare le dimissioni, salga al Colle, dichiari che la crisi è aperta di fatto…». Boato di settemila voci. La platea dei futuristi urla all´unisono: «Dimissioni! Dimissioni!». Rito liberatorio, frenesia demolitrice. Il Re è nudo, la rivoluzione avviata. Prima del discorso di Fini sono Andrea Ronchi, ministro (in lacrime), Adolfo Urso, Antonio Bonfiglio e Roberto Menia, sottosegretari del governo, a certificare la svolta. Salgono sul podio e rimettono il loro mandato nelle mani del leader, benedetti da un´autentica standing ovation.
Dall´Umbria parte dunque la fatwa: «La pagina di Berlusconi e del Pdl per noi si è conclusa. Avanti così non si può andare – avverte Fini – Se aprirà la crisi farà la vera svolta del predellino. Ma se tirerà a campare per non tirare le cuoia, come dice Andreotti, se davvero pensa di rimanere a Palazzo Chigi aspettando che passi la bufera, allora la nostra delegazione non rimarrà un minuto in più al governo». Parla a braccio, seguito con lo sguardo da Elisabetta Tulliani in prima fila, ma le parole sono scolpite sulla febbre dei suoi: altro che patto di legislatura in cinque punti, «quello è un compitino, noi vogliamo arrivare ad una fase in cui si ridiscutino agenda e programma, si verifichi la natura della coalizione e la composizione del governo». Azzerare tutto, far entrare aria fresca, Udc compresa, «ma senza logiche mercantili». Le agenzie di stampa internazionali danno la notizia: «Gianfranco Fini consomme sa rupture…».
Il missile arriva quasi a fine discorso. Fini parte da lontano, smonta con calma, interrotto da 50 applausi, e bevendo solo un sorso d´acqua, l´illusione berlusconiana. Abilità e cattiveria. Il governo del fare diventa «il governo del fare finta di niente», «vive alla giornata, galleggia, ha perso la rotta». E allora: «O si cambia o saranno gli italiani a staccare la spina». I quattro gatti immaginati dall´ex An La Russa, uno dei «cattivi consiglieri del Capo», sono diventati, in realtà, decine di migliaia di persone in tutta Italia. Si autogalvanizzano, sentono, come i lupi, l´odore del sangue. Fini è già in sintonia con loro come non lo era con l´ultimo popolo di An: «Abbiamo un progetto ambizioso, non vogliamo fare un partitino ma essere la destra che incarna il liberalismo e il moderatismo europei. Non siamo contro il Pdl, né contro Berlusconi. Noi siamo molto oltre il Pdl e molto oltre Berlusconi». Il premier, peraltro «buon conoscitore dei peggiori meccanismi del teatrino della politica», veda un po´ «cosa vuol fare».
Nessun «Paese dei balocchi», nessuno «spot del mulino bianco». Fini descrive un´Italia piegata e umiliata: «Pompei e l´altra notizia (quella di Ruby la escort, ndr) hanno fatto il giro del mondo e provocato dolore». Ecco evocato «il decadimento morale che dipende anche dagli uomini pubblici, i quali, piaccia o meno, dovrebbero dare il buon esempio», Berlusconi incluso. Boati di approvazione dalla platea. E poi l´affondo: «Rimpiango il rigore, lo stile, di certe personalità della Prima Repubblica». Fini cita Moro, Berlinguer, Almirante, La Malfa. «Mai si sarebbero permessi di dare giustificazioni ridicole a ciò che non può essere giustificato». Usa, abilmente, anche una recente frase del Papa: «La spazzatura non è solo nelle strade ma nelle anime e nelle coscienze». Descrive il disastro italiano: «Il ceto medio è impoverito, il conflitto intergenerazionale si è acuito, i giovani non trovano lavoro. E il dibattito sui diritti civili è tra i più arretrati d´Europa». Sì, pronuncia anche le parole “proibite”: coppie di fatto e gay. Strappo nello strappo, accolto benissimo.
Il Pdl, al Nord, «da grande partito, è diventato la copia sbiadita della Lega», vera detentrice della «golden share nel governo». È «l´egoismo territoriale» che mina l´unità della Nazione. I cinque veri punti da proporre a Berlusconi li ha lui, Fini il futurista, «altro che il ddl sulle intercettazioni»: ricerca e innovazione; sburocratizzazione della pubblica amministrazione e nuove regole per gli appalti pubblici; salari legati alla produttività; individuazione di una, non più di due, opere infrastrutturali; fiscalità di vantaggio per rilanciare il Sud». Nuova agenda, nuovo programma, anche «una nuova legge elettorale, al posto di questa che è una vergogna» e, visto che ci siamo, «una Camera delle Regioni, un Senato delle autonomie», a compensare l´assetto federale. Cerino rispedito al mittente.
Chissà se «i Tg velinari» gli daranno spazio. Fini li cita sprezzante, lui parla all´Italia, vola alto, si affida a Saint-Exupèry, come aveva già fatto Veltroni. Dopo un´ora e mezza di cannonate serenamente sbuffa di fatica, travolto dagli abbracci. E va dietro le quinte a brindare.

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