Brasile, la notte più lunga la Rousseff verso la vittoria

Exit poll: la candidata di Lula accreditata del 51 per cento.  Ex guerrigliera e laureata in economia, sarà  la prima donna alla guida del paese 

Exit poll: la candidata di Lula accreditata del 51 per cento.  Ex guerrigliera e laureata in economia, sarà  la prima donna alla guida del paese 

SAN PAOLO – Dilma Rousseff potrebbe essere eletta presidente del Brasile già nel primo turno che si è svolto ieri: i primi exit polls le attribuiscono il 51% dei voti contro il 30% di José Serra. Il Brasile ha votato ieri per eleggere il successore di Luiz Inacio Lula da Silva, il presidente che lascia il Palazzo di Planalto a Brasilia con l´80 per cento di approvazione popolare e che rischia, nel bene e nel male, di condizionare ancora per molto tempo, come è accaduto solo a Getulio Vargas nel secolo scorso, la scena politica del suo paese. Scontata la vittoria finale di Dilma Rousseff, l´economista di 63 anni, ex ministro della Casa Civil (una sorta di premierato), indicata da Lula per succedergli come candidata del Partito dei lavoratori. Insieme al nuovo presidente i 136 milioni di elettori hanno votato anche per scegliere i 531 deputati del nuovo Parlamento Federale e rinnovare i due terzi del Senato, insieme ai governatori dei 27 Stati del paese e a tutti i consiglieri regionali.
Il presidente in carica ha votato in una scuola davanti alla sua vecchia casa di San Bernardo do Campo, nella cintura industriale di San Paolo, mentre la Rousseff lo ha fatto nella vecchia capitale «rossa» del ricco sud, Porto Alegre, prima di recarsi a Brasilia ad attendere e festeggiare i risultati. Nelle ultime settimane il consenso intorno a Dilma rilevato dai sondaggi è stato sempre superiore al 50 percento dei voti validi (in Brasile i voti in bianco o i nulli vengono scartati ai fini del risultato finale) ma in discesa, anche se lenta. Da qui le dichiarazioni caute di Lula: «Io non ha mai vinto al primo turno, l´importante è avere un buon vantaggio». Nel suo partito attribuivano la possibilità del ballottaggio a due ragioni: uno scandalo per conflitto di interessi che ha costretto alle dimissioni la donna che ha preso il posto di Dilma nel governo, Erenice Guerra, accusata di aver favorito con prestiti agevolati membri della sua famiglia; e una forte campagna di stampa e tv che hanno messo in dubbio le capacità della candidata e la sua autonomia dal presidente uscente. Per l´opposizione la debolezza di Dilma è proprio la sua forza. «Tutti quei voti non sono suoi ma di Lula», dicono, e questo non sarebbe un bene per la democrazia. Temono che Lula continui a governare nell´ombra i prossimi quattro anni per poi ripresentarsi nel 2014 e godersi, ancora da presidente, i due appuntamenti più attesi: mondiali di calcio e Olimpiadi.
Gli «anni di Lula», come ormai viene definito qui il primo decennio del nuovo secolo, non hanno solo trasformato il Brasile in un paese ottimista e convinto del proprio vincente destino, hanno anche cambiato la politica. La destra non esiste più nel panorama delle proposte elettorali. Il Pmdb, storico agglomerato dei «cacique» regionali, una volta fortissimo nelle zone più povere del paese, non ha nemmeno un candidato alla presidenza e il pragmatico Lula lo ha inglobato da tempo nell´alleanza di governo.
José Serra, leader del socialdemocratico Psdb e unico vero avversario di Dilma, ha impostato tutta la sua campagna presentandosi come il miglior interprete del «lulismo senza Lula», cosa che ha reso facilissimo alla Rousseff convincere gli elettori che in politica l´originale e meglio della copia e che la sola autentica erede del «lulismo» era lei. Infine l´ambientalista Marina Silva, ex ministro ed ex amica personale del presidente, dimessasi in polemica con le politiche di sviluppo dell´Amazzonia, interpreta con il Partito Verde i delusi di sinistra del «lulismo» e parte di quella nuova classe media che vorrebbe più investimenti statali nell´educazione, nella sanità e, naturalmente, nella difesa dell´ambiente.
Grazie al boom economico (e in questo Lula non poteva essere più fortunato) con crescita sostenuta del Pil e inflazione sotto controllo (4,5% quest´anno secondo il governo) ed ai benefici sociali conseguenti, come l´aumento dei posti di lavoro e la riduzione della povertà, la maggioranza dei brasiliani vive uno «stato di grazia» che dovrebbe consolidare la fiducia in chi li ha governati. Il voto avrà effetti anche sul caso Battisti, l´ex terrorista in carcere a Papuda in attesa di estradizione. Dilma Rousseff ha già detto che lei lo riconsegnerà all´Italia. Ma, soprattutto se non ci sarà ballottaggio, è molto più probabile che decida Lula visto che comunque rimarrà in carica fino al 31 dicembre.

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