Ferrara è tornata in piazza per ricordare il giovane ucciso nel 2005 dai quattro poliziotti che ora, sconatata la pena, sono rientrati in servizi in ruoli amministrativi. La madre Patrizia Moretti: "Non devono rimettere la divisa". Con lei anche Lucia Uva e Ilaria Cucchi
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Aldrovandi, Ferrara in piazza: “Via la divisa a quegli agenti”

Ferrara è tornata in piazza per ricordare il giovane ucciso nel 2005 dai quattro poliziotti che ora, sconatata la pena, sono rientrati in servizi in ruoli amministrativi. La madre Patrizia Moretti: “Non devono rimettere la divisa”. Con lei anche Lucia Uva e Ilaria Cucchi
Ferrara è tornata in piazza per ricordare il giovane ucciso nel 2005 dai quattro poliziotti che ora, sconatata la pena, sono rientrati in servizi in ruoli amministrativi. La madre Patrizia Moretti: “Non devono rimettere la divisa”. Con lei anche Lucia Uva e Ilaria Cucchi

FERRARA – “Pregiudicati in servizio presso la Polizia di Stato”. Così, inghiottendo le lacrime, Lino Aldrovandi, il papà di Federico, definisce i quattro agenti che nove anni fa massacrarono di botte suo figlio e che da alcuni giorni sono tornati in servizio, quasi che quell’omicidio fosse solo un inciampo nella loro carriera.

E’ per protestare contro quel reintegro – oltre che per chiedere due fondamentali riforme come l’introduzione del reato di tortura e l’obbligo per le forze dell’ordine di portare il numero di matricola impresso sulla divisa – che oltre tremila persone hanno attraversato oggi pomeriggio la città di Ferrara: dal punto in via dell’Acquedotto in cui all’alba del 25 settembre 2005 quel ragazzo di diciotto anni fu ammazzato, poi sotto la Cattedrale e il Castello, e infine, due ore dopo, davanti alla Questura e al palazzo del Prefetto, sede del Governo.

C’era tanta gente diversa, in corteo. I genitori di Federico, Patrizia e Lino, il fratello Stefano; c’erano Lucia Uva, Ilaria Cucchi e tanti altri parenti di vittime accertate della violenza di Stato; c’era la miglior società civile di Ferrara, quella che già tante altre volte era scesa in piazza per chiedere verità prima e giustizia poi; c’erano i ragazzi dei centri sociali; e c’erano i volti un po’ grifagni degli ultras della Spal (la squadra per cui tifava Federico) e del Bologna, per una volta affratellati.

Perché quella della morte di Federico Aldrovandi è una ferita che non si rimargina. E su cui la commissione di disciplina della Polizia di Stato ha appena gettato un’altra manciata di sale, perdonando Paolo Forlani, Enzo Pontani, Luca Pollastri e Monica Segatto, gli agenti che immobilizzarono il ragazzo e lo ammazzarono come un cane. Da qualche settimana quegli agenti sono tornati in servizio. Scontata la pena per “eccesso colposo in omicidio colposo” a cui erano stati condannati in via definitiva – tre anni e mezzo di carcere ridotti a sei mesi per l’indulto – hanno reindossato la divisa. Ora sono di nuovo poliziotti, tutori dell’ordine, loro che mai in questi anni hanno ammesso le loro responsabilità e che pur di salvarsi hanno cercato in tutti i modi di ostacolare le indagini sulla morte del ragazzo.

Certo, non sono più a Ferrara. E non più sulle volanti, né in nessun altre reparto operativo, ma dietro una scrivania a passare scartoffie: alla dogana di Tarvisio, alle questure di Vicenza e Venezia, all’aeroporto di Tessera. Posti comodi.

“E’ una delle cose più assurde di questa vicenda – commenta amarissimo papà Lino – perché il messaggio che passa è che un agente che fa queste cose, che uccide di botte un ragazzo, può addirittura essere premiato, finire in un ufficio anziché sulla strada. Quanti agenti onesti vorrebbero legittimamente scendere dalle volanti e prendere il loro posto?”.

Poi c’è quell’ultima piccola, squallida beffa. Che gli agenti fossero stati reintegrati, nonostante le parole inequivocabili della sentenza di Cassazione e le velate rassicurazioni avute dai palazzi della politica, la famiglia Aldrovandi l’ha scoperto grazie a un servizio delle “Iene”. Nessuno al ministero degli Interni si era dato il fastidio di avvertirli, neppure per via informale. Per questo hanno indetto l’ennesima manifestazione. Per chiedere che a quegli agenti venga tolta la divisa. “Non sto neppure chiedendo che siano licenziati – sono le parole della madre, Patrizia Moretti, davanti alla lapide che ricorda Federico -. Che vengano estromessi dalla polizia, però, questo almeno sì. Li mettano a fare qualcos’altro, decidano loro. Ma dopo quello che hanno fatto, non possono più essere membri delle forze dell’ordine”.

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