Per milioni di neri Withers era un eroe che ritraeva le loro battaglie Si trovava con il reverendo anche quando venne ucciso a Memphis. Il leader dei diritti civili aveva piena fiducia nel reporter che lo seguiva sempre, voleva che ritraesse le lotte degli afroamericani. E’ stato smascherato, a tre anni dalla sua morte, grazie alle legge che regola l’apertura degli archivi di Stato
Per milioni di neri Withers era un eroe che ritraeva le loro battaglie Si trovava con il reverendo anche quando venne ucciso a Memphis. Il leader dei diritti civili aveva piena fiducia nel reporter che lo seguiva sempre, voleva che ritraesse le lotte degli afroamericani. E’ stato smascherato, a tre anni dalla sua morte, grazie alle legge che regola l’apertura degli archivi di Stato
NEW YORK. Per generazioni di neri era una figura eroica: il “loro” fotografo, quello che aveva immortalato le battaglie per i diritti civili stando sempre dalla parte giusta, al fianco di Martin Luther King. Tre anni dopo la sua morte emerge un´altra verità sulla sua vita: il grande Ernest Withers era una spia al soldo dell´Fbi. Ammesso tra i più intimi nella cerchia dei leader afroamericani, li tradiva per raccontare tutto alla polizia. E pensare che la sua famiglia sta per inaugurare un museo in suo nome, dove intende esporre l´opera imponente di Withers, un gigante del foto-reportage, l´autore di tutti gli scatti storici sulle grandi lotte degli anni Cinquanta e Sessanta contro la segregazione razziale. Ad abbattere Wither dal suo piedistallo ci ha pensato il giornale di Memphis – la città dove fu assassinato King – usando il Freedom of Information Act che sancisce il diritto di accesso agli archivi di Stato. E´ nei dossier dell´Fbi che il giornale locale ha trovato tutta la verità: sotto il codice cifrato M.E. 338-R si nascondeva l´informatore Withers. L´uomo che fu tra i pochi ammessi nella camera 306 del Lorraine Hotel di Memphis, in quel pomeriggio del 4 aprile 1968, quando King si affacciò al balcone e fu centrato dal colpo mortale, era pagato dalla polizia. Il profeta della non-violenza, il pastore che pronunciò il celebre discorso “I have a dream”, aveva una fiducia cieca in Withers. C´era bisogno di uno come lui, che documentasse giorno per giorno la fantastica marcia dei neri americani verso l´emancipazione; ed era importante che fosse nero anche lui, parte del movimento. Meglio ancora se in più era un vero artista dell´immagine, un genio dell´inquadratura, dotato di un formidabile intuito per trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Sul talento di Withers nessuno può eccepire. Ancora oggi si resta ammirati di fronte ai suoi foto-reportage sulla grande marcia dei netturbini neri per le vie di Memphis: lo storico sciopero che nel marzo 1968 divenne un punto di svolta. Fu una delle più importanti vertenze sindacali per ottenere parità di paga, a pari lavoro, tra neri e bianchi. King era già un leader carismatico dall´influenza politica nazionale, quando decise di portare la sua solidarietà a quello sciopero, pochi giorni prima di finire assassinato nella stessa città. I netturbini neri con i cartelli che esibiscono una semplice scritta, “I Am a Man”, io sono un uomo, restano grazie a Withers l´icona di quella lotta vincente. Ma Withers si era conquistato la fiducia e la stima del “Gandhi nero” già molto tempo prima: sue erano le foto di un´altra battaglia ben più antica, agli esordi di King, il boicottaggio degli autobus “segregati” nel 1955 a Montgomery in Alabama. «E´ un tradimento che lascia sgomenti» commenta sul New York Times lo storico Athan Theoharis, di fronte alla rivelazione sulla doppia vita del grande fotografo. «E´ anche una conferma – aggiunge Theoharis – di quanto l´Fbi fosse riuscita a infiltrare il movimento per i diritti civili. La fiducia dei leader verso Withers era totale». Lo stesso Withers che per due anni interi, dal 1968 al 1970, andava regolarmente a rapporto da due agenti dell´Fbi, Howell Lowe e William Lawrence, a cui raccontava tutto: dettagli della vita personale di Martin Luther King e altri capi del movimento, più i loro progetti, i preparativi per le battaglie a venire.
La clamorosa scoperta sul fotografo-spione la dice lunga sull´ossessione di un altro grande personaggio dell´epoca, forse il nemico più temibile di King: il potentissimo capo dell´Fbi Edgar Hoover. Per Hoover spiare il leader nero era un chiodo fisso. Reazionario, cinico, capace di calpestare la legge pur di raggiungere i propri fini, il capo di tutti gli sbirri era convinto che le battaglie per i diritti civili andavano fermate con ogni mezzo. Di King lo preoccupava anche il ruolo di contestatore contro la guerra del Vietnam, in una fase in cui il conflitto andava storto, e una percentuale elevata dei soldati erano neri. Hoover fece di tutto per distruggere King: raccolse prove della sua infedeltà coniugale, tentò di ricattarlo, gli scrisse perfino una lettera anonima per spingerlo al suicidio. La persecuzione fu così sistematica, che diverse “teorie del complotto” hanno ricondotto al capo dell´Fbi lo stesso assassinio di Memphis. Ora la scoperta che l´amico-fotografo era al suo soldo, non può che rilanciare i sospetti più terribili. In quanto a Withers, alcuni dei suoi vecchi amici riescono a reagire con indulgenza. Andrew Young, il leader nero che fu sindaco di Atlanta e ambasciatore all´Onu, ha commentato con rassegnazione: «Perché stupirsi? Eravamo circondati, intercettati, ogni nostro gesto era sotto vigilanza, e lo sapevamo».
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