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COSÌ SI SALVANO LE CARTE DEL CASO SIFAR-DE LORENZO

Tintinnio di sciabole. Bastano queste parole per evocare “il piano Solo”, uno dei più discussi complotti dell’Italia del dopoguerra.

Tintinnio di sciabole. Bastano queste parole per evocare “il piano Solo”, uno dei più discussi complotti dell’Italia del dopoguerra.

E per evocare una pagina di storia del giornalismo italiano: il processo per diffamazione al direttore e all’inviato dell’Espresso— Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi — che avevano denunciato il tentativo di golpe preparato tre anni prima da Giovanni De Lorenzo, ex capo del Sifar e allora comandante dei carabinieri, con la complicità del presidente della Repubblica Antonio Segni. Un dibattimento ricco di colpi di scena, tra amnesie, ritrattazioni, l’improvvisa retromarcia di Jannuzzi sul coinvolgimento del Quirinale. Cominciato nel novembre del 1967, il processo si chiuse il primo marzo del 1968 con una clamorosa condanna, nonostante il pubblico ministero Vittorio Occorsio avesse chiesto il proscioglimento. Sedici mesi a Jannuzzi. E diciassette mesi a Scalfari. La vicenda giudiziaria si sarebbe definitivamente chiusa nel dicembre del 1972, con la remissione di querela da parte di De Lorenzo. Intanto sia Scalfari che Jannuzzi erano stati eletti in Parlamento, entrambi nelle file del Psi di Pietro Nenni.
Finora gli studiosi ne hanno ricostruito i vari passaggi limitandosi ai resoconti giornalistici. «Da oggi le carte processuali saranno consultabili», dice Mimmo Franzinelli, che al piano Solo ha dedicato un documentato volume (I servizi segreti, il centro-sinistra e il “golpe” del 1964,
Mondadori). L’iniziativa si deve alla sensibilità di Michele Di Sivo, lo studioso dell’Archivio di Stato che ha salvato gli atti dal macero e si sta battendo per creare nuovi spazi e profili professionali in grado di conservare documenti giudiziari altrimenti condannati alla distruzione. «Non possiamo permetterci di perdere queste come altre carte fondamentali per la storia d’Italia della seconda metà del Novecento, tra stragi, corruzione, terrorismo », dice Di Sivo. «Dopo circa 40 anni i fascicoli dei tribunali vengono buttati via. E la digitalizzazione non consente di conservare i documenti originali».
Oggi pomeriggio, all’Archivio di Stato di Roma (ore 16,30, corso Rinascimento 40), saranno presentate le carte del processo contro Scalfari e Jannuzzi, in particolare i documenti prodotti dall’istruttoria di Occorsio, esponente della magistratura illuminata poi ucciso dai terroristi neri. Carte rilevanti per le deposizioni di protagonisti della storia italiana, da Andreotti a Parri. E per le testimonianze dei militari. «I generali Manes, Gaspari e Zinza», spiega Franzinelli, «confermarono l’inchiesta giornalistica sugli allestimenti militari di carattere eccezionale». All’incontro, che porta lo stesso titolo dell’inchiesta dell’Espresso — Complotto al Quirinale — parteciperanno Scalfari e l’attuale direttore del settimanale Bruno Manfellotto, Di Sivo e il presidente del tribunale ordinario di Roma Mario Bresciano, la direttrice generale degli Archivi Rossana Rummo e il direttore dell’Archivio di Stato Eugenio Lo Sardo. È previsto anche l’intervento degli storici Miguel Gotor e Franzinelli, che illustrerà le nuove carte americane “a carico” di Segni. Brani dal processo saranno letti da Maddalena Crippa.
Il golpe strisciante di De Lorenzo rivelò quell’Italia dei poteri occulti che ha continuato ad agire sotto traccia fino alla P2, e anche oltre. Un paese “parallelo” che è una costante della storia nazionale. «Non fu un golpe», scrive Scalfari in La sera andavamo in via Veneto.
«Non ci fu nessun concreto movimento né militare né di piazza, non si produsse nessun atto specifico, nulla di nulla. Ci fu, semplicemente, un rumore di sciabole. Ma fu sufficiente a mutare il corso della politica italiana».

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