Nel Centro si feriscono per protesta con ago e filo. Marino: si parli di Bossi-Fini
Nel Centro si feriscono per protesta con ago e filo. Marino: si parli di Bossi-Fini
ROMA — Ago e filo improvvisati ed è partita la protesta-choc. In quattro si sono cuciti la bocca al Centro di accoglienza immigrati di Ponte Galeria, a Roma. Proprio nel giorno in cui il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, rispondeva in aula sul caso della disinfezione anti-scabbia all’aperto nel Cie di Lampedusa. Una protesta che ha subito avuto altri seguaci. In serata erano già otto le bocche cucite.
Mentre parlava la politica. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, in un tweet scriveva così: «La loro protesta ci impone con forza di riaprire il dibattito nazionale su questi luoghi disumani e su una legge, la Bossi-Fini, che equipara a criminali chi fugge da guerre, violenze e povertà. Non possiamo, e non vogliamo abituarci alle tragedie. Dobbiamo, al contrario, impegnarci tutti contro l’indifferenza».
Nel frattempo però gli immigrati, tutti magrebini, chiedono che finisca la loro reclusione nel centro a sud di Roma. Dei quattro nordafricani, che hanno iniziato la protesta, due hanno circa vent’anni e sono ospiti del centro da poco, gli altri due hanno oltre trent’anni. Uno di loro avrebbe dovuto lasciare la struttura lunedì prossimo per essere rimpatriato nel suo Paese.
Alla testa della disobbedienza civile ci sarebbe un giovane tunisino, ha riferito Filiberto Zaratti, deputato di Sel che ieri ha visitato la struttura. Ai primi quattro tunisini si sarebbero aggiunti altri quattro marocchini. Secondo Zaratti «tutti e otto riportano ferite molto superficiali e sono già stati medicati. Ma c’è un forte clima di tensione all’interno della struttura. Malgrado il centro non sia attualmente in condizioni di sovraffollamento. Avendo una capacità complessiva di circa 300 posti.
«La nostra richiesta resta quella di chiudere i Cie», spiega, ricordando che due giorni fa il deputato di Sel ha presentato una mozione, bocciata, proprio avanzando questa richiesta. «Sono dei veri e propri centri di detenzione — sottolinea — per persone che non sono accusate di alcun reato. Gli operatori ci dicono che i migranti qui vengono detenuti per un periodo medio di 4 mesi».
Nel Cie di Ponte Galeria, a due passi dall’autostrada che collega la Capitale con Fiumicino, al momento ci sono circa 100 immigrati. L’area più affollata è quella maschile, che ne ospita circa 70. Meno di un anno fa, la struttura di Ponte Galeria era stata teatro della sommossa degli immigrati che salirono sui tetti dando fuoco a materassi e tavolini. Era lo scorso febbraio, e gli extracomunitari stavano protestando contro l’espulsione di un nigeriano. Un episodio che finì con l’arresto di otto africani ed il ferimento di una poliziotta e un finanziere. Una protesta identica a quella andata in scena oggi a Roma venne portata avanti nel 2010 al Cie di Torino, dove cinque immigrati, anche in quel caso tutti africani, si cucirono la bocca con ago e filo contro la detenzione nel centro. Questo tipo di protesta da parte di immigrati è frequente in particolare all’estero: si segnalano casi in Belgio e Grecia, e in Australia.
«Cucirsi la bocca è un atto terribile, spaventoso che indica che queste persone devono essere veramente disperate per le condizioni in cui si trovano a vivere», ha dichiarato ieri Christopher Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati, raccomandando alla politica di ascoltare quel silenzio. E Mario Marazziti, deputato di Per l’Italia aggiunge: «È inaccettabile quello che abbiamo visto prima a Lampedusa e ora a Roma. Un altro Centro di accoglienza, dove il disagio è tale, l’inutilità dei lunghi soggiorni e trattenimenti è così palese che ci sono immigrati che arrivano all’autolesionismo».
Virginia Piccolillo
0 comments