«Vili, professionisti della provocazione, irresponsabili, violenti» e giù insulti. Contro il manifesto e i suoi giornalisti. E non vengono da qualche fanzine della destra ma dai primi collaboratori di Pierluigi Bersani ed Enrico Letta, segretario e vicesegretario del Partito democratico. Non misurano certo le parole Filippo Penati (capo della segreteria politica del Pd) e Francesco Russo (direttore del think tank lettiano) criticando la posizione di questo giornale sul famigerato fumogeno lanciato a Bonanni. Capita però che chi abbonda tanto in aggettivi manchi di sostanza. E, infatti, alla fine della giornata, il cerchio si chiude.
«Vili, professionisti della provocazione, irresponsabili, violenti» e giù insulti. Contro il manifesto e i suoi giornalisti. E non vengono da qualche fanzine della destra ma dai primi collaboratori di Pierluigi Bersani ed Enrico Letta, segretario e vicesegretario del Partito democratico. Non misurano certo le parole Filippo Penati (capo della segreteria politica del Pd) e Francesco Russo (direttore del think tank lettiano) criticando la posizione di questo giornale sul famigerato fumogeno lanciato a Bonanni. Capita però che chi abbonda tanto in aggettivi manchi di sostanza. E, infatti, alla fine della giornata, il cerchio si chiude.
Cominciamo dall’inizio. Dalla lettura dei giornali in poi il cannoneggiamento contro l’alleanza democratica di Bersani da parte di parlamentari ex popolari e veltroniani cresce fino a diventare una pregiudiziale anticomunista contro Prc e Pdci degna degli anni ’50. Poi un diluvio di critiche ad hominem contro Francesco Piccioni, giornalista del manifesto ed ex brigatista (a proposito di garantismo, pena espiata) citato sul Corriere della sera con tanto di antico «nome di battaglia» e fedina penale. «Reo» (evidentemente a via Solferino è questa la colpa più ignobile) di aver scritto un libro insieme al segretario del Prc Paolo Ferrero e di esserne amico-collaboratore senza incarichi. Finalmente in serata, come ci si aspettava, arriva anche l’attacco al manifesto tutto intero per le posizioni su Bonanni. Non dal Pdl ma per interposta persona dai due leader del Pd.
L’equazione è fin troppo chiara: comunisti=brigatisti=violenza. Ma anche un filino falsa e brutale. Perché poi si svela l’ipocrisia: «Questa – conclude Russo – è anche l’ora della verità per il Pd e il Nuovo Ulivo rilanciato da Pierluigi Bersani. Sono sul tavolo alcune grandi scelte di campo che ne definiranno la reale identità, dopo la fase della ‘convivenza’ delle culture di Margherita e Ds. Mai più in mezzo». Tradotto: nessun nemico al centro, tutti nemici a sinistra.
Magari è con tutta questa «raffinata dialettica» che Penati e Letta hanno vinto a Milano. Ma a prenderla più seriamente è semplicemente triste che il partito democratico usi simili pretesti per definire la sua rotta e la sua identità politica. Sarà perché è così giovane da non avere ancora nemmeno un album di famiglia. E certo non è consentito a Penati e Russo ciò che non veniva nemmeno in mente – in tempi assai più gravi di questi – a Berlinguer o Andreotti.
Sui fumogeni, sul divieto di sciopero nelle fabbriche, sul «bavaglio» ingiusto del contratto di Pomigliano o quello tentato sulla stampa, sull’insensatezza politica di una «legalità» senza aggettivi diciamo da 39 anni tutto quello che c’è da dire. Basta leggerlo. E’ senza insulti né ambiguità. Si tranquillizzino i deputati del Pd. Se è possibile che lavori qui da tanti anni una persona colpevole di reati così gravi è perché al manifesto – come in pochi altri posti – è sempre stato chiaro e inequivoco il confine tra lotta politica e lotta armata. Il confine tra politica e informazione politica invece è per sua natura difficile da tracciare. Due campi così permeabili l’un l’altro rischiano ogni giorno di entrare in corto circuito. Si potrebbe discutere a lungo invece sul nesso tra il «bavaglio» berlusconiano e certe intemerate democratiche.
Abbiamo sempre pensato che nella lunga transizione italiana post-Pci e post-tangentopoli all’anomalia «Berlusconi» si accompagnasse quella della scomparsa fino al declino del suo antagonista, la sinistra. Il vero anello mancante, nelle polemiche di queste ore, è la politica: no a Grillo, no a Di Pietro, no al Prc, no al Pdci, no alla Fiom, etc. E’ una litania stanca di oligarchie in preda all’isteria pre-voto. Passare dall’autosufficienza all’autosupponenza è troppo. E’ tempo di qualche sì. Siamo d’accordo con Letta (Enrico). Sì, questo Pd non va.
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