Stop ai detriti nuke

In Germania si mobilitano in 50mila per bloccare un treno che rispedisce in patria immondizia radioattiva trattata in Francia. 17mila poliziotti per garantire la consegna del «pacco». E nel sito di smaltimento, sotto uno strato di sale, c’è un deposito di gas 

In Germania si mobilitano in 50mila per bloccare un treno che rispedisce in patria immondizia radioattiva trattata in Francia. 17mila poliziotti per garantire la consegna del «pacco». E nel sito di smaltimento, sotto uno strato di sale, c’è un deposito di gas 
BERLINO
Il treno carico di scorie dei reattori tedeschi, trattate in Francia e rispedite a rate al mittente – è entrato ieri pomeriggio in Germania – finirà con l’arrivare nel deposito «provvisorio» di Gorleben, in Bassa Sassonia. Ci penserà un esercito di 17mila poliziotti a aprirgli la strada, sgombrando blocchi ferroviari e stradali. La protesta costerà qualche ora di ritardo sull’arrivo previsto lunedì, ma l’esito è scontato: altri 11 Castor si aggiungeranno ai 91 già parcheggiati in un capannone di cemento armato, sebbene nessuno sappia dove quei massicci cilindri metallici lunghi sei metri, con un diametro di 2,5 metri, e con un contenuto pericoloso per almeno 200mila anni, potranno poi essere fatti sparire. Sarebbe una follia se si volesse davvero sistemarli nel salgemma sotto Gorleben, reso instabile da sacche di idrocarburi, «esplosive» secondo non pochi geologi. 
La consegna delle scorie – nonostante la protesta dei cinquantamila dimostranti che ieri si sono radunati nella vicina Dannenberg, e le azioni di blocco in programma per tutto il fine settimana, sarà però una vittoria di Pirro. Il governo Merkel, che ha deciso di prolungare di 12 anni la vita delle centrali esistenti, non ha infatti alcuna affidabile soluzione per il ciclo delle scorie. E secondo i sondaggi due terzi dei tedeschi vorrebbero spegnere i reattori. 
Il piano della cancelliera tedesca rischia di essere cassato dalla corte costituzionale, perché, secondo l’opposizione, avrebbe dovuto essere approvato anche dalla camera dei Länder (aggirata dal governo, che lì non ha più un maggioranza). Al più tardi sarà annullato al prossimo cambio di maggioranza parlamentare.
Quanto a Gorleben, già nel 1976 si cominciò a parlare del salgemma nel suo sottosuolo come possibile deposito «definitivo» per le scorie nucleari. Vicino al fiume Elba sul confine intertedesco, circondata su tre lati dalla Rdt, Gorleben era in una zona agricola depressa e poco popolata. Certo anche per motivi politici – una prospettiva «di sviluppo» per quella landa dimenticata – nel 1977 il governo regionale della Bassa Sassonia scelse di preferire Gorleben a altri quattro siti possibili.
Da allora sono stati scavati 7 chilometri di gallerie «esplorative» a 900 metri di profondità. I lavori erano stati interrotti nel 2000 dalla coalizione rosso-verde, che avrebbe voluto ricominciare da capo la ricerca di un sito, prendendo in considerazione anche formazioni di argilla e di granito nel sud della Germania. Il governo Merkel ha invece ripreso l’esplorazione di Gorleben, sebbene nel corso degli anni siano enormemente aumentati i dubbi sulla sua stabilità geologica. 
A Gorleben, sotto il sale, a circa 3000 metri di profondità, c’è un giacimento di idrocarburi, gas e petrolio per una quantità stimata tra 100mila e un milione di metri cubi. Sull’altra sponda dell’Elba la Rdt si era interessata a questa risorsa. Nel 1969 una sonda trovò effettivamente gas a 3500 metri di profondità, che esplose e fece saltare in aria la trivella: morì il capocantiere, sei operai rimasero feriti. In seguito a questo incidente, la Rdt rinunciò all’impresa mineraria.
Tracce di gas sono state trovate anche nelle gallerie esplorative di Gorleben. Oltre al rischio di un’esplosione diretta a contatto di contenitori radioattivi che sviluppano temperature di 400 gradi, non si può escludere che il calore, facendo dilatare i gas, provochi un aumento della pressione sulle pareti delle gallerie. Di qui l’eventualità che si formino crepe e fessure, aprendo la via a infiltrazioni d’acqua. 
Oltre al gas è l’acqua l’altra grave minaccia. Lo si è già visto in un altro giacimento di salgemma, a Asse, sempre in Bassa Sassonia, usato come deposito per rifiuti a bassa e media radioattività e ora chiuso, perché in parte allagato. L’acqua, sciogliendo il sale, minaccia di far crollare gallerie già instabili. L’acqua salata corrode i fusti di metallo e può contaminare il sottosuolo di brodaglia radioattiva. 
Il governo ha promesso di riportare alla superficie le scorie più minacciate e di risanare Asse, ma non si sa se l’impresa riuscirà, ne quanto costerà.
Asse è stata gestita come uno scarico della camorra in Campania. Senza inscrizione nei registri e senza autorizzazioni, vi sono stati scaricate anche scorie pericolose, tra cui 28,1 chili di plutonio. Invece dei 1293 «contenitori speciali» dichiarati, ne sono stati trovati 14779, mescolati con le scorie a bassa radioattività. La fiducia nei controlli amministrativi, anche in Germania, è precipitata ai livelli di Terzigno.

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