MEDIO ORIENTE I governi israeliano e palestinese tacciono, ma i coloni brindano alla sconfitta del «nemico musulmano travestito da cristiano»

GERUSALEMME
Benyamin Netanyahu ieri si è ben guardato dal commentare il risultato delle elezioni Usa di medio termine. Ma il premier - atteso il 7 novembre negli Stati Uniti per il congresso annuale delle comunità  ebraiche - arriverà  a Washington più forte, consapevole di avere l'appoggio pieno di un Congresso dove, nonostante Barack Obama e i democratici si siano salvati al Senato, i repubblicani fedeli sostenitori di Israele faranno sentire il peso del loro successo elettorale. ">

La pace torna impossibile, ora il Congresso è tutto dalla parte di Tel Aviv

MEDIO ORIENTE I governi israeliano e palestinese tacciono, ma i coloni brindano alla sconfitta del «nemico musulmano travestito da cristiano»

GERUSALEMME
Benyamin Netanyahu ieri si è ben guardato dal commentare il risultato delle elezioni Usa di medio termine. Ma il premier – atteso il 7 novembre negli Stati Uniti per il congresso annuale delle comunità  ebraiche – arriverà  a Washington più forte, consapevole di avere l’appoggio pieno di un Congresso dove, nonostante Barack Obama e i democratici si siano salvati al Senato, i repubblicani fedeli sostenitori di Israele faranno sentire il peso del loro successo elettorale.

MEDIO ORIENTE I governi israeliano e palestinese tacciono, ma i coloni brindano alla sconfitta del «nemico musulmano travestito da cristiano»

GERUSALEMME
Benyamin Netanyahu ieri si è ben guardato dal commentare il risultato delle elezioni Usa di medio termine. Ma il premier – atteso il 7 novembre negli Stati Uniti per il congresso annuale delle comunità  ebraiche – arriverà  a Washington più forte, consapevole di avere l’appoggio pieno di un Congresso dove, nonostante Barack Obama e i democratici si siano salvati al Senato, i repubblicani fedeli sostenitori di Israele faranno sentire il peso del loro successo elettorale. Le reazioni alla vittoria repubblicana da parte dei vertici della politica sono pacati, ma ieri in Israele molti hanno brindato al tonfo di Obama che pure finora non aveva mai messo in discussione l’alleanza strategica con Tel Aviv. Netanyahu e i suoi ministri sanno che la destra americana, «tea party» in testa, spingerà per dare pieno appoggio a Israele e per mettere da parte il «dialogo» avviato con Siria e Iran. Gli americani, scriveva ieri Herb Keinon sull’edizione online del Jerusalem Post, hanno indicato a Obama che vogliono una politica volta a risolvere i problemi interni, non quelli internazionali.
Pertanto, ha aggiunto Keinon, il presidente Usa avrà più comprensione per il «no» opposto da Netanyahu a una nuova sospensione delle costruzioni nelle colonie ebraiche in Cisgiordania. Altri analisti, come Shimon Schiffer, di Yediot Ahronot, escludono che il premier – favorevole da sempre a un attacco militare contro le centrali nucleari iraniane – decida in piena autonomia, senza coordinarsi con Washington, «cosa fare» contro Tehran ora che anche la linea del «dialogo» Stati uniti-Iran è uscita sconfitta dal voto midterm.
Se gli analisti fanno il loro mestiere e il governo celebra in silenzio la batosta subita da Obama, i coloni israeliani invece festeggiano alla grande. I settler considerano il presidente Usa un «nemico», un «musulmano travestito da cristiano», malgrado Obama, dopo aver pronunciato un iniziale «stop» alla colonizzazione israeliana, abbia poi ingranato la retromarcia. Per Tzvi Ben Gedalyahu, dell’agenzia stampa dei coloni Arutz 7, il risultato del voto americano modificherà la linea di Obama verso israeliani e palestinesi.
E non solo quello. Ben Gedalyahu ieri sottolineava con piacere che Jstreet, il gruppo lobbista ebraico-americano favorevole alla politica dell’Amministrazione Usa in Medio Oriente, ha subito un duro colpo, perché il suo principale sostenitore, il senatore democratico Joe Sestak (Penssylvania), è stato sconfitto dallo sfidante repubblicano Pat Toomey, e che la repubblicana Ileana Ros-Lehtinen, un’accanita sostenitrice di Israele, avrà con ogni probabilità la presidenza della Commissione Affari Esteri della Camera. Un’euforia che non sorprende se si considera che rappresentanti dei coloni e alcuni deputati del Likud (il partito di Netanyahu) domenica avevano dato vita a un «tea party» locale per contrastare eventuali «concessioni» ai negoziati.
In casa palestinese prevale la cautela, ma ai vertici dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) sanno che l’Amministrazione Usa non alzerà più la voce con Israele. Secco il commento dell’attivista Hanan Ashrawi: «Obama sino ad oggi è stato così morbido con Netanyahu, non capisco cosa si intenda per cambiamento di politica».

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