Tutta un’altra Europa

Cento mila persone sono attese stamattina a Bruxelles per protestare contro i tagli al sistema sociale, ai diritti dei lavoratori ed anche agli investimenti sparsi un po’ in tutta Europa sulle ali della crisi. E visto che il problema è ben diffuso, oltre che nella capitale comunitaria in cui sono attese le sigle sindacali di tutto il continente, si manifesta anche in Italia, Portogallo, Francia, Lettonia, Lituania, Repubblica ceca, Cipro, Irlanda, Polonia, Serbia e Romania. E in Spagna va in scena lo sciopero generale.

Cento mila persone sono attese stamattina a Bruxelles per protestare contro i tagli al sistema sociale, ai diritti dei lavoratori ed anche agli investimenti sparsi un po’ in tutta Europa sulle ali della crisi. E visto che il problema è ben diffuso, oltre che nella capitale comunitaria in cui sono attese le sigle sindacali di tutto il continente, si manifesta anche in Italia, Portogallo, Francia, Lettonia, Lituania, Repubblica ceca, Cipro, Irlanda, Polonia, Serbia e Romania. E in Spagna va in scena lo sciopero generale.
Cento mila persone per una manifestazione a Bruxelles sono un vero e proprio successo, che nei piani di John Monks, il segretario generale della Ces, la Confederazione dei sindacati europei, deve servire a inviare un chiaro segnale di ripensamento ai leader europei. «Questa è una giornata cruciale per l’Europa – ha affermato Monks in un video messaggio – perché i governi, praticamente tutti i governi, stanno realizzando continui tagli nella spesa pubblica e lo fanno quando l’economia è vicina alla recessione e gli effetti di questi tagli si faranno sentire quando saremo già in recessione. Austherity è una parola alla moda, ovunque. (..) L’alternativa esiste ed è non tagliare così rapidamente e con decisione, l’alternativa è investire in tecnologia, nell’industria pubblica, nei giovani».
Gli effetti delle misure di austerità in Grecia si stanno facendo sentire sul mondo del lavoro con più forza adesso che è finita la stagione estiva, l’Irlanda, già provata da due anni di tagli occupazionali e congelamenti salariali, si ritrova con una crescita ben inferiore a quella prevista (ultimo dato trimestrale è un meno 1,2% contro una previsione di più mezzo punto) e nuovamente sotto l’attacco dei mercati. Una sorte condivisa con il Portogallo, che pure ha varato una dura riforma dei sussidi sociali. Gli spread di entrambi i paesi hanno superato questa settimana i valori fatti registrare dalla Grecia quando, a febbraio, l’Europa decise per la prima volta di intervenire, un ulteriore segnale di allarme. Le cose, finanziariamente e socialmente parlando, non vanno meglio in Ungheria e Lituania, paesi però fuori dalla zona euro mentre in Spagna la disoccupazione vola al 20%, in Francia gli scioperi si susseguono, in Germania ci sono chiari segnali di ripresa che però non allentano gli effetti del pacchetto lacrime e sangue varato dal governo Merkel e, inoltre, sono segnali che non si ripercuotono nella periferia del continente. L’austerità promossa da Berlino e imposta da Bruxelles, con il beneplacito se non l’entusiasmo di quasi tutti i governi, non sta dando i frutti sperati, almeno i frutti ufficiali, risanamento e ripresa. Se invece l’obiettivo era quello di mandare in soffitta lo stato sociale, allora i risultati non sembrano mancare.
«Il taglio dei posti di lavoro nel settore pubblico non ha fatto altro che iniziare, si svilupperà quest’inverno e l’anno prossimo. Non siamo altro che all’inizio», vaticina sempre John Monks. «Spero che i governi europei non vogliano ammazzare l’economia con l’austerità, ma ho paura che sia questo ciò che vogliono», sempre parole del segretario generale della Ces. Per contrastare questa deriva verso la recessione, Monks propone «di non tagliare lo stato sociale», di «non congelare i salari», considerata una misura che riduce la domanda e, infine, di lanciare investimenti per il rinnovamento industriale dell’Europa, soprattutto nel settore dell’economia verde. Oltre a ciò la Ces chiede anche più immaginazione quando si parla di riforma delle pensioni, non escludendo un «molto graduale innalzamento dell’età pensionabile». Insomma niente di rivoluzionario, piuttosto una richiesta a non procedere troppo forte con lo scardinamento dello stato sociale, in fondo un’invenzione europea.
Dopo la manifestazione una delegazione dei sindacati incontrerà Barroso e Van Rompuy, simboli di un’Europa che però parla e impone un altro linguaggio.

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