Quarant’anni dopo la ricerca della verità su piazza della Loggia

«Io mi rendo conto che siamo a quarant’anni di distanza dai fatti», esordisce e conclude il pubblico ministero dell’undicesimo processo per la strage di Brescia, 28 maggio 1974, otto morti e 102 feriti.

«Io mi rendo conto che siamo a quarant’anni di distanza dai fatti», esordisce e conclude il pubblico ministero dell’undicesimo processo per la strage di Brescia, 28 maggio 1974, otto morti e 102 feriti.

«Ormai di questa vicenda dovrebbe occuparsi la storia, ma anziché all’archivio di Stato ne stiamo ancora discutendo in un’aula di giustizia», spiega con malcelata frustrazione il sostituto procuratore generale Vito D’Ambrosio. Dopo tanti tentativi non ci sono colpevoli condannati. Il verdetto d’appello del 2012 ha assolto gli imputati residui — tre ex estremisti di destra (uno, Carlo Maria Maggi, che il pm continua a indicare come mandante dell’attentato, ha compiuto 79 anni) e un carabiniere in pensione — con una sentenza che il pm definisce «illogica e contraddittoria». Ecco perché chiede alla Corte di cassazione di annullare quel verdetto: «Una decisione segnata da così gravi carenze e lacune non può rimanere l’ultimo atto di ricerca della verità. Nemmeno dopo quarant’anni». È la stessa aspettativa dei familiari delle vittime. Il presidente dell’Associazione, Manlio Milani, il 28 maggio ’74 era in piazza della Loggia per manifestare contro il terrorismo nero insieme alla moglie, uccisa dalla bomba. Ieri era in aula, come sempre da quarant’anni. «È vero che è passato tanto tempo — dice — ma noi ne chiediamo ancora un po’ per avere una verità che si presenti come tale. Con il tempo la verità storica e quella processuale si stanno avvicinando, ormai i depistaggi e la responsabilità dell’area della destra sono assodati». Tra oggi e domani la Cassazione deciderà se concedere un’altra possibilità, oppure no. Se dichiarare la resa della giustizia e la vittoria finale dei depistaggi — quelli sì, accertati, a differenza dei colpevoli — attivati da subito per occultare le trame nascoste dietro la strage, o insistere nella ricerca di quella prova che finora, secondo i giudici, non è emersa dagli indizi raccolti. È uno dei paradossi italiani: apparati dello Stato si sono adoperati per proteggere i responsabili delle bombe (a Brescia e altrove, da piazza Fontana in poi), riuscendoci al punto che quarant’anni dopo altri rappresentanti dello stesso Stato si ostinano a chiedere un nuovo processo. Per piazza della Loggia sarebbe il dodicesimo. Comunque andrà, per lo Stato sarà una sconfitta. Anche se c’è modo e modo di perdere.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password