Bologna. Il leader leghista in una struttura che ospita rifugiati. La questura sui fatti di sabato: «Si è mosso senza dirci dove si trovava»
">Salvini provoca ancora, ma prima avverte la scorta
Bologna. Il leader leghista in una struttura che ospita rifugiati. La questura sui fatti di sabato: «Si è mosso senza dirci dove si trovava»
Bologna. Il leader leghista in una struttura che ospita rifugiati. La questura sui fatti di sabato: «Si è mosso senza dirci dove si trovava»
Rischia di diventare un boomerang per Matteo Salvini l’aggressione subita sabato scorso da alcuni giovani dei centri sociali che gli hanno impedito di entrare nel campo rom di Via Erbosa a Bologna. La ricostruzione della giornata fatta dalla questura bolognese mette infatti in evidenza possibili responsabilità del leader della Lega per quanto è successo, soprattutto per non aver informato in tempo le forze dell’ordine dei suoi spostamenti e del cambi di programma rispetto a quanto comunicato in precedenza a chi avrebbe dovuto prendersi cura della sua sicurezza.
Responsabilità che farebbero pensare che Salvini possa aver cercato lo scontro con i centri sociali. Ipotesi smentita ieri dal segretario della Lega: «Ovviamente la polizia sapeva dove eravamo, ho due figli e non è che ci goda ad avere tre ossessi che come scimmie mi saltano sul tetto della macchina», ha detto Salvini che ha incassato anche la solidarietà dell’ex ministro per l’Integrazione Cecile Kienge (Pd). Per l’assalto all’auto del leader leghista la polizia ha identificato sei antagonisti grazie alle immagini girate dalla tante telecamere presenti. Identificati dalla Digos anche gli aggressori di Enrico Barbetti, il giornalista del Resto del Carlino inseguito e spintonato da una quindicina di persone che gli hanno provocato la frattura del gomito sinistro. Secondo la Digos si tratta di militanti anarchici dell’aula C occupata della facoltà di Scienze politiche.
Intanto Salvini anche ieri ha proseguito la sua campagna elettorale per le elezioni regionali in Emilia Romagna con una nuova provocazione.
Stavolta si è presentato insieme ad Alan Fabbri, candidato per il Carroccio alla presidenza della Regione, davanti a un albergo di Imola in cui sono ospitati una trentina di rifugiati dal Bangladesh. Ad ascoltarlo c’erano una cinquantina di militanti radunati dietro uno striscione con la scritta «No all’invasione» e protetti da una trentina di poliziotti e carabinieri, più una scorta personale per Salvini con la quale, contrariamente a quanto fatto sabato, ha concordato ora e luogo dell’appuntamento. Fatta eccezione per cinque giovani dei centri sociali, stavolta non c’è stata nessuna contestazione, ma il leader del Carroccio non ha rinunciato alla provocazione intonando «Bella ciao».
Inevitabilmente, però, sono ancora i fatti di sabato a tenere banco. E in particolare le parole del questore di Bologna, Vincenzo Stingone. «Chi è sottoposto a tutela deve fornire alla polizia gli orari e il programma dettagliato dei suoi spostamenti in modo che vengano predisposti i servizi del caso — ha spiegato ieri il questore — cosa che sabato non è avvenuta, e l’onorevole Salvini fra l’altro viaggiava su un’auto privata, quando in casi del genere si deve usare un mezzo delle forze dell’ordine». Ad attendere Salvini sabato c’era un’auto della Digos e un mezzo con dodici agenti del reparto mobile, che dal casello avrebbero dovuto scortarlo fino al campo rom. Se Salvini li avesse avvertiti sulla sua posizione. Cosa che invece, secondo quanto riferito dal questore, non ha fatto. E quando finalmente la consigliere della Lega Borgonzoni, che si trovava in auto con il segretario leghista e con la quale la polizia era in contatto, si è finalmente fatta viva, Salvini si trovava già nel parcheggio dell’ippodromo dove è avvenuta l’aggressione.
Da parte sua ieri il leader leghista ha continuato a chiedere solidarietà per l’aggressione di sabato. Anche perché con tutti i sondaggi che danno la Lega in crescita, è ovvio che Salvini cerchi di sfruttare l’occasione il più possibile. «O tutti, senza se e senza ma, condannano e rifiutano qualsiasi tipo di violenza, oppure io mi fermo», ha detto. E riferendosi alla visite ai campi rom e alle strutture che ospitano richiedenti asilo, ha spiegato: «Io faccio il mio lavoro, che è di controllare come si spendono i soldi pubblici. Non cerco voti sui rom, semplicemente mi scoccia che il denaro pubblico sia dato a persone che poi rispondono con schiaffi».
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