I quattro del precariato. Incazzati

Film a basso costo. E alta provocazione. Sotto accusa i cinquantenni. La colpa: Han dato i mezzi e tolto gli scopi

Film a basso costo. E alta provocazione. Sotto accusa i cinquantenni. La colpa: Han dato i mezzi e tolto gli scopi MILANO – Un gruppo di criminali armati di pistola con il viso coperto da un passamontagna. Potrebbe essere l’immagine-simbolo di un qualsiasi poliziesco anni Settanta, invece è la locandina di «La banda del Brasiliano», primo lungometraggio del collettivo pratese John Snellinberg, in vendita in dvd dall’8 giugno per la CG Home Video. Un omaggio a pellicole come «La banda del gobbo» e «La banda del trucido», che molti ricorderanno per il personaggio di Er Monnezza. Ma al tempo stesso un’opera su uno dei temi d’attualità più discussi degli ultimi tempi: il precariato. Protagonisti, quattro amici sulla trentina, tutti senza posto fisso né certezze professionali e con in testa una missione: rapire i cinquantenni, individuati come i principali responsabili della diffusione del precariato nella società.

IL GARANTITO RAPITO – «Una provocazione con un fondo di verità», la definisce il regista Patrizio Gioffredi, 31 anni. «La nostra non è una parodia, ma una rilettura in chiave contemporanea del cinema di genere anni Settanta. Nel nostro collettivo siamo più o meno tutti precari. Di chi è la colpa? Della generazione dei nostri padri, che ha contribuito a lasciarci in eredità un’Italia dove i diritti dei lavoratori si sono affievoliti, il bagaglio culturale è disperso e il potere è concentrato nelle mani di pochi». Un’impietosa lettura della realtà, data in pasto allo spettatore con i toni della farsa, con un’ironia che punta al sorriso e alla riflessione. Così il povero cinquantenne rapito dai quattro (goffi) delinquenti, il Biondo, il Mutolo, il Randagio e il Brasiliano, diventa il capro espiatorio dei problemi di una generazione in crisi d’identità, destinatario di accuse che fatica a comprendere, tra cui la più grave: «Ci avete dato i mezzi e ci avete tolto gli scopi».

GENERAZIONE INCAZZATA – «Fulcro della sceneggiatura è lo scontro tra padri e figli che non riescono a capirsi», spiega Gioffredi. «Niente a che vedere con i film sul precariato usciti negli ultimi anni, come «Tutta la vita davanti» di Virzì, un racconto leggero che finisce per mitizzare la figura del precario. I nostri precari, invece, sono incazzati e deboli, vittime di un sistema ma anche incapaci di reagire». Girato tra Prato, Livorno e Napoli con un budget di appena 2000 euro, «La banda del brasiliano» è un piccolo miracolo produttivo. Unico attore professionista, Carlo Monni, già visto in «Berlinguer ti voglio bene» e «Non ci resta che piangere», per citare due titoli. Le altre sono «facce da cinema», come le chiama Gioffredi, pescate nella zona del paesino toscano di Vaiano. «Quando mancano i soldi ci si ingegna. Per le riprese abbiamo usato un carrello costruito da uno degli attori, che è fabbro. La location principale, il vecchio capanno nel bosco trasformato nel covo dei rapitori, è di mio nonno. La colonna sonora è un regalo di alcuni amici, tra cui Sam Paglia, i Calibro 35 e gli Appaloosa». Negli extra del dvd, un cortometraggio e le interviste agli autori del saggio «Non è un paese per giovani». Oltre alle scene tagliate e al backstage, interessante ritratto del cinema low cost. «Nel progetto sono state coinvolte più di un centinaio di persone, gente che ci ha prestato di tutto, macchine per gli inseguimenti comprese. Il più lungo dura trenta secondi, non potevamo permetterci di più. Diciamo che il film è un poliziottesco sottratto, realizzato nel giro di due anni nei weekend e nei ritagli di tempo. È così che funziona il precariato».

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