Quello che accadde il 21 luglio 2001 a Genova “deve essere qualificato come tortura”, ha detto accogliendo un ricorso
La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per il comportamento tenuto dalle forze dell’ordine durante l’irruzione alla scuola Diaz nei giorni del G8 di Genova del luglio 2001. La Corte, nello specifico, ha condannato l’Italia per tortura, ha stabilito che ha una legislazione penale inadeguata perché non prevede tale reato e che non ha nemmeno delle norme in grado di prevenire in modo efficace il ripetersi di tali possibili violenze da parte della polizia. Il problema, si legge nel comunicato stampa della sentenza, è «strutturale».
La Corte europea è intervenuta dopo il ricorso presentato a Strasburgo da Arnaldo Cestaro, una delle persone presenti alla scuola Diaz il 21 luglio del 2001. Nel ricorso, «l’uomo, che all’epoca dei fatti aveva 62 anni, afferma che quella notte fu brutalmente picchiato dalle forze dell’ordine tanto da dover essere operato, e da subire ancora oggi ripercussioni per alcune delle percosse subite. Cestaro, rappresentato dall’avvocato Nicolò Paoletti, sostiene che le persone colpevoli di quanto ha subito sarebbero dovute essere punite adeguatamente ma che questo non è mai accaduto perché le leggi italiane non prevedono il reato di tortura o reati altrettanto gravi». I giudici della Corte europea dei diritti umani gli hanno dato ragione.
I giudici hanno infatti dichiarato all’unanimità che è stato violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, che dice:
«Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti».
Le azioni della polizia nella notte tra il 21 e il 22 luglio del 2001 hanno avuto «finalità punitive» e sono state una vera e propria «rappresaglia, per provocare l’umiliazione e la sofferenza fisica e morale delle vittime». Pertanto, secondo la Corte, possono essere descritte come «tortura». Cestaro è stato aggredito dagli agenti «senza che vi fosse un nesso di causalità tra la sua condotta e l’uso della forza da parte della polizia al momento dell’intervento». I trattamenti che ha subito, inoltre, «sono stati inflitti in modo completamente gratuito» e non erano «proporzionati» al raggiungimento dell’obiettivo, quello della perquisizione.
Per quanto riguarda l’inchiesta, la Corte ha rilevato che gli agenti di polizia che hanno aggredito Cestaro non sono mai stati identificati, non sono stati indagati e sono dunque rimasti impuniti. E questo a causa di alcune difficoltà oggettive ma anche per la mancanza di cooperazione dimostrata dalla polizia italiana. Tutto questo, si dice ancora, non dipende da una negligenza in particolare, ma dal fatto che la legislazione italiana è inadeguata e ha, in questo senso, «un problema strutturale». La Corte ha invitato quindi l’Italia a «dotarsi di strumenti giuridici in grado di punire adeguatamente i responsabili di atti di tortura o altri maltrattamenti impedendo loro di beneficiare di misure in contraddizione con la giurisprudenza della Corte» stessa. Lo stato italiano dovrà versare a Cestaro, per il danno morale subito, 45 mila euro.
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