? Il teatro Valle è stato occupato dal movimento dei lavorat* dello spettacolo il 14 giugno 2011

Movimenti. Ancora nessuna comunicazione dalle autorità, ma la Fondazione è già stata riconosciuta da un notaio romano. Il progetto della Fondazione Teatro Valle bene comune, sostenuto da oltre 5 mila persone, è legittimo e potrà agire senza il riconoscimento del prefetto di Roma
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«Prefetto o no, la fondazione del Teatro Valle continua»

? Il teatro Valle è stato occupato dal movimento dei lavorat* dello spettacolo il 14 giugno 2011

Movimenti. Ancora nessuna comunicazione dalle autorità, ma la Fondazione è già stata riconosciuta da un notaio romano. Il progetto della Fondazione Teatro Valle bene comune, sostenuto da oltre 5 mila persone, è legittimo e potrà agire senza il riconoscimento del prefetto di Roma

? Il teatro Valle è stato occupato dal movimento dei lavorat* dello spettacolo il 14 giugno 2011

Movimenti. Ancora nessuna comunicazione dalle autorità, ma la Fondazione è già stata riconosciuta da un notaio romano. Il progetto della Fondazione Teatro Valle bene comune, sostenuto da oltre 5 mila persone, è legittimo e potrà agire senza il riconoscimento del prefetto di Roma

Il pre­fetto di Roma Giu­seppe Peco­raro sem­bra avere negato il rico­no­sci­mento della per­so­na­lità giu­ri­dica alla fon­da­zione «Tea­tro Valle bene comune», ma ancora ieri sera gli occu­panti non ave­vano rice­vuto alcun atto uffi­ciale. È bastata una voce per con­vin­cere i media che l’occupazione dello sto­rico tea­tro romano fosse stata «dele­git­ti­mata». Non è così per­ché anche un parere con­tra­rio di Peco­raro non costi­tui­sce un giu­di­zio sulla legit­ti­mità di una fon­da­zione che è stata appro­vata dal notaio romano Gen­naro Mari­conda il 17 set­tem­bre 2013.

Tale rico­no­sci­mento è avve­nuto in ragione di un patri­mo­nio di 250 mila euro, 130 mila euro in con­tanti rac­colti da oltre 5 mila sot­to­scrit­tori, e 120 mila euro pro­ve­nienti da opere donate da arti­sti di tutto il mondo. Al pre­fetto di Roma è stato chie­sto il rico­no­sci­mento della per­so­na­lità giu­ri­dica della fon­da­zione, vale a dire la sua iscri­zione in un appo­sito regi­stro. Un suo even­tuale rifiuto potrebbe essere silen­zioso oppure espresso.

In quest’ultimo caso, dovrebbe elen­care le ragioni della sua deci­sione, offrendo i motivi della sua impu­gna­zione al Tar. Nel caso del silenzio-rifiuto i motivi del diniego emer­ge­reb­bero nel corso dell’udienza. In ogni caso, ipo­tizza il movi­mento, il Valle si com­por­terà come una «fon­da­zione non rico­no­sciuta». Nell’ordinamento giu­ri­dico ita­liano que­sta è una delle figure pre­vi­ste dall’associazionismo: le Onlus, ad esempio.

Il per­corso della fon­da­zione ha rac­colto il con­senso anche di un giu­ri­sta come Ste­fano Rodotà che ha rico­no­sciuto nello sta­tuto la prova di un «rigore giu­ri­dico impec­ca­bile». La novità, che farà scuola tra i movi­menti e non solo, e anche per que­sto è avver­sata, è che tale «rigore» non nasce dalla mente di un giu­ri­sta, ma dal lavoro di cen­ti­naia di per­sone. «Dif­fi­cile ora pro­nun­ciarsi su un sem­plice sen­tito dire» sostiene Rodotà.

Com’è nata allora que­sta noti­zia, visto che al momento nes­suno ha ancora potuto con­sul­tare un docu­mento uffi­ciale? È pos­si­bile che mer­co­ledì scorso Peco­raro, durante una con­fe­renza stampa con­vo­cata su altri argo­menti, abbia rispo­sto ad una domanda sul Valle. Il 12 feb­braio sca­de­vano i ter­mini per il rico­no­sci­mento giu­ri­dico della fon­da­zione. «Si sta andando verso il rigetto della domanda» avrebbe detto il pre­fetto. In poche ore, il con­di­zio­nale è diven­tato imperativo.

