? Immigrati nel Cie di Ponte Galeria

Immigrati. Chiedono di poter essere rilasciati con un foglio di via come i loro compagni usciti dal Cie di Caltanissetta
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Ponte Galeria, si estende la protesta

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Immigrati. Chiedono di poter essere rilasciati con un foglio di via come i loro compagni usciti dal Cie di Caltanissetta

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Immigrati. Chiedono di poter essere rilasciati con un foglio di via come i loro compagni usciti dal Cie di Caltanissetta

Di nuovo boc­che cucite nel Cie romano di Ponte Gale­ria. Da sabato tre­dici migranti dete­nuti hanno messo in atto l’estrema forma di pro­te­sta, come già era acca­duto lo scorso dicem­bre. Altri dieci sono in scio­pero della fame. La deci­sione di cucirsi le lab­bra, presa da tre­dici migranti di nazio­na­lità maroc­china è arri­vata dopo alla noti­zia che un gruppo di loro con­na­zio­nali, con cui ave­vano con­di­viso la tra­ver­sata del Medi­ter­ra­neo, era stato rila­sciato dal cen­tro di Cal­ta­nis­setta con l’avviso di allon­ta­narsi dall’Italia entro sette giorni.

Alcune voci rie­scono ad uscire gra­zie ai tele­foni cel­lu­lari da quella gab­bia nel nulla che è la strut­tura di Ponte Gale­ria, peri­fe­ria ovest della Capi­tale dire­zione Fiu­mi­cino. «Non è arri­vata nes­suna rispo­sta nono­stante le visite, le let­tere e gli arti­coli di gior­nali — spiega al tele­fono Ias­sad — così abbiamo rico­min­ciato la nostra pro­te­sta. Qui siamo rin­chiusi come ani­mali, siamo cit­ta­dini di serie c, non sap­piamo nulla di quello che ci acca­drà ne quanto dob­biamo rima­nere rin­chiusi qui». Ias­sad è di ori­gine tuni­sina, ha quarant’anni, ven­ti­due dei quali tra­scorsi in Ita­lia: «A volte mi viene da ridere per la situa­zione in cui mi trovo, mi sem­bra uno scherzo. Siamo deter­mi­nati ad andare fino in fondo con la nostra pro­te­sta». Non è la prima volta che avven­gono epi­sodi di pro­te­sta nella strut­tura. In pas­sato sono stati appic­cati incendi all’interno, ci sono state fughe, scon­tri con le forze dell’ordine, epi­sodi estremi di auto­le­sio­ni­smo per uscire dal Cie come l’ingestione di lamette.

Il sena­tore demo­cra­tico Luigi Man­coni, da sem­pre in prima fila sui temi del garan­ti­smo e dei diritti, si è recato tem­pe­sti­va­mente in visita a Ponte Gale­ria: «I Cie non ser­vono allo scopo per cui sono nati — ha dichia­rato Man­coni all’uscita dal cen­tro — iden­ti­fi­cano ed espel­lono una pic­cola parte di coloro che trat­ten­gono, sono costosi e inef­fi­caci e mor­ti­fi­cano gra­ve­mente la dignità delle per­sone. Se lo vuole, il Par­la­mento in poche ore, e con una sola norma, può ridurre dra­sti­ca­mente quel tempo di per­ma­nenza così inu­tile e ini­quo». L’idea di «rifor­mare» i Cie e di modi­fi­care dra­sti­ca­mente la legge Bossi-Fini era stata espressa dallo stesso pre­mier Enrico Letta poche set­ti­mane fa. Per ora l’unica azione intra­presa dal par­la­mento è stata però l’abrogazione “par­ziale” del reato di clan­de­sti­nità: se non è più san­zio­nata penal­mente la con­di­zione stessa di migrante irre­go­lare, viene comun­que punito il non allon­ta­na­mento dal ter­ri­to­rio ita­liano in caso di ingiun­zione e il rein­gresso dopo l’espulsione.

Il dos­sier Ponte Gale­ria potrebbe arri­vare pre­sto sulla scri­va­nia di Nicola Zin­ga­retti gra­zie ad una mozione pre­sen­tata dalla con­si­gliera Marta Bona­foni, eletta pro­prio nel listino del gover­na­tore. La Bona­foni ha chie­sto che la sua mozione, vista la situa­zione esplo­siva, venga calen­da­riz­zata al più pre­sto e con urgenza. La mozione impe­gne­rebbe la Regione Lazio e Zin­ga­retti ha chie­dere al governo e al mini­stero degli interni la chiu­sura del cen­tro, vista «l’irriformabilità» dell’istituto, e nel frat­tempo a dar vita ad moni­to­rag­gio quo­ti­diano di quello che accade all’interno, con l’ausilio anche di sog­getti terzi, per garant«ire i diritti dei cit­ta­dini dete­nuti e la tra­spa­renza di quello che accade in strut­ture troppo spesso inva­li­ca­bili o opa­che. Non solo Ponte Gale­ria però: da più parti, dalle mozioni nei con­si­gli comu­nali alle inter­ro­ga­zioni par­la­men­tari, sono molte le voci che chie­dono che i Cie di Milano, Bolo­gna e Gra­di­sca, al momento chiusi, non ria­prano mai più. Men­tre a Torino, a seguito dell’ennesima rivolta nel Cie di corso Bru­nel­le­schi che ha reso ina­gi­bile una parte del cen­tro, un’analoga richie­sta è stata avan­zata da una nutrita truppa di con­si­glieri comu­nali di Pd e Sel.

La mobi­li­ta­zione con­tro i Cie e la legge Bossi-Fini pro­se­gue anche fuori dalle mura dei Cie. Dal 31 gen­naio al 2 feb­braio asso­cia­zioni e movi­menti si ritro­ve­ranno a Lam­pe­dusa per sti­lare una «carta» comune d’intenti, men­tre per il pros­simo 15 feb­braio è stata annun­ciata una mani­fe­sta­zione che arri­verà fino a Ponte Gale­ria. «Chie­diamo l’immediata chiu­sura di que­sti lager — recita<CW-5> la let­tera di lan­cio della mobi­li­ta­zione — dove migliaia di per­sone ven­gono dete­nute senza aver com­messo alcun reato, dove i diritti fon­da­men­tali ven­gono cal­pe­stati quo­ti­dia­na­mente. I Cie costi­tui­scono uno degli ingra­naggi del sistema di governo dei flussi migra­tori, che rende la popo­la­zione migrante ille­gale e ricat­ta­bile». E’ pro­ba­bile che altre città ita­liane nei pros­simi giorni si uni­ranno alla mobi­li­ta­zione romana indetta dalle reti anti­raz­zi­ste e i movi­menti per il diritto all’abitare.

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