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Norme di sicurezza carenti? Ne risponde il Cda

CASSAZIONE Il principio affermato nella sentenza contro la Montefibre di Verbania

Da oggi se un’azienda vìola la normativa sulla sicurezza, ne risponderà  l’intero Consiglio di amministrazione.

CASSAZIONE Il principio affermato nella sentenza contro la Montefibre di Verbania

Da oggi se un’azienda vìola la normativa sulla sicurezza, ne risponderà  l’intero Consiglio di amministrazione. È la Cassazione ad affermare il principio, pronunciato in riferimento alla responsabilità dei vertici Montefibre dello stabilimento piemontese di Verbania, dove 11 operai sono morti per aver inalato amianto. Se il principio verrà applicato a tutto il mondo del lavoro, dovrebbe venir meno il solito scaricabarile delle responsabilità per la mancata predisposizione delle misure di sicurezza. E la responsabilità del Cda permane anche nel caso in cui le deleghe sulla salute e l’igiene, negli stabilimenti o negli uffici, siano state affidate a un singolo componente.
Nel confermare le condanne per violazione delle norme sulla sicurezza a carico della società Montefibre e di 14 suoi manager e dirigenti – susseguitisi a vario titolo e per decenni alla guida dello stabilimento di Verbania – , la Cassazione sottolinea che «anche in presenza di una delega di funzioni a uno o più amministratori (con specifiche attribuzioni in materia di igiene del lavoro), la posizione di garanzia degli altri componenti del cda non viene meno, pur in presenza di una struttura aziendale complessa e organizzata, con riferimento a ciò che attiene alle scelte aziendali di livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni che attingono direttamente la sfera di responsabilità del datore di lavoro»».
Nella sentenza 38991 depositata ieri, la Cassazione ricorda che la scelta di continuare a utilizzare l’amianto per coibentare i tubi di raffreddamento delle lavorazioni ad alta temperatura del nylon, era stata presa perché consentiva di abbattere i costi rispetto alle fibre in vetro o ad altri materiali non cancerogeni, usati invece in altri stabilimenti della stessa Montefibre.
A Verbania erano impiegati 3.600 operai ai quali non era stata data alcuna informazione sui rischi di contrarre le malattie correlate alla presenza dell’amianto. Sostanza, è scritto nella sentenza, «utilizzata in modo massiccio». Inoltre dal 1972 in poi non venne attuato «nessun serio e radicale mutamento della situazione di rischio». Nemmeno le mascherine per contenere l’inalazione delle polveri, letali per i polmoni.

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