L’eventuale diniego sarebbe basato su tre ele­menti: la sede giu­ri­dica della fon­da­zione (l’attuale tea­tro occu­pato) non è rico­no­sci­bile secondo la legge; lo sta­bile non sarebbe agi­bile e non l’incertertezza della com­pe­tenza sulla strut­tura tra comune di Roma e Mini­stero dei beni cul­tu­rali. Sono par­ti­co­lari ricor­renti sin dal 5 luglio 2001, tre set­ti­mane dopo l’occupazione, quando il movi­mento ha deciso di avven­tu­rarsi sulla strada della fon­da­zione. Su que­sta base è stato eretto l’edificio giu­ri­dico, ispi­rato alla teo­ria dei beni comuni e all’esito posi­tivo del refe­ren­dum sull’acqua pubblica.

C’è anche la pos­si­bi­lità che una comu­ni­ca­zione non arrivi mai. Inviare infatti una let­tera al Valle, di assenso o di diniego, equi­vale a rico­no­scere un’esperienza poli­tica che per le isti­tu­zioni è «ille­gale». Nel frat­tempo tra i giu­ri­sti che seguono la nascita di que­sta «nuova isti­tu­zione» emer­gono varie ipo­tesi sull’eventuale ricorso.

«La fon­da­zione esi­ste indi­pen­den­te­mente dalla volontà del pre­fetto – sostiene Ugo Mat­tei — dal momento che c’è un atto costi­tu­tivo e pub­blico siglato da un notaio. Gli enti o i fun­zio­nari dello stato lo iscri­vono in un regi­stro pub­blico per darne cono­scenza a terzi».

«Quello in atto è uno scon­tro sulla natura del diritto — con­ti­nua Mat­tei — In Ita­lia pre­vale oggi uno diritto auto­ri­ta­rio, buro­cra­tico e sta­ta­li­sta basato sulla pura ragione della forza. A que­sta cul­tura viene con­trap­po­sta la cul­tura dal basso delle lotte sociali che si è tra­dotta in uno sta­tuto che il notaio ha rite­nuto accet­ta­bile legal­mente. Un’autorità dello stato dovrebbe rico­no­scere un potere dele­gato, quello dei notai per l’appunto, ma non lo fa. È la stessa idea di lega­lità che c’è in Val di Susa»

Sul caso inter­viene anche Ale­xis Tsi­pras, lea­der di Syriza e can­di­dato della sini­stra euro­pea alla pre­si­denza della Com­mis­sione Ue. La set­ti­mana scorsa ha tenuto al Valle l’assemblea di lan­cio della cam­pa­gna elet­to­rale ita­liana e ha cono­sciuto di per­sona il movi­mento. La sua rea­zione a caldo è netta:

«Se que­sta noti­zia sarà con­fer­mata è una deci­sione molto grave – afferma Tsi­pras – La mia è una soli­da­rietà piena al mera­vi­glioso lavoro poli­tico e orga­niz­za­tivo degli occu­panti. Il Valle dev’essere rico­no­sciuto come una nuova isti­tu­zione dal basso, fon­da­men­tale per favo­rire la par­te­ci­pa­zione politica».

La bat­ta­glia è dun­que poli­tica e va oltre il parere del pre­fetto di Roma. Ieri pome­rig­gio, prima che Letta ras­se­gnasse le dimis­sioni da pre­mier, ambienti vicini al sin­daco di Roma Igna­zio Marino davano per certo un incon­tro con il mini­stro dei beni cul­tu­rali Mas­simo Bray. La stessa asses­sora alla cul­tura Fla­via Barca ha riba­dito che il parere del pre­fetto «non ferma il dia­logo» con il Valle occu­pato che con­ti­nua a chie­dere un pro­cesso di con­sul­ta­zione pub­blica con la giunta, ancora incerta sul da farsi. L’impressione è che biso­gnerà aspet­tare ancora. Oggi l’Italia è tor­nata all’anno zero. Di nuovo.

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