Austerity. Sindacati tedeschi, italiani, centri sociali e movimenti sociali stanno preparando la mobilitazione contro la Bce del 18 marzo
Per una curiosa coincidenza storica, non vi è né vi sarebbe mai stato momento più appropriato di questo per l’inaugurazione a Francoforte della faraonica Eurotower, nuova sede della Banca Centrale Europea. Manca infatti una settimana esatta alla cerimonia, seppur ridimensionata rispetto agli annunci iniziali. E l’appuntamento cade nel mezzo delle nuove tensioni che attraversano l’Eurogruppo, alla ripresa di quel braccio di ferro tra governo greco e ministri dell’Unione coincidente con l’avvio delle procedure di quantitative easing da parte della Banca Centrale, i cui termini stanno mostrando l’inconsistenza di tanta chiacchiera sulla sua presunta «tecnica indipendenza». Il fermo rifiuto opposto dalla Bce all’acquisto dei soli titoli di Stato ellenici chiarisce infatti come Draghi stesso stia giocando una partita tutta politica, certo non corrispondente nei modi a quella degli oltranzisti à la Schäuble, ma altrettanto orientata a condizionare le scelte di Atene. Pressione mediatica, ricatto dei mercati finanziari e minacce esplicite di governi e istituzioni continentali hanno lo scopo preciso di impedire che il cambio in Grecia possa dischiudere una prospettiva d’alternativa per tutta Europa.
Ma sono pure sette i giorni che separano dalla prima grande mobilitazione transnazionale convocata dopo la vittoria elettorale di Tsipras: da mesi la coalizione Blockupy sta lavorando per fare di mercoledì 18 marzo una giornata di mobilitazione per contestare la cerimonia della Bce. E l’iniziativa interviene all’interno di quella «finestra di possibilità per il cambiamento in Europa», che lo scontro inter-governativo intorno alla rinegoziazione dei memoranda per la Grecia sta tenendo aperta. Non è quindi fuori luogo l’ultimo appello lanciato dall’alleanza che raccoglie movimenti sociali e organizzazioni della società civile, sindacati e partiti anti-austerity, quando afferma che «è giunto il momento di agire!».
In Germania intorno al 18 marzo si è allargata la partecipazione: oltre alle reti di movimento della sinistra radicale, ad associazioni come Attac e a un partito come Die Linke, a tutte le iniziative prenderanno parte sia il sindacato dei metalmeccanici IG Metall sia la confederazione Dgb. E, nonostante il giorno infrasettimanale, i primi riscontri parlano di migliaia di persone in arrivo a Francoforte, anche con treni speciali. La giornata nella city finanziaria tedesca, sulla base della profonda condivisione dell’«action consensus» raggiunta all’interno di Blockupy, sarà articolata in quattro distinti momenti: alle 7 del mattino i blocchi, che attraverso la pratica della disobbedienza civile, cingeranno il perimetro della Eurotower con l’esplicito obiettivo di «impedire che sia un normale giorno di lavoro» e che la cerimonia d’apertura possa svolgersi indisturbata. Poi, verso mezzogiorno, singole iniziative diffuse in città rivolte a istituzioni, banche private e multinazionali, indicate come «responsabili nella gestione capitalistica della crisi». A partire dalle 15 la piazza della centralissima Römerberg vedrà susseguirsi interventi e comizi (tra questi quello, sulla connessione tra battaglia anti-austerity e cambiamento climatico, della giornalista Naomi Klein), fino alle 17 quando da lì si muoverà per le strade del centro il corteo conclusivo, una marcia «colorata e determinata» che non accetterà divieti a manifestare per un’«Europa delle lotte e dal basso», aperta proprio da un contingente transnazionale di donne.
Ma anche dall’Italia si annuncia una presenza più numerosa e politicamente a più ampio spettro rispetto agli anni passati. Cinque sono gli appelli più significativi.
Quello dei centri sociali che, insieme alla rete tedesca della Interventionistische Linke, promuovono il percorso della «Comune d’Europa», protagonisti lo scorso 2 marzo del blocco «arcobaleno» alla sede di Venezia della Banca d’Italia: «solo respingendo il ricatto “o la borsa o la vita”, può cominciare l’inverno per le élite d’Europa».
Quello lanciato dallo Strike meeting e dai laboratori locali dello «sciopero sociale», che scommettono sull’estensione a scala transnazionale di pratiche inedite e diffuse di blocco della produzione, promuovendo proprio a Francoforte un incontro con i «facchini» dei magazzini tedeschi di Amazon in lotta ed altre realtà lavorative da tutto il continente.
Quello della Brigata Kalimera che, dopo aver raggiunto la Grecia nei giorni della vittoria elettorale di Syriza, «non poteva mancare all’appuntamento sotto la Bce» perché «vogliamo insieme creare un comune movimento europeo, unito nella diversità, che rompa le regole dell’austerità e inizi a costruire democrazia e solidarietà dal basso».
Quello dei metalmeccanici della Fiom–Cgil, che hanno deciso di aderire nell’intento di «allargare il dialogo con sempre più soggetti a livello europeo sui temi del lavoro, della cittadinanza, della sanità, dell’immigrazione e della sostenibilità produttiva; poiché queste sono battaglie transnazionali che hanno bisogno della discussione più aperta possibile tra chi in Europa si batte per chiedere che le priorità delle persone diventino quelle della politica».
Quello, infine, di Sel Europe che insiste su una «scelta radicalmente europeista, per conquistare una Costituzione europea, una tassazione progressiva dell’intera Eurozona che colpisca grandi patrimoni e rendite finanziarie, un Welfare europeo fondato sul reddito di cittadinanza, un New Deal verde all’altezza delle sfide ecologiche contemporanee». In questo quadro si inserisce anche la richiesta, a fianco di Syriza e Podemos, della Conferenza europea sulla rinegoziazione del debito, visto come il primo passo del «processo costituente di una nuova Europa democratica».
Certo è che, per un giorno, le voci di Syntagma e di Puerta del Sol in lotta contro i «signori dell’austerity» si faranno sentire sotto le finestre del presidente Draghi e proprio a casa della cancelliera Merkel. E cercheranno di verificare come una coalizione «ibrida» possa provare a rovesciare la tendenza suicida dell’Europa.
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