Sono tre le ragioni che giu­sti­fi­cano un cam­bio radi­cale di stra­te­gia intorno alle dro­ghe e una svolta non proi­bi­zio­ni­sta e non punitiva.
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Tre ragioni per essere antiproibizionisti

Sono tre le ragioni che giu­sti­fi­cano un cam­bio radi­cale di stra­te­gia intorno alle dro­ghe e una svolta non proi­bi­zio­ni­sta e non punitiva.

Sono tre le ragioni che giu­sti­fi­cano un cam­bio radi­cale di stra­te­gia intorno alle dro­ghe e una svolta non proi­bi­zio­ni­sta e non punitiva.

La prima è una ragione etico-filosofica che pos­siamo rias­su­mere sotto il grande con­te­ni­tore delle libertà. Uno Stato non auto­ri­ta­rio è uno Stato che sa ben distin­guere l’etica e la reli­gione dal diritto. L’etica deve restare fuori dall’ordinamento giu­ri­dico. L’etica è al mas­simo un cri­te­rio di orien­ta­mento dell’azione poli­tica e della for­ma­zione delle leggi, ma non deve per­meare di sé lo Stato. Lo Stato costi­tu­zio­nale di diritto non può che essere uno Stato laico. Vice­versa non può essere uno Stato etico. La legge Fini-Giovanardi sulle dro­ghe è una legge invece che parte da un punto di vista etico e lo tra­sforma in cri­te­rio di rego­la­men­ta­zione dei com­por­ta­menti indi­vi­duali. È una legge che nega la libertà, che impone un unico stile di vita, che esprime giu­dizi morali anche su chi usa la pro­pria libertà senza inter­fe­rire su quella altrui.

La seconda ragione è di natura giuridico-costituzionale ed è stret­ta­mente cor­re­lata alla prima. Il nostro sistema penale è un sistema fon­dato sul prin­ci­pio dell’offensività. Un delitto per essere con­si­de­rato tale deve offen­dere un bene o un inte­resse giu­ri­di­ca­mente rile­vante, dove la rile­vanza è data dal fatto di essere un bene o un inte­resse pro­tetto dalle norme costi­tu­zio­nali. I delitti senza vit­time non hanno dun­que legit­ti­mità giu­ri­dica. Nel caso di buona parte delle norme penali in mate­ria di dro­ghe si fa fatica a indi­vi­duare quale sia la vit­tima del com­por­ta­mento tenuto. La vit­tima in que­sto caso è solo colui che fa uso di droghe.

La terza ragione è di poli­tica cri­mi­nale. La lotta alla droga fatta con eser­citi, poli­zie, car­ceri e stig­ma­tiz­za­zioni sociali non ha fun­zio­nato. Se vogliamo affi­darci a un cri­te­rio uti­li­ta­ri­sta si può dire che il con­sumo su scala glo­bale non è dimi­nuito e i morti non sono calati. Inol­tre le orga­niz­za­zioni cri­mi­nali hanno costruito imperi eco­no­mici intorno al narco-traffico. La via non proi­bi­zio­ni­sta non è stata invece ancora spe­ri­men­tata. Alla mani­fe­sta­zione che parte oggi da Bocca della Verità a Roma ha ade­rito anche l’imprenditrice e testi­mone di giu­sti­zia Vale­ria Grasso, impe­gnata in prima linea con­tro le cosche. Non è il primo caso che il fronte anti-mafia rompe il fronte proi­bi­zio­ni­sta. Lo ha fatto di recente anche lo scrit­tore Roberto Saviano.

Non abbiamo la cer­tezza che il nar­co­traf­fico si ridur­rebbe, non sap­piamo cosa acca­drà in Uru­guay o in Colo­rado dove la can­na­bis a uso anche non tera­peu­tico è stata lega­liz­zata, ma cono­sciamo i danni della cul­tura proi­bi­zio­ni­sta. L’Italia di solito arriva ben dopo gli Usa in tante cose nella sua sto­ria. Men­tre noi abbiamo i cul­tori della war on drugs al governo pub­blico delle tos­si­co­di­pen­denze, gli Stati Uniti hanno scelto un’altra via. Barack Obama afferma senza che il Paese gli si rivolga con­tro che «la can­na­bis non è più peri­co­losa dell’alcool». Il Pre­si­dente del Con­si­glio Enrico Letta invece si costi­tui­sce con una pro­pria memo­ria a difesa della legge Fini-Giovanardi che è sotto giu­di­zio davanti alla Corte Costi­tu­zio­nale. Il giorno della sen­tenza sarà il pros­simo 11 febbraio.

Que­sto è l’altro tema di grande attua­lità. La legge Fini-Giovanardi è stata varata con l’inganno nei con­fronti del Capo dello Stato. E’ stata inse­rita con un emen­da­mento gover­na­tivo in un decreto-legge che si occu­pava della sicu­rezza alle Olim­piadi di Torino. Così è stato usato ille­git­ti­ma­mente un tram legislativo.

Ora si tratta di cam­biare stra­te­gia, di por­tare il tema delle dro­ghe den­tro la cam­pa­gna per le pros­sime ele­zioni euro­pee, di son­dare le forze poli­ti­che per costruire un fronte anti-etico. Nel men­tre si apre una discus­sione sulla lega­liz­za­zione è neces­sa­rio però pro­ce­dere rapi­da­mente verso poli­ti­che di depe­na­liz­za­zione totale del con­sumo, di decri­mi­na­liz­za­zione della vita quo­ti­diana di con­su­ma­tori e tos­si­co­di­pen­denti. È neces­sa­rio rilan­ciare le poli­ti­che nazio­nali, regio­nali e locali di ridu­zione del danno. È altret­tanto neces­sa­rio cam­biare il capo del Dipar­ti­mento anti-droghe. Il dibat­tito par­la­men­tare dei giorni scorsi pur­troppo non fa ben spe­rare. La gran caciara fatta dai cul­tori della tol­le­ranza zero con­tro il timi­dis­simo decreto del Governo non fa pre­sa­gire nulla di buono.

*Anti­gone

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