Oleg Kashin picchiato sotto casa. È in coma: aveva firmato inchieste anti-Putin
Il reportage sulla distruzione di una foresta aveva fatto rumore. Medvedev: “Faremo giustizia”
Mosca – Un giovane giornalista rischia di morire nella città della censura invisibile e delle inchieste infinite, dove ancora si cercano senza speranza gli assassini di Anna Politkovskaja e di Anastasia Baburova.
Oleg Kashin picchiato sotto casa. È in coma: aveva firmato inchieste anti-Putin
Il reportage sulla distruzione di una foresta aveva fatto rumore. Medvedev: “Faremo giustizia”
Mosca – Un giovane giornalista rischia di morire nella città della censura invisibile e delle inchieste infinite, dove ancora si cercano senza speranza gli assassini di Anna Politkovskaja e di Anastasia Baburova. Ha 30 anni, si chiama Oleg Kashin, fa il reporter d´assalto per un giornale moderato e prestigioso come il Kommersant, frequenta i movimenti di opposizione e di difesa dei diritti umani. Lo hanno aspettato sotto casa poco dopo mezzanotte. Uno dei due killer nascondeva dietro a un mazzo di fiori un tubo di ferro da specialista del pestaggio. E nella penombra del cortile di via Piatniskaja a un passo dalla galleria Tretyakov, nel cuore della capitale, ha lavorato indisturbato da aguzzino professionista. Cranio lesionato, mandibola e gambe fratturate, e un accanimento simbolico diretto a tutti i reporter coraggiosi di Mosca: le dita della mano destra ridotte in poltiglia. Rimasto per ore sul marciapiedi, Oleg Kashin è stato soccorso all´alba da un collega. Da allora è ricoverato in coma farmacologico. I medici sperano di salvarlo ma le tante fratture e la forte commozione cerebrale creano ancora molte preoccupazioni.
Il resto è il solito logoro copione. Silenzio del governo Putin. Dichiarazione di intenti del presidente Medvedev che ha usato twitter per far sapere che «i criminali devono essere puniti» e per chiedere che le indagini siano condotte «in maniera speciale». E poi una protesta spontanea davanti alla sede della polizia di Mosca. Sotto la pioggia del tardo pomeriggio, un gruppo sparuto di blogger e di colleghi di Kashin ha urlato, verso un edificio chiuso e presidiato da agenti in stato d´allerta, di «fare chiarezza» e di «raccontarci la verità». Mikhail Mikhailin, il direttore del Kommersant, ha preferito riaprire il suo ufficio per cominciare un´inchiesta personale insieme ai suoi redattori. Tutti richiamati nel bel mezzo di uno dei tanti ponti festivi che lascia il Paese senza giornali da giovedì fino a martedì prossimo.
Rileggendo insieme a loro gli ultimi articoli di Nashin viene fuori soprattutto la sua consuetudine professionale con le opposizioni extraparlamentari come quelle dell´ex scacchista Kasparov o di Marija Gajdar, figlia ribelle dell´ex premier eltsiniano. Ma l´articolo che dà più all´occhio è un grande reportage di una decina di giorni fa sulla foresta di Kimki. Argomento tabù a Mosca negli ultimi tempi. Si tratta di una foresta secolare che il governo Putin vuole distruggere per costruirvi il raddoppio della Mosca-San Pietroburgo. Un gruppo di giovani ecologisti, lotta da anni contro il progetto. E ne paga le conseguenze. Proprio giovedì sera uno di loro, Konstantin Fetissov,è stato aggredito sotto casa con la solita tecnica. Due o tre energumeni lo hanno pestato a sangue con un tubo di ferro e lasciato in terra con le ossa rotte. Da due giorni gli ecologisti di Kimki stanno cercando i colpevoli. L´agguato al giornalista è forse un segnale per tutti loro? Impossibile trovare risposte ufficiali. Di certo l´affare Kimki muove interessi enormi. Lo stesso sindaco Luzhkov, esautorato un mese fa, sarebbe rimasto vittima di un apparente braccio di ferro tra il “demolitore” Putin e Medvedev che invece dice di voler ascoltare le ragioni degli ambientalisti e tiene ferme le ruspe.
Pista attendibile ma non è la sola. La lettura degli archivi del Kommersant è appena cominciata. Il direttore non si aspetta molti aiuti: «Lo sappiamo, siamo soli».
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