I copti ora hanno paura

EGITTO Dopo la strage nella chiesa di Baghdad e le minacce attribuite ad al Qaeda

Moderazione dai leader delle due comunità  ma equilibri precari

Il comunicato diffuso dallo «Stato islamico in Iraq», l’organizzazione-ombrello di cui fa parte anche al Qaeda, nel quale oltre a rivendicare il sanguinoso attacco contro la chiesa di Baghdad si minacciano anche i copti, tiene in allarme l’Egitto.

EGITTO Dopo la strage nella chiesa di Baghdad e le minacce attribuite ad al Qaeda

Moderazione dai leader delle due comunità  ma equilibri precari

Il comunicato diffuso dallo «Stato islamico in Iraq», l’organizzazione-ombrello di cui fa parte anche al Qaeda, nel quale oltre a rivendicare il sanguinoso attacco contro la chiesa di Baghdad si minacciano anche i copti, tiene in allarme l’Egitto. Più di tutto le minacce hanno riacceso la tensione tra musulmani e cristiani sulla questione aperta delle conversioni negate. Non sono bastate a placare gli animi le parole concilianti che hanno pronunciato i rappresentanti religiosi e politici delle due parti. A cominciare dal papa copto Shenouda III per finire ai Fratelli musulmani e alla Gamaa al Islamiyya. «I musulmani stanno con i cristiani e non con al Qaeda», ha commentato Shenouda III, rispondendo al comunicato che dichiarava «guerra aperta» ai cristiani egiziani.
Il papa copto, che ha parlato mercoledì sera dalla cattedrale di San Marco al Cairo, ha aggiunto di aver apprezzato le dichiarazioni dello sceicco Ahmad al Tayyb, imam del massimo centro di teologia islamica, al-Azhar, che qualche giorno fa aveva condannato nettamente la strage nella chiesa di Baghdad e le minacce agli egiziani copti. Da Alessandria è intervenuto anche l’ex imam di Milano, Abu Omar – sequestrato in Italia dalla Cia e trasportato con un rendition flight in Egitto -, per ricordare che «la sharia islamica vieta gli attacchi alle chiese e ai luoghi religiosi» e che l’Islam «proibisce in caso di guerra l’uccisione di donne, bambini e degli uomini di religione».
La tensione però rimane alta perché l’autore del comunicato dello «Stato islamico in Iraq», dall’autenticità ancora dubbia, si è appropriato di una vicenda che da tempo ha un forte impatto sull’opinione pubblica egiziana e che tocca corde sensibili nei rapporti tra musulmani e copti, non proprio corrispondenti al quadro idilliaco fatto in queste ultime ore dai rappresentanti religiosi delle due parti. Nel messaggio minatorio si fa riferimento alla vicenda Camilia Shehata e Wafaa Constantine, le due cristiane ex mogli di preti copti che secondo al Qaeda sarebbero state sequestrate dalla chiesa copta per impedire loro di completare la conversione all’Islam, e si parla di attacchi armati nel caso le due donne non venissero «liberate». Per questo ingenti forze di polizia presidiano le due città di origine delle donne, soprattutto Minya, un centro abitato dove spesso si sono registrati scontri tra le due comunità e dove lo scorso 6 gennaio sei cristiani furono uccisi da musulmani all’uscita dalla messa del Natale copto. 
Di Wafaa Costantine si sa soltanto che la donna alcuni anni fa intendeva convertirsi alla fede islamica, poi più nulla. La vicenda di Camilia Shehata invece è più ricca di particolari noti. Ad occuparsene è stato anche lo scrittore Alaa al Aswani (l’autore di “Palazzo Yacubian”). La donna, moglie di un prete, era andata ad al-Azhar per formalizzare la sua conversione e divorziare dal marito ma si era vista negare il documento con vari pretesti. Le autorità islamiche hanno preferito evitare un incidente diplomatico con la chiesa copta e, secondo Al Aswani, Camillia Shehata sarebbe svanita nel nulla durante una manifestazione di copti contro le conversioni. Al Cairo dicono che Shehata e Costantine si troverebbero, di fatto, prigioniere in un convento. I copti invece affermano che le due donne hanno preferito nascondersi per sottrarsi «alla forte pressione sociale che subivano» e che non si sarebbero mai convertite all’Islam. «Siamo tutti egiziani», ha commentato da parte sua un religioso locale molto noto, padre Rafael, «se un fedele copto vuole convertirsi gli si parla ma se insiste che vogliamo fare, prendere un revolver e sparargli? Ciascuno è libero di fare ciò che vuole». Ma i dubbi restano.
Per ora il regime di Mubarak ha scelto una posizione di basso profilo. Si limita a garantire la sicurezza, per evitare che le tensioni musulmani-cristiani, riaccese dal messaggio giunto dall’Iraq, possano inserirsi in una campagna per le legislative di fine mese che il partito al potere, Pnd, per ora controlla agevolmente

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