ALLENTIAMO IL CAPPIO

Prima o poi il governo Berlusconi finirà  nel «tanfo da basso impero» di cui parlava l’editoriale di Le Monde. L’ultimo fango che attraverso la sua persona, il suo comportamento, le sue volgarità  contro le donne e contro i gay riverberano sull’opinione pubblica, sulla politica, sul singolo cittadino avranno un epilogo. Non sappiamo come verrà  staccata la spina, né cosa riserverà  il dopo-Berlusconi. Noi vorremmo che la sua crisi coincidesse con una breve transizione, necessaria per cambiare questa indecente legge elettorale e poi mandarlo a casa con il voto.

Prima o poi il governo Berlusconi finirà  nel «tanfo da basso impero» di cui parlava l’editoriale di Le Monde. L’ultimo fango che attraverso la sua persona, il suo comportamento, le sue volgarità  contro le donne e contro i gay riverberano sull’opinione pubblica, sulla politica, sul singolo cittadino avranno un epilogo. Non sappiamo come verrà  staccata la spina, né cosa riserverà  il dopo-Berlusconi. Noi vorremmo che la sua crisi coincidesse con una breve transizione, necessaria per cambiare questa indecente legge elettorale e poi mandarlo a casa con il voto.
Ma la cosa peggiore che potrebbe capitarci è la coincidenza tra l’indecoroso tramonto del sultano e la chiusura del manifesto. Non dobbiamo permettergli di strozzarci come dice la scritta che oggi compare sulla nostra testata.
Purtroppo ieri dal governo è giunta un’altra brutta notizia: è stata respinta la proposta di inserire nella legge finanziaria gli emendamenti che la commissione cultura della camera aveva approvato, all’unanimità, per sostenere l’editoria: settanta milioni sul miliardo e mezzo già ricavato dalla Tobin-tax. Settanta milioni dunque non sottratti alle mille emergenze del paese, ma nella disponibilità di palazzo Chigi, stanziati (nel 2009 e nel 2010 ma non nel 2011) per sostenere una parte importante dell’informazione, con le sue testate no-profit e le vere cooperative di giornalisti.
I parlamentari, di centrodestra e di centrosinistra, un grande gruppo parlamentare (solo alla camera trecentosessanta, la maggioranza) che sostengono la battaglia per la libertà di informazione, continueranno a fare pressione sul governo. Tenteranno di riaprire la porta che ieri è stata chiusa. Ma dobbiamo sapere che sarà molto difficile.
A un mese dall’inizio della campagna di sottoscrizione, disegnando un cappio (ancora lento) attorno al pallino della “i”, il nostro Vauro segnala il pericolo. Trenta giorni hanno portato nelle nostre casse 134 mila euro, una cifra raggiunta con piccole sottoscrizioni, soldi e abbonamenti messi insieme sacrificando una parte dello stipendio o del salario. Soldi preziosi, ma insufficienti, una cifra lontanissima da quei tre milioni e seicentomila euro che il ministro Tremonti ha cancellato dal nostro bilancio (e dal diritto soggettivo a riceverli).
Per riuscire a vincere anche questa sfida il passo della sottoscrizione deve cambiare. In parte sta già avvenendo con il moltiplicarsi degli incontri che i lettori (insieme alle mille forme di organizzazione della società civile e a quel che resta della sinistra dispersa) stanno organizzando nel paese. Ma il tempo gioca contro di noi e a tutto vantaggio dell’avversario. Rischiamo di rimettere in moto la macchina del sostegno e dell’impegno perché il manifesto resti in edicola, quando potrebbe essere troppo tardi per raccoglierne i frutti. 
Restano due mesi, otto settimane prima che la fine dell’anno diventi anche la fine del manifesto. Non possiamo neppure pensare di andare verso la campagna elettorale senza essere sul campo di battaglia.

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